di Federico Orlando*
Saremo molti, credo, anche alla manifestazione “Per la difesa della Costituzione”. Come fummo tanti nello scorso autunno per la libertà d’informazione. Come in dicembre per la scuola e l’università, minacciate dai tagli classisti, mascherati da lesina per la crisi. Come fummo tantissimi, donne soprattutto, il 12 febbraio, “Per la dignità della donna. Se non ora quando”. Tutti questi nodi, e altri, autonomia e indipendenza della magistratura, altri tagli alla scuola , “scuola pubblica nemica della famiglia” ; e lavoro-precariato-disoccupazione, che vuol dire in concreto libertà o non libertà del singolo (giovane o anziano), della coppia (legale o di fatto), della famiglia: si ritroveranno insieme nella giornata di oggi, dietro un solo slogan, “Per la difesa della Costituzione”; dietro una sola bandiera, il tricolore della patria minacciata nella sua unità, nella dignità, nell’avvenire; con un solo documento nelle mani, il nostro vangelo laico, appunto la Costituzione. Perché scuola e lavoro, università e informazione, giustizia e dignità della donna, sono tutti pilastri della Carta e sostanza della democrazia. E proprio per questo, perché stanno insieme, li stiamo perdendo tutti insieme. In piazza del Popolo parlerà per tutti noi Alessandro Pace, presidente dei costituzionalisti italiani. Vi arriveremo ispirati allo slogan che dà il nome all’associazione di Oscar Luigi Scalfaro, massimo fra i tanti aderenti alla giornata: “Salviamo la Costituzione: aggiornarla non demolirla”.
Ripeteremo di voler aggiornare la Costituzione, e non demolirla, alla vigilia della celebrazione con Giorgio Napolitano, a Torino madre dell’unità e prima capitale d’Italia, dei 150 anni dello Stato italiano: quello creato da Cavour, Vittorio Emanuele, Garibaldi nel Risorgimento e rinnovato da De Gasperi, Togliatti, Einaudi nella Resistenza. Avessimo fatto la stessa cosa novant’anni fa, “Salviamo la costituzione, aggiornarla non demolirla”, ci avrebbe risparmiato un quarto di secolo di fascismo e dittatura, guerre e distruzioni. Non lo facemmo perché qualcuno c’illuse di radiosi destini, come ancor oggi dice alla Tv il direttore dell' house organ: “Mussolini ci ha portato nella modernità”. Segno che, se non ci muovessimo a difesa della Costituzione repubblicana, ripercorreremmo ,con altre forme, la stessa parabola vissuta dalle generazioni della prima metà del Novecento. Che precipitarono da uno Stato liberale incompiuto a una sanguinosa avventura di Stato etico.
Ma dobbiamo dirci una verità, che a molti costa. La nostra Costituzione, nel suo spirito di libertà più ancora che nelle sue architetture, è attaccata da tutte le parti: dalla destra che minaccia la libertà sostanziale dei lavoratori a cui nega lavoro, delle donne di cui calpesta la dignità di genere, dei cittadini a cui nega informazione onesta e ora vuol dare una riforma non della giustizia ma contro la magistratura, dei giovani a cui nega istruzione, dei meritevoli a cui nega studi superiori, cultura, scienza. E’ attaccata inconsapevolmente dalla sinistra, che non riesce a essere unita nemmeno per aggiornare la Costituzione,rafforzare la nazione come la concepirono i patrioti del primo e del secondo risorgimento; e a formulare programmi unitari per un governo di ricostruzione. E’ attaccata dall’immensa “zona grigia” che, oggi come nel Risorgimento e nella Resistenza, sta alla finestra in opportunistica attesa o, peggio, già del tutto estraniata dai sentimenti stessi di nazione e di politica.
Perciò dobbiamo “aggiornarci”: non ripetendo retoricamente che la nostra è “la Costituzione più bella del mondo”, ma che sarebbe la più bella se finalmente ne scoprissimo tutti gli aspetti, cioè i diritti e i doveri: e questi soprattutto, essendo stati fin qui i più trascurati. Non basta dire che “la sovranità appartiene al popolo” se non si aggiunge: “che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Che “l’Italia ripudia la guerra”, senza ricordare che “la difesa della patria è sacro dovere del cittadino”. Che “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali di fronte alla legge” , se si consentono discriminazioni “per sesso, razza, religione, opinioni politiche” (vedi le non pari opportunità delle donne, le emarginazioni dei gay, le imposizione del sondino e dell’asilo delle suore a chi è laico, un’informazione pubblica da Minculpop a chi ha opinioni politiche diverse. Che andare a scuola è diritto di tutti, ma per studiare. Che chi esercita funzioni pubbliche ha diritto al suo “stato giuridico”, ma ha il dovere di “adempierle con disciplina e onore”: si tratti del presidente del consiglio o del commesso di ministero. Insomma, dire le cose a metà significa costruire ed essere cittadini a metà. E' quel che abbiamo fatto finora.
Dobbiamo ricordare più spesso che “è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio”; che non è riconosciuta alcuna pretesa alla scuola facile e alla promozione degli studenti, mentre “è prescritto un esame di Stato per l’ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi”; che l’organizzazione sindacale è libera ma i sindacati hanno l’obbligo (unico obbligo) della “registrazione”, e che lo sciopero è diritto, ma “si esercita nell’ambito delle leggi che lo regolano”; così come proprietà e iniziativa privata sono libere, ma possono essere chiamate anche a compiti sociali; che tutti hanno eguali diritti civili, elettorali, ecc. ma anche che “tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva”. Infine, che “tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi”. Anche Bossi, Maroni e Calderoli. Anche Berlusconi. Anche i preti che s’immischiano, anche quando non gli spetterebbe, di scuola, ospedali, “bioetica”, famiglia, matrimonio, tasse, donazioni, esenzioni, eccetera. Insomma, scendere in piazza è sacrosanto e doveroso, sapendo che si va in piazza per tutta la Costituzione e non solo per quella parte di essa che, senza averla mai letta, pensiamo la esaurisca, perché ci fa comodo così.
Dovremo far emergere per tutti, compresi gli amici, che la nostra Costituzione è fatta di 139 articoli. Una Costituzione cioè diversa da quella di chi, conoscendo soltanto i suoi diritti, deruba gli altri dei propri. E grava di obblighi i concittadini, distruggendo la cittadinanza e la convivenza.
L'apertura della manifestazione sarà dedicata alle vittime del sisma in Giappone.
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* Europa Quotidiano