di redazione
Continua la tragedia dei profughi eritrei tenuti in ostaggio nel deserto del Sinai. Ad occuparsi ampiamente della vicenda è oggi il quotidiano Avvenire che rende noti gli ultimi macabri particolare di questa vicenda: i rapitori ancora ieri hanno dato l’ultimatum, se entro 3 ore non fossero arrivati gli 8.000 dollari di riscatto a testa li avrebbero uccisi tutti. A questa minaccia perentoria se ne aggiunge un’altra ancora più disumana, 4 di loro sarebbero stati portati in un ambulatorio per l’asportazione di un rene, che sarebbe stato rivenduto per pagare il riscatto dovuto. Uno stillicidio agghiacciante che ha spinto numerose organizzazioni umanitarie a lanciare accorati appelli alle istituzioni, appelli che sono stati accolti in qualche modo anche dall’Italia, stando alle dichiarazioni rilasciate sempre ad Avvenire dal sottosegretario agli esteri, Mantica. Le stesse associazioni nella giornata di ieri hanno anche lanciato un appello alla società civile per un’azione di “mail bombing” alle ambasciate egiziane in Italia e a Città del Vaticano e, per conoscenza, all'ambasciata italiana in Egitto. I tempi si restringono sempre di più e il rischio per queste persone lasciate senza cibo e acqua potabile, malmenate, incatenate aumenta di ora in ora, tenendo anche conto della presenza, tra loro, di alcune donne incinte. Dai microfoni di Radio Vativcana, ieri uno dei ragazzi prigionieri ha lanciato un disperato grido d’aiuto: “Siamo incatenati, in condizioni gravissime, da 3 giorni non mangiamo. Salvateci”.
Tornano in ballo le pesanti responsabilità della Libia che non riconosce il diritto d’asilo e imprigiona gli immigrati irregolari, ma anche quelle italiane, se, come sostiene Avvenire, molti di loro sarebbero stati respinti in mare proprio mentre, su un barcone, cercavano di arrivare in Europa.