di Nicola d'Angelo
La libera informazione e'la base di una democrazia. Affermazione vera ma che non coglie un altro aspetto che caratterizza il nostro tempo e che negli ultimi mesi e' stato evidente nelle vicende del Magreb. Il valore della liberta' della rete e la sua influenza nella società. Queste le premesse da cui partire per valutare lo stato della nostra democrazia, almeno per quel che riguarda la comunicazione. Non c'è dubbio che l'informazione tradizionale, che tanta parte ha ancora sulla formazione del consenso, e' gravemente compromessa nei suoi valori di indipendenza.
E questo più ancora che da dati obiettivi sullo sbilanciamento a favore di una parte politica, lo percepiamo istintivamente nell'ascolto dei telegiornali e nella visione della maggior parte dei programmi televisivi. Lo spregio della notizia e dell'uso del mezzo fa ormai dell'Italia non più solo un caso peculiare nel mondo ma una vera emergenza tra i paesi occidentali (su questo da giorni si intrattengono i principali giornali europei, compresi quelli di cultura conservatrice).
E tuttavia si aggiunge un altro pericolo. L'idea di poter controllare in qualche modo la rete, di impedirne l'effetto sulla nostra conoscenza e sulla nostra voglia di relazione, talvolta di ribellione. Rispetto agli anni 90 la vera differenza e' proprio questa. Oggi abbiamo la possibilità di avere fonti di informazione alternative, fuori dal circuito di controllo, di usare il web come strumento di mobilitazione anche politica. E' vero che questo riguarda soprattutto i giovani, in cui e' più forte l'idea di un cambiamento, ma e' altrettanto vero che gli stessi social network, usati invece da tutte le generazioni,sono diventati occasioni di discussione e di critica anche verso la politica.
Se così stanno le cose quale dunque l'impegno che dovrebbe contraddistinguere gli organismi di garanzia nel settore. Personalmente credo che piuttosto che censurare singoli programmi o prestarsi all' introduzione di regole sul controllo della rete, seppure per scopi diversi rispetto a quelli di una vera e propria censura, si dovrebbe intervenire utilizzando anche gli inadeguati strumenti che esistono per dare al sistema un principio di riequilibrio. Ad esempio, l'attuale legge sul conflitto di interessi prevede il divieto del sostegno privilegiato da parte dei mezzi di comunicazione. Questa norma deve avere necessariamente una sua concreta applicazione.
I principi di completezza, imparzialità, obiettività dell'informazione sono dalla legge fissati come cardini del sistema radiotelevisivo. Vanno quindi verificati, come dice anche la giurisprudenza, nei confronti di tutte le reti televisive a prescindere dal periodo regolato dalla legge sulla par condicio.
Il servizio pubblico soprattutto nella sua forma più alta, cioè l'informazione dei telegiornali,deve rispondere ad un obbligo di imparzialità e di corretta rappresentazione delle notizie.
Per quel che riguarda la rete, dovrebbero essere contrastate,ancor più nella presente fase storica, ipotesi di regolazione del web che direttamente o indirettamente riducano gli spazi di libertà. Al contrario, dovrebbe essere definita una regolazione che spinga lo sviluppo delle nuove tecnologie e piu' in generale che garantisca, includa, tutti nell'uso di internet.
In definitiva,la crisi della comunicazione nel nostro paese rischia oggi di ridurre non solo lo spazio di democrazia ma di dare un colpo quasi mortale alla cultura della modernita'.