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La “Marcia su Roma” delle cricche, di Apicella e delle escort
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di Ottavio Olita

La “Marcia su Roma” delle cricche, di Apicella e delle escort

Ma davvero c’è in giro qualcuno che deciderà di prendere sul serio le minacce berlusconiane solo se e quando dovesse esserci una “Marcia su Roma” non con i manganellatori, i picchiatori  e le Squadre d’Azione in testa, ma con le cricche, le escort, le veline, i portavoce di neofita fede, i coordinatori, i telegiornalisti più fedeli, Apicella, gli estensori di ‘Lodi’ e leggi ad personam, gli strenui difensori degli interessi del padrone – senza alcun conflitto -, ministri e avvocati e, ovviamente, l’irrinunciabile tocco ‘padan’ con tante bandiere, foulards, cravatte e cravattini verdi ad aprire il corteo di una formazione politica che infanga, con scelte e atti, uno dei valori più alti della vita dell’uomo e del cui nome si è appropriata insieme con quell’altro storico concetto di ‘popolo’? Nel frattempo che facciamo? continuiamo a ridere di questa immensa Corte dei Miracoli, o facciamo finta di niente?

 In pieno Ferragosto, Silvio Primo d’Arcore ha raffinato una tecnica sperimentata da tempo e che, probabilmente sulla base dell’esito dei sondaggi, si è dimostrata vantaggiosa. Formalmente non caccia nessuno: chi rischia di danneggiarlo viene cacciato da altri o costretto a dimettersi. Direttamente non massacra nessuno: c’è chi lo fa per lui. Non si contrappone mai frontalmente al Presidente della Repubblica, suo vero, unico, insormontabile contraltare anche nel seguito popolare: distribuisce volta per volta l’incarico di rispondere al massimo tutore della Costituzione. Un saggio proverbio meridionale definisce questa pratica “Lancia ‘a pietra e ‘sconna ‘a mano”. A volte lascia all’addetto all’incombenza anche la libertà di scegliere le dimensioni del masso da scagliare.

 In pieno Ferragosto, Silvio Primo d’Arcore, raggiunto il suo Buen Retiro sardo, ha pensato bene di utilizzare una di queste sue protesi per accusare Giorgio Napolitano addirittura di “tradire” la Costituzione: una cosetta da impeachment. Questa versione dei fatti è stata ospitata, ovviamente, da uno giornali di famiglia – come con il maiale: non si butta nulla – e senza possibilità di repliche immediate: il 15 di agosto, con le redazioni quasi tutte a casa per uno dei giorni di riposo garantiti dal Contratto nazionale di Lavoro.

 Ora, più che addentrarci in questa contesa che sarebbe ridicola, se non fosse che in gioco c’è la stessa struttura democratica e liberale del nostro Stato, proviamo a interrogarci, per una volta, sulla presentabilità, la credibilità, la dignità e la competenza dei due soggetti a confronto: Silvio Berlusconi e Giorgio Napolitano. E poniamoci, successivamente, un’altra domanda: quale Italia pensano di impegnarsi a costruire?

Il primo: una holding societaria guidata da lui, a vita, e forse successivamente dai suoi discendenti, come un amministratore delegato scelto per plebiscito dopo una massiccia e interminabile campagna elettorale nella quale solo lui compare a reti unificate dalla mattina alla sera, senza alcun diritto di replica per gli altri contendenti, con un’informazione radiotelevisiva completamente sotto il suo controllo. Spot su spot, senza tregua, con sorrisi, canzoncine e folle festanti annessi. E via sindacati, Parlamento, Corte Costituzionale, pericolosi strumenti di controllo.
Il secondo: un Paese moderno che deve prevedere un futuro non precario per le giovani generazioni, con Istituzioni all’altezza di un compito gravoso, soprattutto in momenti di grave crisi economica internazionale, con forze politiche e soggetti politici che abbiano come unico vero punto di riferimento la Costituzione e che per primo interviene per una corretta applicazione di quella Carta su cui si regge uno Stato che garantisce i cittadini contro gli abusi o lo strapotere di privati, sempre più tentati di tornare a fare i padroni in modo incontrollato.

Noi, cittadini, di destra, di centro e di sinistra, quale di queste Italie scegliamo? E davvero dobbiamo aspettare soltanto ed esclusivamente i continui appuntamenti elettorali per dichiararlo? Come si fa a continuare a dire e a credere che sia una partita regolare quella che da 16 anni si gioca in Italia? E come si fa a non rendersi conto che giorno dopo giorno, frattura dopo frattura, scontro dopo scontro, Silvio Primo d’Arcore cercherà di costruire una ‘Marcia su Roma’ sotto forma plebiscitaria? Forse l’attacco a Napolitano denuncia una forte tentazione di oltrepassare il Rubicone. Per una volta diamo tutti insieme una risposta unitaria, comune, convinta. E  una volta deposto il sovrano ci impegneremo a ritornare a quella sana e corretta dialettica politica che è il vero alimento di qualunque democrazia liberale. La nostra democrazia liberale – bisogna sempre ricordarlo -  è stata costruita sulle riflessioni di straordinari giuristi che miravano all’interesse di crescita e sviluppo degli italiani; quali sono gli interessi tutelati dalla maggior parte delle leggi e dei ‘lodi’ approvati fino ad oggi dal Parlamento di questa legislatura?


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