di Federico Orlando*
La nostra società civile ha un protagonista e un riferimento in meno. Roberto Morrione, scomparso a Roma a 70 anni, è stato l’uno e l’altro. Ai funerali, ieri, c’era tantissima gente, volti noti e meno noti. Morrione è stato un protagonista di innumerevoli inchieste e servizi, alla Rai e poi alla rete di Libera, per le battaglie degli umili, dei deboli, dei bisognosi, nel Sud del mondo e di casa nostra.
Un riferimento nel nostro Sud divorato da mafiosi e politici di rapina, nella nostra società dove tanti ragazzi naufragano nella droga e nel disinganno, per le certezze di cultura (s’era formato alla migliore scuola del Pci di Enrico Berlinguer e perciò aveva guardato oltre le siepi) e di carattere, che ha conservato per tutta la vita, senza perdere quel tratto di «persona mite, rigorosa, elegante», come l’ha definito Nichi Vendola, e «protagonista della migliore stagione del servizio pubblico», come l’ha ricordato l’ex ministro delle comunicazioni Paolo Gentiloni.
Quando la sua vita professionale pareva condannata all’emarginazione, dopo il servizio reso all’azienda in decenni, da cronista a vicedirettore di tg, in Rotocalco televisivo con Enzo Biagi, inTv Sette con Brando Giordani, al Tg1, al Tg3, al Tg2, a Televideo, Roberto seppe trasformare l’esilio a Rai International, per lui decretato dalla casta, in presenza italiana nelle Americhe e nel Pacifico; e di lì a risalire, creando insieme a Michele Mezza la prima all news italiana, Rai News 24, che dirigerà per sette anni, dal 1999 al 2006.
Da piccola rete di post produzione tv, Rai News 24 entra nel giro della comunicazione globale, sia per la presenza (prima presenza Rai) sul web, con aggiornamenti, video, focus, sia e soprattutto per celebri inchieste: bombardamenti di Falluja con fosforo bianco, attentato dell’11 settembre a New York, seconda guerra in Iraq, e l’ultima intervista a Paolo Borsellino che nessuno osava trasmettere e lui trasmise, e le battaglie a fianco di don Luigi Ciotti, fino agli ultimi giorni, nonostante l’accanirsi del male.
Aveva fondato nel 2001, con Beppe Giulietti e altri, Articolo 21, poi Liberainformazione quando più necessaria era la presenza reticolare di tutti noi, dentro e fuori la professione, al fianco dei giovani giornalisti delle province mafiose, ogni giorno minacciati di morte dalla malavita, qualcuno ucciso.
Sulla sua bara di legno chiaro, nella sala del consiglio provinciale, a Palazzo Valentini per il funerale laico, la compagna Mara e le due figlie hanno posto, col suo ritratto, la bandiera arcobaleno della sua generosa necessaria illusione, “Pace”.
Al microfono, in testa alla bara, si sono alternati in molti, la primogenita, Zingaretti, don Luigi, Veltroni che ha ricordato anche il politico che coordinò la propaganda dell’Ulivo nel 1996, il direttore generale Lorenza Lei che s’è posta con un’approfondita analisi il problema di come costruire o ricostruire un modello di servizio pubblico che corrisponda anche al modello praticato da Roberto. Un discorso forte e forse inatteso, ché da tempo non si ascoltava un dirigente Rai parlare con questa passione del futuro della Rai in quanto servizio pubblico. E questo a Roberto Morrione avrebbe fatto piacere.
* Pubblicato su Europa Quotidiano
Mafia e politica: il ricordo di Giovanni Falcone. Le ipocrisie del governo - di Roberto Morrione