di Valter Vecellio
Cominciamo dai dati. L’Organizzazione Mondiale della Sanità valuta che siano almeno 125 milioni i lavoratori nel mondo esposti all’amianto; che ogni anno siano circa centomila i morti, ma gli esperti avvertono che si tratta di cifre sottostimate. Nei soli paesi industrializzati dell’Europa, dell’America del Nord e del Giappone, si registrano ogni anno circa ventimila mori per cancro al polmone, e diecimila casi di mesotelioma dovuti all’amianto; nessuno conta gli indiani, i pakistani, i vietnamiti, gli africani, gli abitanti di quelle che un tempo erano le repubbliche dell’Unione Sovietica, i sud-americani che ogni giorno lavorano sotto pagati, tubi e pannelli di eternit. E in Italia? L’Ispel, l’istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza sul Lavoro, ha calcolato che dal dopoguerra fino alla messa al bando dell’Eternit nel 1992, sono state usate oltre venti milioni di tonnellate di amianto e prodotte 3,75 milioni di tonnellate di amianto grezzo. L’epidemiologo Valerio Gennaro spiega che si morirà per amianto almeno fino al 2040, il picco arriverà tra qualche anno, il 54 per cento dei tumori professionali è provocato dall’amianto. Si sapeva già tutto negli anni Ottanta. Mentre leggete, provate a pensare che ci sono circa 32 milioni di tonnellate di fibra di amianto sparse ovunque: una tettoia, un rivestimento in una scuola, intercapedini del vostro appartamento, negli ospedali e nelle caserme, negli edifici pubblici…pannelli che si potrebbero deteriorare e sfilacciarsi, e quelle microfibre le possiamo respirare: a Milano come a Roma, a Napoli come a La Spezia, a Monfalcone come a Bologna…
La regione Emilia Romagna da tempo ha predisposto un sito (www.regione.emilia-romagna.it/amianto/) con tutte le informazioni per cittadini e addetti ai lavori e le indicazioni per liberarsi dell’amianto senza correre rischi e inquinare l’ambiente. E le altre?
Quello che sconcerta è inerzia, l’indifferenza del governo nel suo complesso, dei ministri che dovrebbero essere già da tempo intervenuti; sfoglio i resoconti sommari delle sedute parlamentari: dall’inizio dei questa legislatura i parlamentari radicali hanno presentato decine di interrogazioni sui lavoratori delle Ferrovie della Spezia, esposti all’amianto, alcuni dei quali deceduti per il tumore contratto; alla non meno sconcertante vicenda di Offanengo e Romanengo, vicino Cremona, a proposito di alcuni lavoratori della fabbrica ex NAR, e le loro famiglie, esposti all’amianto, alcuni dei quali deceduti per il tumore contratto; e poi il caso della Cementifera Italiana Fibronit, di Broni, vicino Pavia; i vagoni e locomotori arrugginiti e sventrati, sui cui spicca la “A” di amianto, abbandonati nel grande scalo “smistamento” tra Milano e il comune di Pioltello, vetture diventate rifugio e dormitorio per senza-tetto; i lavoratori esposti all’amianto nel cantiere navale di Monfalcone; la presenza di ondulati in fibrocemento, lastre deteriorate e altri rifiuti tossico-nocivi all’interno dello stabilimento della Barilla di San Nicola di Melfi, nel quale parecchie decine di lavoratori si sarebbero ammalati di asbestosi e alcuni di loro sono deceduti a causa del tumore alla pleura provocato dall’amianto. Nessuna di queste interrogazioni ha avuto risposta.
Il dottor Alessandro Marinaccio, responsabile del Registro Nazionale dei mesoteliomi presso l’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro, dice che “stanno venendo a galla migliaia di storie che riguardano le più disparate categorie professionali. Sono situazioni ancor più drammatiche perché chi si ammala non aveva nessun tipo di consapevolezza, credevano di aver lavorato o vissuto in un ambiente "sano"".
Francois Islen, già architetto dei Politecnico di Losanna in Svizzera, attualmente è consulente del Caova, un comitato svizzero di aiuto e assistenza alle vittime dell’amianto. Dice che sin dal 1962 - quasi cinquant’anni fa! - era noto che l’amianto causava il cancro, che bisognava abbandonarlo. Ma la Eternit lo ha utilizzato per altri ventotto anni! Al processo di Torino ha deposto un ex dirigente, Silvano Benitti. Nel 1975 lo mandano a svolgere ispezioni, poi si trova sbattuto a dirigere uno stabilimento in Basilicata. Come mai? E’ il premio per aver redatto un rapporto con critiche, osservazioni e considerazioni sugli impianti e il comportamento dei colleghi: “Tra le sedi tedesche dell’Eternit e quella di Casale Monferrato, c’era una differenza eclatante. Una differenza fatta di puzza e di polvere, la sporcizia nella sede di Casale Monferrato arrivava ovunque”; soprattutto non si faceva nulla per evitare il rischio di contaminazione di asbestosi e tumori provocati dall’amianto.
Giovanni Turino, un giornalista di Casale, ha scritto un libro: “Eravamo tutti ricchi di sogni”. Racconta del problema dell’amianto nella sua città, ricorda che già nel 1964 un dirigente comunista, Davide Lajolo, aveva denunciato su “L’Unità” i pericoli dell’amianto parlando esplicitamente del mesotelioma. “Pensavo”, dice Turino, “che succedesse il finimondo, che sarebbero scoppiate polemiche e si sarebbero adottate misure di tutela della salute; invece nulla”.
Storie (ignorate) di stragi. Stragi di diritto, di legge, di giustizia; e, come si vede, di corpi, persone, popolo.