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Arun, Jimi, Rachid e Sajad dopo 16 giorni sono finalmente scesi dalla gru
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di Elisabetta Reguitti

Arun, Jimi, Rachid e Sajad dopo 16 giorni sono finalmente scesi dalla gru

Sotto una pioggia battente alle 20.45 di ieri sera si è conclusa la vicenda  degli immigrati asserragliati da sedici giorni nella cabina della gru di un cantiere della futura metropolitana di Brescia.  Dopo una lunga giornata di trattative hanno deciso di interrompere la loro protesta  in equilibrio a 35 metri da terra. Loro “incastrati” dalla circolare Manganelli:  la norma che prevede l’ arresto dell’immigrato che non abbia ottemperato all’ordine di allontanamento del questore ha natura speciale e che impedisce di ottenere il permesso di soggiorno. Arun, Jimi, Rachid e Sajad, i quattro migranti, alla fine hanno accettato l’accordo per cui gli è stato garantito che non verranno espulsi e neppure verranno rinchiusi in un Cie. Sulla complicata vicenda dei permessi ieri, tra l’altro, si erano espressi anche diversi docenti universitari di Brescia. Costituzionalisti che ritengono la circolare -  “atto amministrativo”  -  è tale da “far sorgere dubbi di legittimità costituzionale per violazione dell’articolo 3 della Costituzione”, che prevede “pari dignità sociale” per tutti i cittadini che “sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.

A questo va anche aggiunto come, sempre  “le condanne per inottemperanza all’ordine del questore non siano ostative alla regolarizzazione”. Insomma la vicenda dei quattro uomini saliti, il 30 ottobre, sul braccio meccanico ha il merito di aver aperto una seria discussione sul merito e l’effettiva utilità della circolare.

Pioveva a Brescia mentre dalla cabina hanno iniziato a far scendere sacchi pieni di coperte e abiti. Funi con cui hanno calato gli oggetti che li hanno accompagnati nelle lunghe notti fredde e nelle difficili giornate in cui forse, anche da quel luogo sospeso, i quattro uomini hanno discusso sulla loro scelta.

Alla fine sono scesi. A terra   persone ad attendere la discesa che ieri sembrava inaspettata soprattutto dopo le parole di chiusura delle istituzioni. Loro chiedevano una moratoria per tutti quanti fossero nelle loro stesse condizioni. "Siamo pronti a scendere anche stasera se verra' sospeso il rigetto della domanda per tutti i 1.700 nella nostra condizione". Ma dalla prefettura è arrivato il secco no. 

Pioveva molto mentre Arun, Jimi, Rachid e Sajad facevano scendevano dalla scivolosa struttara metallica. Sotto la polizia pronta a portarli in questura. Per tre di loro, tra l’altro, le pratiche sono ancora in corso. In molti in questi giorni li hanno addirittura chiamati eroi. Loro in fondo sono solo degli uomini che fino a quel 30 ottobre hanno lavorato in nero, sfruttati e sottopagati. Alcuni distribuendo volantini altri come operai. Speriamo che li stessi che li hanno definiti eroi incitandoli a resistere facciano in modo di mantenere i patti. Che queste persone non siano stati solo degli strumenti per dimostrare “la forza” antagonista di un gruppo. Speriamo che chi ha usato fiumi di parole contro tutti e a dispetto di tutti ora magari, in silenzio, assicuri a Arun, Jimi, Rachid e Sajad semplicemente una possibilità di vita non da fantasmi senza carta ma da uomini. Perché quei quattro migranti venuti da lontano loro hanno dimostrato di esserlo. A differenza di molti  altri.


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