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Pignataro: lasciamo da parte la cultura del sospetto e della diffidenza
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di Libera

Pignataro: lasciamo da parte la cultura del sospetto e della diffidenza Le indagini giudiziarie relative alla gestione di alcuni beni confiscati a Pignataro Maggiore che hanno portato all’arresto del sindaco Giorgio Magliocca, al di la dei fatti specifici che vengono contestati ai diretti interessati, impongono a noi tutti, associazioni, cittadini e giornalisti impegnati nella lotta alla camorra in provincia di Caserta, una seria riflessione. Sottrarre davvero i beni alle mafie è una sfida complessa e difficile, che richiede continuità e concretezza, responsabilità e rigore. A questi criteri si è sempre ispirato il nostro lavoro, sia a livello nazionale che, soprattutto, locale. E questi criteri hanno guidato Libera anche nelle vicende relative quei beni confiscati nel Comune di Pignataro Maggiore, la cui gestione è stata oggetto delle predette indagini giudiziarie. Si tratta, in particolare, di un fabbricato e di un pescheto in località Conte, destinati al Comune nel 2003 ma di fatto gestiti per diversi anni dagli stessi soggetti a cui erano stati sottratti. Non sono, purtroppo, casi isolati: inerzia delle amministrazioni locali; capacità d’intimidazione da parte dei clan; scarsa attività di vigilanza; vere e proprie collusioni; problemi di natura finanziaria (come le ipoteche bancarie), impediscono ancora oggi che un numero rilevante di questi beni sia effettivamente riutilizzato per finalità sociali, come prevede la legge. Cosa fare in queste situazioni? Il primo obiettivo di Libera è quello di “liberare i beni”. Ed è quello che abbiamo cercato di fare, anche a Pignataro Maggiore. In questo Comune l’attività della nostra associazione, in particolare quella di Libera Caserta, si è sviluppata a partire dal 2007, quando erano già trascorsi 4 anni dalla destinazione del bene e non avendo una responsabilità diretta di gestione del bene.
Non sono mancate in questi anni difficoltà serie da affrontare e, quando è stato necessario, sono state assunte anche decisioni difficili. E non è francamente accettabile che il confronto su quanto è accaduto in questi anni a Pignataro Maggiore possa svolgersi con l’ombra del sospetto, sotto il segno di accuse, neppure troppo velate, di presunti “favoritismi” o, peggio ancora, di operazioni, come l’iniziativa “Liberiamo le pesche”, condotte solo per dare “copertura” a qualcuno, con “gravi responsabilità” da parte di esponenti locali di Libera, che hanno sempre agito con la condivisione e il sostegno dell’associazione, sia a livello regionale che nazionale.
In questi lunghi anni d’impegno comune, in un territorio così difficile come quello della provincia di Caserta, le associazioni, i singoli cittadini, i giornalisti, i rappresentanti delle forze dell’ordine e della magistratura, gli amministratori locali sinceramente schierati contro la camorra hanno dovuto fare i conti con un potere criminale straordinariamente diffuso e pervasivo. Siamo tutti consapevoli della necessità di tenere davvero alta la guardia, soprattutto quando si è concretamente e quotidianamente impegnati, tra mille difficoltà e mille dubbi, a costruire progetti e percorsi di legalità. E’ quello che fanno, ogni giorno, i rappresentati di Libera Caserta ed è quello che hanno cercato di fare, insieme a tutta l’associazione, anche a Pignataro Maggiore: esprimendo la loro convinta solidarietà ai giornalisti locali che venivano minacciati dalla camorra; prendendo le distanze, come è stato fatto, da realtà associative con cui non si condividevano più modalità d’impegno e di lavoro comune; esponendosi, anche personalmente, nel tentativo di recuperare ad un pieno ed effettivo riutilizzo sociale i beni confiscati in quel Comune, come è avvenuto con i circa 30 ettari di seminativi di Masseria Pratilli e Campo dei Fiori; cercando di promuovere un maggiore impegno da parte delle amministrazioni locali, pur mantenendo sempre distinto, con assoluto rigore, il ruolo dell’associazione da chi quelle istituzioni le rappresentava. Si poteva e, soprattutto, si può fare molto di più e meglio, a partire da una maggiore capacità di ascolto reciproco. Ma a una condizione, per noi irrinunciabile: abbandonare, come un incidente di percorso, la cultura del sospetto e della diffidenza, che non ha alcuna giustificazione ed ha già causato troppi danni, per affrontare una rinnovata stagione d’impegno antimafia in provincia di Caserta, all’insegna della cultura del confronto, della cooperazione, del lavorare insieme. E’ quello che stiamo già facendo tra Libera e Comitato Don Peppe Diana e che ha portato, grazie all'impegno della Prefettura di Caserta, alla nascita - con procedura di evidenza pubblica - di una nuova e significativa realtà dell’antimafia sociale, la cooperativa Terre di don Peppe Diana – Libera Terra. Ed è l’impegno che vogliamo rafforzare attraverso la creazione di una filiera biologica della mozzarella di bufala con il coinvolgimento attivo degli allevatori e caseifici locali e lo sviluppo di un vero e proprio Laboratorio di economia sociale in provincia di Caserta, capace di mettere in rete realtà ed esperienze diverse tra loro, ancora oggi troppo frammentate. C’è bisogno di lavorare insieme, della responsabilità, della competenza, della generosità di tutti. Solo in questo modo “le terre di camorra” di morte, violenza e sopraffazione possono diventare “Le Terre di don Peppe Diana” di diritti, giustizia e legalità.

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