di Claudia Consolini
La vivace giornata di mobilitazione organizzata sabato scorso, convocata dalle piazze di internet e scesa nelle piazze italiane con le migliaia di volti, colori e slogan di giovani (ma anche meno giovani) pronti a riappropriarsi, con impegno, del proprio futuro, dovrebbe spingere la classe dirigente italiana, ogni tanto, a provare a guardarsi allo specchio. Come denuncia in un editoriale del Corriere della Sera Ernesto Galli della Loggia, la gerontocrazia italiana continua, comodamente dalle poltrone del potere, a erigere sempre più quell’impenetrabile muro di oligarchie di anziani che osteggiano, con qualunque mezzo, la scalata delle nuove generazioni di capaci e meritevoli ad una guida, rinnovata, del Paese.
Molti, moltissimi, di quei giovani scesi in piazza, rappresentano la forza e la fiducia in quella democrazia rappresentativa sancita dalla nostra Costituzione che, come tutti sappiamo, recita nel suo primo articolo “l'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”.
Si tratta di un pezzo d’Italia in gran parte istruito, che non ci sta più ad essere lasciato solo al proprio destino precario, che rivendica gli anni di dura e faticosa formazione ed a cui spetta, di diritto, una vita ed un lavoro dignitoso: ancora, l'articolo 4 della Carta dice che “la Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto”.
E pazienza se, tra i principi fondamentali della Costituzione e la realtà, molto spesso c'è di mezzo il raccomandato di turno: quello che conta le amicizie e la famiglia giuste, magari tra quella famosa e vetusta classe dirigente, in grado di offrirti la decisiva spintarella per la conquista del futuro, con buona pace per la possibilità negata ad un meritevole, ma illustre sconosciuto.
Ma “c’è chi dice no” in quelle piazze del Paese. Proprio come il titolo del film che in questi giorni si proietta sul grande schermo e dove va in scena il dramma del precariato rappresentato nelle vesti di garbata commedia civile e democratica interpretata, tra gli altri, dalla simpatica e brava Paola Cortellesi, ed in cui i giovani protagonisti, con lavori precari, dichiarano guerra aperta ai raccomandati, principale causa della loro vita “atipica”, fino ad imbarcarsi in un'avventura politica fondando il partito dei “pirati del merito”. “Perchè, come dice la Cortellesi, chi ti ruba il merito ti ruba la vita”. In Italia, dunque, la meritocrazia non è più di casa: il nuovo inquilino si chiama “meritofobia”.
“Indignatevi!” esorta con passione civile l'intellettuale ed ex partigiano francese Stéphane Hessel, 93 anni, in un opuscolo di trentadue pagine che è diventato un best-seller a Parigi entusiasmando migliaia di giovani francesi e che da qualche mese ha raggiunto gli scaffali delle librerie nostrane.
Abbiate il coraggio di arrabbiarvi giovani italiani, ritrovando tutta l'ambizione e la voglia di cambiare la società. Perchè in questa mancanza di prospettive ed in uno scenario di sconfortante immobilismo le nuove generazioni, pur ricche di idee e di progetti, si guardano ancora allo specchio provando un costante senso di inadeguatezza: quella stessa classe dirigente oligarchica, nella confusione del gioco di specchi e rimandi, ha l'obbligo invece, di restituire loro un'immagine di dignità.
Per le strade di Roma i sorrisi di chi ha voglia e forza di cambiare questo paese - di Marco Furfaro /I precari della scuola non sono fenomeni da baraccone- di Forum Precariscuola / I precari e la Costituzione. Tutti con tutti: anche nella difesa del lavoro - di Roberto Secci