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Difendere un diritto. Operai in sciopero della fame e della sete
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di Gemma Bigi

Difendere un diritto. Operai in sciopero della fame e della sete Licenziati con un sms. Può avvenire anche questo oggi in Italia, venire liquidati con poche parole sul proprio telefonino aggirando i vincoli contrattuali. E’ accaduto in provincia di Reggio Emilia - terra di lotte sociali da sempre nota per la qualità della vita e del lavoro - ai dipendenti di una delle tante cooperative di servizio del nostro Bel Paese, perché rivendicavano i propri diritti.
Centinaia di lavoratori della cooperativa di facchinaggio GFE, operante a Campegine, sono infatti stati licenziati dopo aver ottenuto l’applicazione del contratto nazionale di lavoro.
Era il luglio 2010 quando, in seguito alla firma dell’accordo sindacale, l’impresa appaltatrice Snatt aveva manifestato la volontà di rescindere il contratto con la GFE a causa, a suo dire, dei costi non più sostenibili. Poco dopo, l’appalto è stato assegnato a due neonate cooperative (Emilux e Locos Job) che hanno assorbito parte dei 500 lavoratori di GFE, i quali hanno accettato minori tutele contrattuali pur di avere uno stipendio.
Questo modus operandi non scandalizza più, dato che sta ormai imperversando su tutto il territorio nazionale, nelle imprese private come nelle amministrazioni pubbliche. Ma stupisce che questa volta circa 200 lavoratori si siano opposti, che abbiano detto ‘no’, pagandone le conseguenze, ad un trasferimento che di fatto viola un loro diritto. Oggi che i lavoratori in genere subiscono più o meno passivamente sfruttamento, mortificazioni, precariato e mobilità, questi 200 lavoratori di origine indiana stanno dando una lezione di dignità, di lotta e di solidarietà.
Dal novembre 2010 infatti sono in presidio permanente e, dal 18 aprile scorso, nove di loro hanno iniziato lo sciopero della fame e della sete, con il sostegno logistico della Camera del lavoro. Questa forma estrema di lotta, oltre a ricordarci che si sta parlando di persone e non di numeri, è la reazione all’ennesimo rinvio della causa da parte del tribunale a cui si erano rivolti per ottenere ciò che spetta loro.
Varie le manifestazioni di solidarietà in questi giorni sia da parte di associazioni che di singole persone, nella tenda che ospita la mobilitazione. Chi porta giochi e indumenti per i bambini; chi viene a conoscere queste persone e la loro storia, la loro forza; chi desidera far sentire il proprio appoggio. Fra questi il Comitato NOpacchettosicurezza di Reggio Emilia, che da giorni ha lanciato online un appello a sostenere la lotta partecipando al presidio di Campegine, diffondendo la notizia e dando un aiuto concreto alle famiglie dei lavoratori senza stipendio dall’estate scorsa.
‘Uniti siamo tutto divisi siamo niente’ andava predicando il socialista reggiano Camillo Prampolini, un principio che dobbiamo re-imparare, magari ripartendo da qui.
Per informazioni su come contribuire: nopacchettosicurezza.re@gmail.com

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