di Nicola Tranfaglia
Sono ormai molto pochi quelli che hanno visto, sessantasei anni fa, la Liberazione dell’Italia dalle truppe della Wermacht nazista di Hilter e dai fascisti della Repubblica Sociale Italiana di Mussolini. Ma vale la pena ricordare quella data soprattutto per i giovani che stanno affrontando per la prima volta il lavoro, o gli ultimi anni di scuola e di università, e vivono nell’Italia di oggi, governata tuttora da populismi più o meno autoritari e da un personaggio assai poco presentabile nel mondo, come è l’attuale capo del governo Silvio Berlusconi.
L’Italia di quegli anni lontani venne percorsa per diciotto mesi nelle città, nelle campagne e nei monti da eserciti di mezzo mondo e da bande di delinquenti come quelle che avevano trovato rifugio a Salò e nei territori tenuti fino all’aprile 1945 da un regime satellite della Germania, che collaborò a tutto spiano alla deportazione degli oppositori del fascismo (furono quasi ventiquattromila) e dagli ebrei perseguitati (quasi novemila) e alla repressione dei partigiani combattenti o fiancheggiatori.
Una guerra quella in cui si misurarono per due inverni e due estati eserciti regolari come quello angloamericano (rafforzato da truppe di altri alleati) e quello nazista cui si collegavano le spietate SS, ma anche da alcune bande irregolari di italiani, schierati con gli alleati ed erano i partigiani liberali, cattolici, socialisti, azionisti e comunisti, da una parte e seguaci della repubblica sociale, vecchi e nuovi fascisti, dall’altra, legati ostinatamente al culto di Mussolini e della Germania.
Fu quella una guerra civile?
In parte sicuramente lo fu, ma le idee per cui si battevano partigiani e fascisti e le prospettive future per l’Italia sarebbero state molto diverse tra loro, se avesse vinto la Germania con la repubblica sociale o avessero prevalso invece gli alleati e i partigiani o (come li chiamavano i nazisti e i fascisti) i “ribelli”, sparsi sui monti o nascosti nelle città.
Se avesse vinto la Germania nazista con i fascisti di Salò l’Italia e l’Europa del 1945 sarebbero divenute il territorio di una terribile devastazione, di un governo assoluto, di una repressione costante di ogni libera energia, di assoluta mancanza di libertà e di sviluppo civile delle persone e delle nuove generazioni. Un orizzonte insomma di tirannia e di autoritarismo persino difficile da immaginare.
La vittoria degli alleati e dei partigiani fece nascere invece, in Europa come in Italia, repubbliche come quella italiana che diedero vita negli anni successivi a regimi democratici retti da governi parlamentari che, pur con le loro contraddizioni,
generarono un largo sviluppo economico e civile di cui ancora in qualche modo godiamo gli aspetti più importanti.
Il confronto tra le due diverse prospettive è chiaro e incontestabile.
Nessuno nega che molti giovani che si arruolarono nella Repubblica Sociale Italiana furono in buona fede e non si resero conto appieno, soprattutto per ignoranza e per la giovane età oltre che per l’educazione ricevuta dal governo fascista, del destino a cui sarebbero andati incontro se Hitler e Mussolini avessero prevalso.
Ma oggi che sappiamo come è andata la storia non ha senso difendere gli argomenti di quei giovani e il giuramento fascista a cui si riferivano.
Oggi, sul piano storico, sono chiare le differenze tra le due cause, la ragione e il torto dall’una e dall’altra parte.
C’era, in un caso, la difesa ostinata di un regime dittatoriale che aveva provocato la guerra e l’Olocausto degli ebrei, nell’altro una lotta per la libertà e la democrazia moderna. Non c’era confronto possibile tra le due cause e l’Italia ha assistito per fortuna il 25 aprile e nei giorni successivi all’arrivo degli alleati e dei partigiani nelle sue città e nelle sue regioni del Nord.
Concludo con un appello.
Oggi dobbiamo difendere la memoria dei caduti di allora, gli ideali democratici della nostra Costituzione che sono in grave pericolo, ricordare e prendere come esempi le donne e gli uomini come Piero Calamandrei, Norberto Bobbio,Tina Anselmi e molti altri che hanno lottato sempre per difendere la nostra democrazia e la nostra repubblica dall’assalto di chi vuole riportare il nostro Paese a un regime autoritario.
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