di A. Nagasawa, N. Okada e N. Ishii
I giapponesi sono bravi a mantenere la calma nei momenti tragici; anche di fronte ad un disastro sanno mantenere un atteggiamento corretto senza disturbare la quiete pubblica; questo lo abbiamo capito tutti. Ma non sono altrettanto bravi a stare uniti fuori dal loro paese: non esiste una comunità giapponese a Roma, ci avete mai pensato? Guai a chiedergli di esprimere un’opinione, la riservatezza fa parte della cultura giapponese. Invece, noi giapponesi che abbiamo un legame forte con l’Italia, vogliamo fare un appello ai giornalisti, cioè i detentori del “Quarto Potere”, che scrivono le notizie sul terremoto a Fukushima e sull’incidente nucleare: impiegate 5 minuti del vostro tempo per leggere questo comunicato e fate una riflessione. Da quando è avvenuto il terribile terremoto ed il conseguente incidente alla centrale nucleare di Fukushima Daiichi, noi giapponesi in Italia, oltre a provare un estremo dolore per chi si trova in quella zona, siamo spesso dispiaciuti e interdetti per il taglio delle notizie trasmesse dalle testate giornalistiche italiane. Questo perché? Perché, in primis, abbiamo percepito una grande differenza di temperamento tra due modi di diffondere le notizie. I media giapponesi sicuramente per non seminare il panico, forniscono notizie dettagliate e sintetiche a differenza di quelli italiani che danno essenzialmente enfasi all’aspetto tragico, senza tuttavia aver piena coscienza sulla veridicità di quanto diffuso (“tragico il problema dello smaltimento delle vittime dello tsunami, fra 25-40 mila”: la Repubblica 20 marzo, ndr il numero delle vittime stimato sarà 25mila). Così come, al tempo stesso ci sono articoli che apprezziamo (“Tokyo, la normalità nonostante tutto”: la Stampa 21 marzo). E’ chiaro: noi siamo coinvolti emotivamente da ciò che osserviamo e non stiamo dicendo che solo i media giapponesi dicono la verità su questa vicenda . Ma vorremmo ribadire che ci dispiace leggere da tanta parte della stampa italiana dati non veritieri e spesso ci sentiamo offesi dalla parzialità dell’informazione.