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Articolo 21 - ESTERI
Cile: i mapuche, popolo della terra
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di Fabrizio Noli

Cile: i mapuche, popolo della terra l “popolo della terra”, questo significa, letteralmente mapuche, da Che, “popolo” e Mapu, “terra”, nella loro lingua, il mapudungun. In spagnolo sono indicati invece come araucani. In realtà, come nel caso dei montagnards, siamo davanti una serie di gruppi, che condividono, in linea di massima, la struttura religiosa, sociale e linguistica, sparsi tra la Patagonia cilena e quella argentina, per un totale di circa 600mila persone in Cile, dove costituiscono il 4% della popolazione del paese, e circa 300mila in Argentina. Un popolo estremamente fiero, capace di resisterere non solo ai tentativi dell’Impero Inca di assoggettarli, ma anche a quelli degli spagnoli, al punto che nel 1641, col trattato di Quillin, Madrid riconobbe l’indipendenza dei loro  territori  a sud del fiume Bio-Bio. Una resistenza venuta meno solo nel 1876, quando il Cile incorporò i loro territori, provocandono una vera e propria decimazione…Ma su questa resistenza plurisecolare, come anche sul presente di questo popolo, abbiamo raccolto l’opinione di Alessandro Michelucci, responsabile del Centro Documentazione Popoli Minacciati, di Firenze

“Questa resistenza è stata dovuta, in gran parte, alla conoscenza che avevano di un territorio piuttosto vasto, ma, soprattutto, molto variegato e articolato sul piano orografico ed idrografico. Soprattutto, segnalerei, per dare un’idea della resistenza araucana o mapuche, che dir si voglia, il famoso poema epico “L’Araucana”, del 1569, composto da un soldato-poeta, Alonso de Ercilla, un poema pieno di ripsetto verso questo popolo, riconosciuto come nemico, verso il quale però l’autore non nascondeva un sentimento anche di ammirazione, cosa a dir poco anomala tenuto conto che si trattava di un conquistador, e che, in generale, il punto di vista dei conquistatori europei all’epoca era molto netto: non veniva mai espresso neppure il riconoscimento del nemico indigeno in quanto tale!”

Ma la cosa che colpisce, comunque, è che l’Impero Azteco e quello Inca sono stati spazzati via nel giro di pochi anni. Gli araucani invece, opposero una resistenza costante, per più di tre secoli!


“Beh, a parte il fatto che l’Impero Inca era sul punto di implodere quando arrivarono gli spagnoli, la situazione dei mapuche era molto più circoscritta, anche sul piano territoriale. La cosa li ha aiutati…”

In pratica, gli spagnoli ebbero molti più problemi a cercare di controllare l’attuale Patagonia cilena…c’è poi da sottolineare come, nel 1860, i mapuche siano stati in grado di costituire un vero e proprio regno indigeno, il Regno di Araucania. I loro capi riconobbero in un francese , discendente di filibustieri, Orélie-Antonie de Tounens, il loro re, Orélie Antonie I. Fu però il primo e unico sovrano di questo stato, presto sopraffatto dal Cile. Fatto sta che, alla fine del XIX secolo, i mapuche erano ridotti ad appena 25mila individui, dopo l’annessione a Santiago della Patagonia. Ma le sofferenze di questo popolo sono continuate anche dopo, specie durante il regime di Pinochet, tra il 1973 e il 1988…

“Ed è un fatto che non è stato mai adeguatamente sottolineato in quegli anni, dai tanti che si sono battuti contro il generale. Centrale, in quegli ani, è stata la questione delle terre. Buona parte delle terre indigene fu confiscata, dato che Pinochet era stato appoggiato, per il suo golpe, anzitutto dai grandi proprietari terrieri cileni, che poi, come si dice in gergo, “passarono all’incasso”. La repressione comunque fu notevole: molti furono torturati e uccisi”

Una repressione culminata, nel 1978, con l’emanazione della legge 2658. Dietro la facciata di una “politica di sviluppo”, in realtà infatti, si trattava di un dispositivo normativo che incentivava  la divisione delle terre indigene in appezzamenti, oltre che a negare la stessa identità dei mapuche

“In questo Pinochet si comportò come Ataturk: come il padre della moderna Turchia diceva “siamo tutti turchi”, così il generale sosteneva non ci fossero popolazioni indiane. “Siamo tutti cileni” era un pò il suo slogan!”

Anche dopo la fine della dittatura di Pinochet, i problemi sono comunque continuati, per i mapuche…

“Specie in questi ultimi anni, i mapuche sono stati molto infastiditi dal credito tributato in Europa all’ex presidente cileno, la signora Bachelet, socialista e per questo divenuta una sorta di beniamina della sinistra del vecchio continente. Loro, hanno continuato a sostenere che avevamo preso una “cantonata” pazzesca, dato che, rispetto all’indirizzo repressivo di Pinochet, poche cose erano cambiate, specie sul fronte del problema dell’esproprio delle terre, continuato a favore di multinazionali come anche la stessa Benetton…”

Ma oggi, cosa resta della loro cultura?

“Soprattutto negli ultimi anni c’è, da parte di questo popolo, una riappropriazione delle proprie radici culturali, specie in campo poetico. I mapuche danno grande importanza alla poesia, e alcune raccolte sono state pubblicate anche in Italia…al di là di questo aspetto, poi, c’è l’attaccamento alla religione tradizionale”

Basata sul culto degli spiriti e degli antenati, in cui un ruolo determinante spetta alle donne, le “machi”, ossia le sciamane, il che ricorda gli eschimesi…

“Sì, certo, la loro società da grande importanza all’elemento femminile”

E comunque, dopo la fine della dittatura di Pinochet si è cercato di rilanciare le tradizioni culturali mapuche, anche in campo linguistico, con l’insegnamento del loro principale idioma, il mapudungun…

“Devo dire che le iniziative più interessanti sono state avviate in Europa, ad esempio presso l’Università di Siegen, non lontano da Colonia, è stato costituito un centro di cultura mapuche in Germania. Si tratta, in effetti, di un popolo che in Europa ha saputo costituire una rete molto attiva, specie in Gran Bretagna ed in Olanda, tanto che a Bristol è stato costituito il Mapuche International Link, che funge da ente coordinatore di molte iniziative culturali. Come spesso succede, i popoli indigeni magari non compaiono agli occhi dell’uomo della strada, ma in loco, fuori del loro paese, sono in grado di portare avanti al meglio le loro bataglie in difesa delle loro identità specifiche!”

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