Articolo 21 - ESTERI
Bahrain, baratro europeo?
di Riccardo Cristiano*
da Il mondo di Annibale*
Quando si parla di doppia standard occidentale cosa si intende dire? Eccone un esempio. Pochi giorni dopo aver avviato le operazioni militari in Libia per difendere gli insorti dalle atrocità del regime l’Europa, per bocca di Robert Cooper, consigliere politico della signora Ashton, è intervenuta sulla crisi del Bahrain. Purtroppo non si tratta di una ferma condanna della atrocità perpetrate dal re del Bahrain e dal suo governo, una minoranza che da anni vessa la maggioranza in tutti i modi possibili e immaginabili. Ma vediamo i termini esati della questione.
Nel Bahrain la maggioranza è costituita dai musulmani di rito sciita, come in Iran, paese al quale le isole di questo piccolo arcipelago hanno a lungo appartenuto. La minoranza è costituita dai sunniti, che governano in stretto accordo con i sauditi, ospitando la più importante base militare americana nel Golfo Persico.
Da un mese la popolazione sciita è scesa in strada per reclamare i propri diritti. Qualche agitatore iraniano c’era, dicono i più, ma la stragrande maggioranza dei manifestanti non aveva nulla a che fare con gli iraniani. “Chi esce da una dittatura non ne vuole un’altra”, hanno ripetuto in tutte le salse in tanti.
Ma il governo del Bahrain non ha ceduto, anzi ha invitato i soldati sauditi a invadere il proprio paese ed ha represso con ferocia inusitata i manifestanti.
Ora il consigliere politico di lady Ashton dice, con una qualche correttezza, che l’Iran potrebbe ”soffiare sul fuoco”, non sorprenderebbe se cercasse di trarre vantaggio dal momento di difficoltà determinatosi nel vicino Bahrain.
Quello che stupisce è l’aggiunta: “Non credo che molti in Bahrain volessero un regime di tipo iraniano, ma l’ipotesi di un regime sciita è stato il mio più grave mal di testa per tanto tempo”: il suo collega Huges Mingarelli, capo del desk mediorientale nell’ufficio della signora Ashton, ha soggiunto che l’Europa vorrebbe svolgere il ruolo di “facilitatore” nella ripresa del dialogo tra il re e gli insorti . Sull’invasione saudita, sui morti di questi ultimi drammatici giorni, sui poliziotti che inseguivano i manifestanti sciiti chiamandoli “ratti”, sul divieto alle ambulanze di soccorrere i feriti, sulla distruzione del monumento nazionale per il semplice motivo che i manifestanti si riunivano lì sotto, su tutto questo non risulta che abbiano speso neanche una parola.
Ecco una presentazione dettagliata e attendibile di quanto sta accadendo in Bahrain, una sintesi dell’ultimo articolo al riguardo di Hussein Ibish, ricercatore arabo di base a Washington:
“ Un mese fa avevo definito quella del Bahrain una vicenda non di primaria importanza, la vera storia mi sembrava quella libica, e in parte è ancora così, in Libia stiamo assistendo a una guerra civile e ad un intervento militare internazionale. Ma io a quel tempo ero convinto che il governo sunnita del Bahrain avrebbe facilmente raggiunto un’intesa con l’opposizione, dando vita ad una monarchia costituzionale. E questo purtroppo oggi mi sembra improbabile.
E sì che tutto era cominciato come una rivolta democratica senza alcun tono confessionale. L’imputato numero uno per tutto questo è il governo del Bahrain per un uso sproporzionato della forza, addirittura contro i servizi sanitari, gli ospedali. Anche uno dei partiti dell’opposizione sciita, al-Wefaq, va criticato per essersi rifiutato di avviare il dialogo con il governo. Ma con l’intervento di truppe di terra di Arabia Saudita, Emirati Uniti, Qatar e Oman e di unità navali del Kuwait (tutti regni sunniti) non si è fatto che soffiare sul carattere confessionale del conflitto.
Eppure bastava sostituire quell’estremista del primo ministro e modificare la legge sulla proprietà terriera e tutto si sarebbe avviato a soluzione.
Invece si è preferita la reazione isterica, scatenando le milizie in una vera e propria caccia all’uomo e arrestando i leader liberali e riformisti della protesta, come Ebrahim Sharif del partito Al-Waad. Forse non è ancora troppo tardi per avviare le riforme, ma l’arresto dei liberali, dei moderati, fa temere il peggio proprio nel Paese dove gli americani hanno la loro più importante base militare.”
di Riccardo Cristiano
Quando si parla di doppia standard occidentale cosa si intende dire? Eccone un esempio. Pochi giorni dopo aver avviato le operazioni militari in Libia per difendere gli insorti dalle atrocità del regime l’Europa, per bocca di Robert Cooper, consigliere politico della signora Ashton, è intervenuta sulla crisi del Bahrain. Purtroppo non si tratta di una ferma condanna della atrocità perpetrate dal re del Bahrain e dal suo governo, una minoranza che da anni vessa la maggioranza in tutti i modi possibili e immaginabili. Ma vediamo i termini esati della questione.
Nel Bahrain la maggioranza è costituita dai musulmani di rito sciita, come in Iran, paese al quale le isole di questo piccolo arcipelago hanno a lungo appartenuto. La minoranza è costituita dai sunniti, che governano in stretto accordo con i sauditi, ospitando la più importante base militare americana nel Golfo Persico.
Da un mese la popolazione sciita è scesa in strada per reclamare i propri diritti. Qualche agitatore iraniano c’era, dicono i più, ma la stragrande maggioranza dei manifestanti non aveva nulla a che fare con gli iraniani. “Chi esce da una dittatura non ne vuole un’altra”, hanno ripetuto in tutte le salse in tanti.
Ma il governo del Bahrain non ha ceduto, anzi ha invitato i soldati sauditi a invadere il proprio paese ed ha represso con ferocia inusitata i manifestanti.
Ora il consigliere politico di lady Ashton dice, con una qualche correttezza, che l’Iran potrebbe ”soffiare sul fuoco”, non sorprenderebbe se cercasse di trarre vantaggio dal momento di difficoltà determinatosi nel vicino Bahrain.
Quello che stupisce è l’aggiunta: “Non credo che molti in Bahrain volessero un regime di tipo iraniano, ma l’ipotesi di un regime sciita è stato il mio più grave mal di testa per tanto tempo”: il suo collega Huges Mingarelli, capo del desk mediorientale nell’ufficio della signora Ashton, ha soggiunto che l’Europa vorrebbe svolgere il ruolo di “facilitatore” nella ripresa del dialogo tra il re e gli insorti . Sull’invasione saudita, sui morti di questi ultimi drammatici giorni, sui poliziotti che inseguivano i manifestanti sciiti chiamandoli “ratti”, sul divieto alle ambulanze di soccorrere i feriti, sulla distruzione del monumento nazionale per il semplice motivo che i manifestanti si riunivano lì sotto, su tutto questo non risulta che abbiano speso neanche una parola.
Ecco una presentazione dettagliata e attendibile di quanto sta accadendo in Bahrain, una sintesi dell’ultimo articolo al riguardo di Hussein Ibish, ricercatore arabo di base a Washington:
“ Un mese fa avevo definito quella del Bahrain una vicenda non di primaria importanza, la vera storia mi sembrava quella libica, e in parte è ancora così, in Libia stiamo assistendo a una guerra civile e ad un intervento militare internazionale. Ma io a quel tempo ero convinto che il governo sunnita del Bahrain avrebbe facilmente raggiunto un’intesa con l’opposizione, dando vita ad una monarchia costituzionale. E questo purtroppo oggi mi sembra improbabile.
E sì che tutto era cominciato come una rivolta democratica senza alcun tono confessionale. L’imputato numero uno per tutto questo è il governo del Bahrain per un uso sproporzionato della forza, addirittura contro i servizi sanitari, gli ospedali. Anche uno dei partiti dell’opposizione sciita, al-Wefaq, va criticato per essersi rifiutato di avviare il dialogo con il governo. Ma con l’intervento di truppe di terra di Arabia Saudita, Emirati Uniti, Qatar e Oman e di unità navali del Kuwait (tutti regni sunniti) non si è fatto che soffiare sul carattere confessionale del conflitto.
Eppure bastava sostituire quell’estremista del primo ministro e modificare la legge sulla proprietà terriera e tutto si sarebbe avviato a soluzione.
Invece si è preferita la reazione isterica, scatenando le milizie in una vera e propria caccia all’uomo e arrestando i leader liberali e riformisti della protesta, come Ebrahim Sharif del partito Al-Waad. Forse non è ancora troppo tardi per avviare le riforme, ma l’arresto dei liberali, dei moderati, fa temere il peggio proprio nel Paese dove gli americani hanno la loro più importante base militare.”
di Riccardo Cristiano
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