di Gian Mario Gillio*
Pochi, ma in rappresentanza di molti! Questo si può dire della manifestazione promossa dai Radicali italiani tenutasi ieri davanti alla Camera dei Deputati in occasione della discussione parlamentare del Ddl Calabrò sul testamento biologico. Un coro di voci per gridare il proprio «No allo Stato bioetico». La maratona di interventi è iniziata proprio in apertura della discussione in aula alla Camera riunita per esaminare il Ddl. «Una legge contro il testamento biologico – ha rilevato Marco Cappato, segretario dell’associazione Luca Coscioni – contro la Costituzione e contro la volontà del 76% degli italiani. L’unica possibilità che questa legge ha di passare è se l’opposizione non farà il suo dovere, ossia quello di fare opposizione! E, soprattutto, se non ci saranno confronti pubblici e dibattiti su questo tema. Un tema assente dai grandi spazi di "disinformazione" di Rai e Mediaset». In effetti, in pochi erano a conoscenza dell’iniziativa radicale indetta per il 7 marzo, forse solamente coloro che ascoltano la radio del partito, Radio Radicale. Una signora capitata per caso in piazza, ha chiesto al leader Pannella il perché non si sapesse nulla dell’iniziativa. «Lo abbiamo detto più volte alla radio», ha chiosato con cortesia il leader con l’immancabile sigaretta in mano. E, per tutta risposta la signora: «ma io guardo solamente la tv!». Sarà dura la battaglia per arrivare ad una corretta informazione sul tema, importante e delicato, come quello delle disposizioni di fine vita, se si parte da tali presupposti. Tra gli intereventi all’iniziativa radicale dal titolo «No allo Stato bioetico»: Emma Bonino, tra le prime a prendere la parola e Carlo Troilo che ha voluto ricordare il proprio sciopero della fame «come atto estremo di dignità». Ed ancora il segretario Mario Staderini e la parlamentare Rita Bernardini. Anche il senatore Vincenzo Vita del Pd ha voluto testimoniare in tale occasione. Il dibattito, trasmesso in diretta da Radio Radicale, si è concluso con l’arringa di Marco Pannella. Un’occasione, quella dell'incontro radicale, anche per dare voce alla presa di posizione – diffusa dall’Agenzia di stampa Nev della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei) – della Commissione bioetica della Tavola valdese composta da teologi, giuristi, medici, scienziati e ricercatori e che, proprio con un documento, hanno voluto esprimersi sul Ddl Calabrò sottolineandone il carattere ambiguo e intransigente.
«La Commissione bioetica della Tavola valdese, in conformità con le posizioni espresse dal Sinodo dell’Unione delle Chiese metodiste e valdesi del 2007, negli ultimi anni ha sollecitato più volte l’approvazione di una legge sulle direttive anticipate di fine vita da parte del Parlamento italiano. Con rammarico- prosegue la nota –, dobbiamo tuttavia constatare, come già stato fatto da altri, che la legge Calabrò, che riprende l’iter in seconda lettura alla Camera dei Deputati, è una legge contro il testamento biologico e non una legge sul testamento biologico.
In primo luogo, l’esclusione di idratazione e alimentazione artificiale – equiparate a misure di assistenza ordinaria – dalle questioni oggetto di decisione, è figlia di un’impostazione culturale arretrata e marcatamente ideologica, in contrasto con le indicazioni delle Società Neurologiche e delle Società di Cure Intensive e Palliative internazionali. A ciò si aggiunga l’ambiguità su un punto fondamentale come la decisione in merito alla sospensione delle terapie, sul quale viene richiesto al (futuro) paziente di esprimersi, salvo demandare la decisione ultima al medico, che ha facoltà di scegliere se “seguire o meno” le indicazioni contenute nelle direttive anticipate.
Si aggiunge – si legge infine nella nota –, l’articolo che introduce il divieto di eutanasia anche attraverso “condotte omissive”, articolo che priva il cittadino del diritto all’autodeterminazione in materia sanitaria, senza chiaramente specificare cosa si intenda per eutanasia passiva, cosa configuri accanimento terapeutico, cosa significhi trattamento sanitario “sproporzionato”. Quest’ultima espressione, in particolare, è in sé pericolosamente ambigua, poiché non si chiarisce se la sproporzione di un trattamento venga intesa in senso medico, oppure in relazione al giudizio del singolo sulla dignità e qualità della propria vita. Non esiste un principio assoluto al riguardo, e il giudizio andrebbe lasciato al paziente, che, esercitando la propria libertà di cura, decide se accettare o meno le terapie. Posizioni così intransigenti, come quelle espresse nella legge, non si confrontano con la complessità delle esperienze della vita umana, e tendono ad uniformarla a un principio astratto: esse non rappresentano dunque semplicemente una grave violazione del principio di laicità dello Stato, ma incarnano la paura della libertà individuale, indebitamente e strumentalmente equiparata all’arbitrio soggettivo». E mentre in Italia l'Unione delle Chiese metodiste e valdesi sembrerebbe «sentirsi sola», in Germania un documento comune sulle disposizioni di fine vita è stato da poco aggiornato congiuntamente dalla Chiesa riformata e da quella cattolica. Lo ricordava in un comunicato stampa uscito il mese scorso l’Agenzia Nev. Varato nel 1999 e nel 2003 dalla Chiesa evangelica in Germania e dalla Conferenza episcopale tedesca, è stato da poco presentato un nuovo formulario congiunto per permettere ai tedeschi che lo desiderano di lasciare il proprio “testamento biologico”. Il nuovo testo (adattato al mutato quadro legislativo), rispetto alla vecchia versione resa obsoleta, mette in primo piano la figura del fiduciario e la sua potestà, mentre affina ulteriormente le disposizioni sui trattamenti sanitari. La preoccupazione dei leader cattolici ed evangelici è quella di non lasciare alcuno spazio ad interpretazioni rispetto alla scelta espressa dal paziente, mettendo al centro la sua responsabilità. La nuova versione della “Christliche Patientenvorsorge” è stata presentata al pubblico il 26 gennaio nel Domforum di Colonia, dove sono intervenuti, tra gli altri, l’arcivescovo Robert Zollitsch e il vescovo luterano Jochen Bohl. Anche in Italia, come ricorda il documento della Commissione bioetica, valdesi e metodisti nel Sinodo 2007 si erano mossi in tal senso con un documento che apriva all’istituzione di registri per il testamento biologico: «un segnale concreto che le chiese offrono ai cittadini di ogni orientamento religioso e non: risposta evangelica alla domanda sulla dignità della vita e del fine vita e testimonianza di laicità». Nell’ambito dell’Unione delle chiese metodiste e valdesi è stato da poco aperto a Padova uno sportello per depositare le proprie disposizioni del fine vita, ad oggi è il sesto gestito direttamente da comunità locali, dopo Torino, Milano, Trieste, Napoli e Roma, mentre altre comunità, come quella metodista di Udine, sono impegnate in progetti di raccolta insieme all’Associazione Luca Coscioni e all’Associazione Per Eluana, la prima espressione dei Radicali.
*direttore della rivista Confronti