di Roberto Natale*
Li conosciamo solo da una foto, ma sappiamo di cosa parlano, e sappiamo che parlano anche di noi. Quei giovani manifestanti con la bocca chiusa dal nastro isolante, che a Budapest hanno provato - per ora inutilmente - a fermare la legge sui media votata dal Parlamento ungherese, col loro silenzio fanno sentire il vento che sta soffiando contro le libertà fondamentali anche dentro i paesi dell’Unione Europea. Il bavaglio all’informazione, in questo caso, assume la forma di una Autorità di regolazione, composta da cinque membri nominati dal governo di centrodestra largamente maggioritario in Parlamento. Questo “Consiglio dei media” avrà il potere di infliggere pesanti multe (si può arrivare a 360mila euro) a tv, radio, giornali stampati e siti che non abbiano fornito “copertura bilanciata” degli avvenimenti, che non soddisfino la “domanda minima di informazione”, che non mostrino “rispetto dell’istituzione del matrimonio e della famiglia”: è la discrezionalità più piena dei censori, senza nemmeno la possibilità di difendersi ricorrendo alla magistratura. Viene cancellato il diritto dei giornalisti a mantenere segrete le proprie fonti: quando si presume che sia in questione la “sicurezza nazionale”, gli investigatori potranno avere libero accesso a documenti e strumenti di lavoro dei cronisti. E contemporaneamente la fornitura di notizie a tv e radio verrà centralizzata in una agenzia di stampa controllata dal governo.
Tutto ciò avviene in uno dei 27 Paesi dell’Unione Europea. Peggio: avviene nel Paese che fra pochissimi giorni, all’inizio del 2011, assumerà la Presidenza di turno dell’Unione. Vuol dire che si può stare in Europa, ed anzi rappresentarla al massimo livello, calpestando tranquillamente quei valori e quegli standard di democrazia per i quali l’Europa è vista come punto di riferimento da molti nel mondo.
Fin qui sono state poche le voci europee che si sono unite ai manifestanti dalla bocca incerottata: l’Osce, l’International Press Institute, la Federazione Europea dei Giornalisti. I membri del Parlamento Europeo che fanno parte del “Media Intergroup” hanno scritto al Presidente dell’Assemblea denunciando la pesante minaccia a diritti fondamentali e ricordando che “la fama dell’Ungheria è legata alle battaglie per la libertà combattute nel 1848 e nel 1956”, con un richiamo alla storia che non suona affatto retorico.
Da cittadini e giornalisti italiani respiriamo aria di casa in questa legge-bavaglio: dunque abbiamo il compito di far sentire ai colleghi ungheresi una solidarietà efficace, di far sapere che su questi temi può essere attivata tra i professionisti dell’informazione e le organizzazioni sociali una solidarietà larga e forte come quella che da noi è stata capace, per ora, di fermare il disegno di legge sulle intercettazioni.
Da cittadini e giornalisti europei, dobbiamo avvertire che questo è un passaggio cruciale per la credibilità dell’Ue. Se si può esserne parte e starne al vertice avendone sfregiato i valori fondamentali, l’Unione rinnega se stessa e si rende persino ridicola nel sottoporre gli Stati intenzionati ad entrare a procedure di esame nelle quali non ha titolo per ergersi ad esaminatrice.
Il virus dell’attacco al diritto di informare e di sapere va fermato, prima che sfiguri istituzioni nazionali e sovranazionali.
* Presidente Fnsi