Articolo 21 - ESTERI
Ai Weiwei è “libero”!
di Chen Xinxin
Dopo oltre due mesi di carcere, l’artista cinese di fama internazionale Ai Weiwei, è tornato in “libertà” dietro pagamento di una cauzione. Ai, sostengono le autorità della Repubblica Popolare che lo hanno accusato di «reati economici», ha «confessato i suoi crimini» e «pagherà le tasse evase». L’artista, che ha contribuito alla realizzazione del futuristico Nido d’Uccello (lo stadio di Pechino costruito per le Olimpiadi del 2008), è stato scarcerato nel silenzio della tarda serata di Pechino e la notizia della sua liberazione è stata diffusa dall’agenzia di stampa ufficiale cinese Xinhua.
«E’ stato liberato per la buona condotta dimostrata nella confessione dei suoi crimini e per la malattia cronica di cui soffre», si legge nel dispaccio, che cita la polizia di Pechino. La decisione di rilasciare Ai su cauzione «deriva – prosegue l’agenzia – anche dalla considerazione del fatto che ha ripetutamente detto che pagherà le tasse evase» da una delle sue aziende. «Sto bene, sono tornato a casa e sono libero. Ma non posso parlare, vi prego di capire», ha detto alla Bild Ai, noto per le sue battaglie contro il governo di Pechino. Quanto è davvero “libero” in Cina l’artista?
Il suo arresto, il 3 aprile, aveva sollevato un coro di critiche da parte comunità internazionale ed era subito apparso come il culmine dell’ondata di repressione – per molti osservatori la più dura dai fatti di Tian’anmen – scatenata dai vertici della Repubblica Popolare dopo le rivolte in Medio Oriente e Nord Africa contro governi autoritari. Poco dopo il fermo di Ai all’aeroporto di Pechino, prima che riuscisse a imbarcarsi su un volo diretto a Hong Kong, il quotidiano cinese Global Times, del gruppo del Renmin Ribao (giornale ufficiale del Partito comunista), ha accusato l’artista di essere un «anticonformista», un «attivista» al quale piace «fare cose che altri non osano fare» e al quale piace stare «a ridosso delle linee rosse della legge cinese».
Ai è da tempo oggetto di intimidazioni da parte dei vertici del potere cinese, che non tollera il dissenso. Tre anni fa, si era scontrato con le autorità annunciando il boicottaggio della cerimonia d’apertura dei Giochi Olimpici e aveva lavorato per smascherare il tentativo di copertura della strage di piccoli scolari nel devastante terremoto del Sichuan. Nel 2009, malmenato da agenti della polizia cinese, era stato costretto a sottoporsi a una delicata operazione chirurgica al cervello. Picchiato e minacciato, lo scorso anno era stato costretto per tre giorni agli arresti domiciliari. A gennaio le autorità hanno demolito il suo nuovo studio di Shanghai. Poi è stata annullata una sua mostra prevista nella capitale, perché giudicata non adeguata in un periodo delicato per la Repubblica Popolare. Di recente Ai ha annunciato di voler aprire uno studio in Germania per sfuggire alle ritorsioni cinesi.
L’artista, che ha spesso denunciato la mancanza di libertà d’espressione in Cina, il blocco della circolazione di informazioni, in diverse occasioni ha anche accusato l’Occidente di rinunciare a richiamare Pechino al dovere, in quanto a rispetto dei diritti umani, per paura di non fare più affari con la Repubblica Popolare.
da Il mondo di Annibale
«E’ stato liberato per la buona condotta dimostrata nella confessione dei suoi crimini e per la malattia cronica di cui soffre», si legge nel dispaccio, che cita la polizia di Pechino. La decisione di rilasciare Ai su cauzione «deriva – prosegue l’agenzia – anche dalla considerazione del fatto che ha ripetutamente detto che pagherà le tasse evase» da una delle sue aziende. «Sto bene, sono tornato a casa e sono libero. Ma non posso parlare, vi prego di capire», ha detto alla Bild Ai, noto per le sue battaglie contro il governo di Pechino. Quanto è davvero “libero” in Cina l’artista?
Il suo arresto, il 3 aprile, aveva sollevato un coro di critiche da parte comunità internazionale ed era subito apparso come il culmine dell’ondata di repressione – per molti osservatori la più dura dai fatti di Tian’anmen – scatenata dai vertici della Repubblica Popolare dopo le rivolte in Medio Oriente e Nord Africa contro governi autoritari. Poco dopo il fermo di Ai all’aeroporto di Pechino, prima che riuscisse a imbarcarsi su un volo diretto a Hong Kong, il quotidiano cinese Global Times, del gruppo del Renmin Ribao (giornale ufficiale del Partito comunista), ha accusato l’artista di essere un «anticonformista», un «attivista» al quale piace «fare cose che altri non osano fare» e al quale piace stare «a ridosso delle linee rosse della legge cinese».
Ai è da tempo oggetto di intimidazioni da parte dei vertici del potere cinese, che non tollera il dissenso. Tre anni fa, si era scontrato con le autorità annunciando il boicottaggio della cerimonia d’apertura dei Giochi Olimpici e aveva lavorato per smascherare il tentativo di copertura della strage di piccoli scolari nel devastante terremoto del Sichuan. Nel 2009, malmenato da agenti della polizia cinese, era stato costretto a sottoporsi a una delicata operazione chirurgica al cervello. Picchiato e minacciato, lo scorso anno era stato costretto per tre giorni agli arresti domiciliari. A gennaio le autorità hanno demolito il suo nuovo studio di Shanghai. Poi è stata annullata una sua mostra prevista nella capitale, perché giudicata non adeguata in un periodo delicato per la Repubblica Popolare. Di recente Ai ha annunciato di voler aprire uno studio in Germania per sfuggire alle ritorsioni cinesi.
L’artista, che ha spesso denunciato la mancanza di libertà d’espressione in Cina, il blocco della circolazione di informazioni, in diverse occasioni ha anche accusato l’Occidente di rinunciare a richiamare Pechino al dovere, in quanto a rispetto dei diritti umani, per paura di non fare più affari con la Repubblica Popolare.
da Il mondo di Annibale
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