di Riccardo Cristiano
da Il mondo di Annibale
Ieri all’Università Roma 3 c’è stato un dibattito molto interessante sulla Libia. Docente apprezzato da tutti per la sua preparazione, uomo di sinistra da sempre, il professor Luigi Goglia, una vita passata a insegnare storia e isituzioni dell’Africa, non ha dimenticato quella volta che a Bengasi gli raccontarono che Gheddafi aveva lasciato per giorni i corpi di alcuni docenti appes ai lampioni cittadini. “Neanche Graziani…”, gli avevano sussurrato alcuni. Forse quando abbiamo scritto che Bengasi non doveva diventare la Sarajevo del Terzo Millennio volevamo dire questo: che non volevamo si ripetesse una scena del genere, anche se non sapevamo che era successa davvero.
Il sanguinario tiranno ha potuto contare su tante omertà per arrivare indisturbato sin dove è arrivato: le complicità dei governi interessati al petrolio, l’Italia da sempre, gli altri dal 2004, nessuno è mancato all’appello. Ma ha potuto contare anche sui tanti docenti lautamente remunerati, vedi il caso dei professori di Harvard con i quali si intratteneva periodicamente o quelli londinesi che davano la laurea a suo figlio, come ha ricordato con accuratezza la professoressa Claudia Gazzini, una delle più ferrate studiose italiane di Libia. Anche per questo nell’immaginario collettivo di tanti, per tanti anni, Gheddafi è stato anche un eroe dell’anticolonialismo pur avendo sostenuto personaggi come Idi Amin Dada.
Mentre ascolto gli interventi penso che ci sono tanti altri paesi al mondo dove avrei voluto vedere la Comunità Internazionale isolare i tiranni: Siria, Iran, Bahrain, Yemen, Arabia saudita, Sudan, Zimbabwe, Costa d’Avorio, Birmania, Kazakhstan, Uzbekistan. Soprattutto avremmo voluto vedere politiche inclusive in cambio di aperture democratiche. Così non è stato. Un buon motivo per lasciare Muammar indisturbato?
Nell’avvicinarsi del 17 febbraio ultimo scorso il popolo libico è stato chiamato a manifestare, ha sottolineato sempre Claudia Gazzini, per ricordare l’anniversario della feroce repressione dei moti di piazza contro il ministro Calderoli e la sua maglietta. E’ per questo che la Lega si è dissociata dall’intervento?
Secondo un certo ragionamento,citato con grande capacità nel corso del dibattito, l’intervento non è stato tardivo ma precoce, perchè le democrazie saprebbero trovare il necessario consenso per un intervento soltanto dopo che ha avuto luogo un massacro, non prima. Gli interventi preventivi (non soltanto quelli fasulli, tipo l’intervento in Iraq per le armi di distruzione che non c’erano) comunque “spaventano”, solo la grande emozione causata da un “evento terribile” crea il consenso necessario a un intervento “repressivo condiviso”. E’ questo che muove chi oggi chiede la difesa dei diritti dell’uomo? No? E allora cosa? Che Sarkò possa aver deciso l’attacco per calcoli elettorali?
Claudia Gazzini invece ha concluso sottolineando un altro rischio: sotto la pressione delle precedenti rivolte e del dramma di Bengasi l’Occidente si è spinto a criticare Gheddafi sperando che si fermasse, come gli altri, ma così non è stato: a quel punto è intervenuto per salvare se stesso (la sua faccia) e gli insorti, ma se non avesse un’idea di quale sbocco dare dare alla crisi potrebbe trovarsi a creare dei guai.
P.S. Guerra: punto di vista arabo
L’Occidente onnivoro sta occupando sia il fronte favorevole sia quello contrario alla guerra. Ma come la pensano gli arabi? Come la pensano non i regimi arabi, ma i popoli? Un giornale che esprime quel punto di vista è l’egiziano Shorouk, dove ci è parso interessante e rappresentativo di quanto si pensa in queste ore aldilà del Mediterraneo l’articolo scritto Fahmy Howweidy e intitolato “Il minore dei due mali”.
“I bombardamenti occidentali della Libia sono uno shock e un’agonia per tutti noi. Non volevamo svegliarci una mattina e assistere a tutto questo, ad un nuovo bombardamento di un paese arabo. Ma l’uso della forza da parte di Gheddafi era diventato una forma di aggressione contro lo stesso diritto a vivere. E così seguitiamo a sognare un giorno che ancora non si vede; quello in cui un governo arabo difenderà il suo popolo” Probabilmente non parla solo del regime libico, ma anche di quelli siriano, saudita, yemenita, del Bahrain, marocchino, algerino... e delle autorità palestinesi.
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