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Esodi e bufale
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di Iacopo Scaramuzzi

Esodi e bufale

Sull’arrivo di migranti dal Nord Africa, tre domande a Sergio Briguglio, studioso ed esperto di immigrazione

Si prospetta un esodo biblico sulle coste italiane?

Nella situazione attuale è improbabile un grande aumento di sbarchi. Con le recenti rivolte, in Tunisia la situazione è migliorata e in Egitto pure. Per gli abitanti non c’è, dunque, una particolare spinta ad emigrare. Quanto alla richiesta d’asilo, non ci sono motivi, salvo per quanto riguarda le persone compromesse con il vecchio regime, e si tratta comunque di piccoli numeri. L’aumento di arrivi registrato, a mio avviso, è dovuto principalmente alla cessazione dei respingimenti nelle ultime settimane. Diverso il discorso della Libia. Non bisogna dimenticare che si tratta di un paese con sei milioni di persone che, grazie alle ingenti risorse petrolifere, non hanno molti problemi economici in condizioni normali. Certo, se ad esempio nella Cirenaica la rivolta venisse sconfitta ci sarebbe un afflusso di profughi. Il problema, piuttosto, si pone per tutti i profughi eritrei, somali e sudanesi che transitano dalla Libia per giungere in Italia. Il picco è stato raggiunto nel 2008 con 37mila sbarchi. Poi, con l’accordo del Governo italiano con Gheddafi, il flusso è crollato drasticamente: nel 2010 sono sbarcate a Lampedusa, Linosa e Lampione 403 persone, un’altra decina di migliaia nel resto delle coste italiane. Nel momento in cui Gheddafi decidesse di non collaborare più con l’Italia, immagino che al massimo si tornerebbe alle cifre del 2008. Forse, anzi, il flusso diminuirebbe, perché la Libia sarebbe un paese più pericoloso per gli stessi emigranti africani.

La riprova di questi numeri sono le cifre fornite da Laura Boldrini dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. Nei primi due mesi dell’anno, da quando, cioè, con lo scoppio delle rivolte in Nord Africa il Governo ha evitato di respingere gli immigrati, sono giunte sulle coste italiane 6.200 persone. Proiettando questi numeri su dodici mesi, si possono ipotizzare 37.200 arrivi nel corso dell’anno. Il discorso, ovviamente, cambierebbe se la situazione nei paesi nordafricani precipitasse. Attualmente, però, il quadro è questo. Non bisogna dimenticare che il numero di sbarchi è cospicuo, in assoluto, ma è piuttosto irrilevante rispetto alla cifra complessiva degli immigrati irregolari in Italia, costituito in grande maggioranza da extracomunitari che giungono con il visto turistico e poi si fermano irregolarmente nel nostro paese. Le stime che si possono dedurre dall’ultima sanatoria e dall’ultimo decreto flussi fanno ritenere che ogni anno arrivino in Italia circa 200mila persone. Trenta o quarantamila persone in più o in meno, peraltro facilmente intercettabili, sono una piccola perturbazione.

Funziona bene il meccanismo complessivo di regolazione dell’immigrazione?

La sanatoria è una misura straordinaria e il decreto flussi rischia di essere una finzione per chiamare dall’estero lavoratori che, in realtà, già risiedono e lavorano irregolarmente in Italia. Andrebbero invece introdotti meccanismi per permettere agli immigrati di venire a trovarsi lavoro sul posto anziché entrare con il visto turistico e poi iniziare a lavorare irregolarmente in attesa, appunto, di una sanatoria o di un decreto flussi. Penso, ad esempio, alla sponsorizzazione o all’autosponsorizzazione dei migranti. Sul fronte degli sbarchi, certamente un paese si deve attrezzare per eventuali emergenze. Ma la questione andrebbe affrontata anche a livello di politica estera. Se c’è un esodo, bisogna capire perché c’è. Se si tratta di un esodo per motivi economici, un paese può decidere di investire nei paesi di origine dell’esodo. Se invece l’esodo è dovuto alla violazione dei diritti umani, ci sono altri strumenti di pressione. Non è con il contrasto all’immigrazione clandestina che si risolve il problema alla radice.

L’Europa fornisce risposte adeguate all’immigrazione dal Nord Africa?

Se ci fosse un esodo di massa, ad esempio con l’arrivo di 300mila persone, la normativa Ue prevede che il Consiglio europeo può dichiarare lo stato di protezione temporanea per tutti coloro che vengono da una certa area, a prescindere dalla definizione del loro statuto giuridico. A quel punto ogni Stato presenta la sua disponibilità di accoglienza e i flussi vengono distribuiti tra i vari paesi Ue. In mancanza di un esodo di massa – e siamo alla situazione attuale – è l’Italia che deve gestire da sola gli immigrati che sbarcano ad esempio a Lampedusa.

Con una distinzione. Se gli immigrati non chiedono alcuna forma di protezione, essendo sbarcati da un valico non autorizzato dovrebbero essere respinti. Di fatto, gli immigrati vengono ospitati in un Cie (Centro di identificazione ed espulsione) e, appena possibile, vengono ricondotti nel paese di provenienza. Ciò accade se nel Cie ci sono posti a sufficienza. Altrimenti, il questore ordina agli immigrati di andarsene entro cinque giorni. Se restano nel paese sono passibili penalmente con condanna una che può arrivare fino a quattro anni di reclusione, ma, ovviamente, cinque giorni sono sufficienti per darsi alla macchia e, magari, andare in un altro paese europeo. La seconda possibilità è che gli immigrati chiedano asilo o protezione internazionale. Se lo chiedono quando è già stata loro notificata l’espulsione o il respingimento, vengono trattenuti nel Cie, viene esaminata la loro domanda e poi viene deciso se accogliere la domanda o rimpatriarli. Anche in questo caso, se il Cie è sovraffollato aumenta la possibilità che si diano alla macchia. Se però gli immigrati chiedono immediatamente asilo – cosa che avviene spesso – sono “ospitati obbligatoriamente” in un Centro di accoglienza per richiedenti asilo (Cara), dove sono liberi di muoversi. Se abbandonano il Cara, il massimo rischio che corrono è che la loro domanda di asilo venga esaminata in loro contumacia. Quel che accade, tipicamente, è che se gli immigrati sono effettivamente meritevoli di protezione, hanno interesse a rimanere nel Cara, se invece hanno presentato domanda d’asilo in modo pretestuoso e non hanno chance di ottenere protezione, hanno tutto l’interesse a darsi alla macchia. I tempi, oltretutto, sono lunghissimi, perché la commissione territoriale per la concessione dell’asilo può impiegare venti giorni o più per esaminare le domande. La possibilità che, nel frattempo, gli immigrati vadano in un altro paese europeo è alta.

A questo proposito, fa riflettere la dichiarazione del ministro dell’Interno Roberto Maroni, che, a proposito dei migranti in arrivo dal Nord Africa, ha dichiarato: “Decideremo se utilizzare il Villaggio della solidarietà di Mineo (Catania), dove potremo alloggiare tutti i richiedenti asilo ora ospitati nei Cara sparsi in tutta Italia. Contemporaneamente potremo mettere nei Cara i clandestini che ora si trovano a Lampedusa”. Forse aveva in mente che gli immigrati che non sono fuggiti dai Cara sono veri rifugiati e possono stare anche a Mineo in attesa che la loro domanda venga accolta; mentre nei Cara in giro per l’Italia – e più vicini alle frontiere con altri paesi europei – si possono mettere i migranti che potrebbero darsi alla macchia e, magari, varcare i confini italiani. Non sarebbe un concetto molto diverso dall’avvertimento di Umberto Bossi quando ha detto che l’Italia manderà in Germania gli immigrati nordafricani che arrivano sulle nostre coste.

Ad ogni modo, in Europa non vi è, salvo l’ipotesi dell’esodo di massa, alcun meccanismo di burden sharing. Manca una politica di coordinamento per la ripartizione dei rifugiati o per la condivisione di risorse per la loro accoglienza. E’ un problema. L’Europa, che ha giustamente protestato con l’Italia per la politica dei respingimenti, non fa nulla per aiutare il nostro paese a gestire il flusso di immigrati che sbarcano sulle nostre coste. Lo stesso, peraltro, è accaduto alla Germania, quando, durante la guerra in Bosnia, accolse 500mila rifugiati…

Sergio Briguglio è titolare del sito www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/
 


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