di Paolo De Chiara
Sono trascorsi tre anni da quella assurda morte. Era il 29 luglio del 2009 quando il giovane rumeno, Gheorghe Radu, perse la vita nei campi di lavoro molisani. Raccoglieva, in nero, i pomodori per un’Azienda di Torremaggiore. Nessuno si preoccupò di aiutarlo. Gheorge aveva 35 anni. Con una moglie e una figlia. Che da tre anni, insieme, ricordano l’uomo della loro vita. Il giovane bracciante venuto in Italia per fare fortuna. Per dare un futuro dignitoso alla sua famiglia. Maria e Valentina non vogliono dimenticare. Da tre anni rincorrono la verità. Per capire cosa è successo quel maledetto giorno nei campi di Nuova Cliternia. Le due donne sono rimaste sole a condurre questa battaglia. Che riguarda tutti. Nell’ultima manifestazione davanti alla croce, fatta erigere da Maria, una donna coraggiosa e dignitosa, proprio nel luogo dove è stato ritrovato il cadavere, poche erano le persone presenti.
Nessun rappresentante delle Istituzioni ha ritenuto di far sentire la sua presenza. Maria ha sottolineato in un commento nella sua pagina personale di facebook “Potevo contare i presenti sulle dita di una mano”. Ma le due donne-coraggio non si arrendono. La forza straordinaria si registra negli occhi della piccola Valentina e nelle parole della moglie: “Sono tre anni che attendo la chiusura delle indagini. Mi costituirò parte civile. I colpevoli devono pagare”. La voglia di verità che si sostituisce all’angoscia. Quel senso di solitudine che prende e che fa sprofondare in una voragine. Quella sensazione che da tre anni accompagna le due donne. Che hanno dovuto cambiare i propri programmi di vita. Per lottare. Per inseguire una verità che tarda ad arrivare. Maria, la moglie coraggio, non si dà per vinta. “Sono sempre arrabbiata, anzi arrabbiata sempre di più. Le Istituzioni non partecipano a commemorare mio marito. Questo mi fa molto male. Non hanno voglia di ricordare un uomo che è morto sul posto di lavoro. Non è giusto. E’ stato buttato come un cane in un canale. Voglio giustizia per Gheorghe. Non trovo pace fin quando giustizia non sarà fatta per lui”.
Dopo tre anni come vivete questa situazione?
“Sembra che vivo sempre quel giorno, quando ho visto che era morto. Non è cambiato nulla”.
Cosa ricordi di quel giorno?
“Ricordo che si era svegliato alle 5.30 per andare a lavorare. A mezzogiorno l’ho telefonato e non mi ha risposto. Il pomeriggio sono andata a lavarmi i panni neri. Un gesto strano che non ho capito fino alla sera. Quando sono tornata dai carabinieri dove mi hanno comunicato che era morto. Ho visto i panni neri stesi. Dio mi ha dato questo segno. Ricordo Gheorghe sdraiato sul tavolo. Tutto freddo. Morto, abbandonato. Quella figura non la dimentico mai. E’ rimasta stampata nella mia mente, nei miei occhi. La vedo dappertutto. Ho sognato che lui chiedeva aiuto prima di morire. L’ho telefonato. Il cellulare squillava”.
Non ha risposto nessuno?
“Ho chiesto a un ragazzo: “perché non hai risposto?”. Mi ha detto che ha avuto paura”.
Quel giorno Gheorghe lavorava con altri braccianti?
“Erano dieci persone, non era da solo”.
Hai mai incontrato queste persone? Hai parlato con loro?
“Mi hanno detto che si è sentito male. A un certo punto Gheorghe ha chiesto a un ragazzo un po’ di acqua. Ha bevuto ed è andato a vomitare. Quando ha finito di mangiare con queste persone ha detto che non sarebbe andato a lavorare. E si è allungato sotto un tir per proteggersi dal sole. E’ strano che quello che caricava i cassoni non sia andato a chiedere a mio marito perché non era a lavorare”.
Nessuno si è preoccupato di chiamare i soccorsi?
“E’ stato un passante che lo ha visto con il viso per terra. Mi hanno detto quelli delle onoranze funebri che era tutto pieno di terra in bocca. Lui ha sofferto prima di morire. Mangiava la terra per il dolore. Ma nessuno si è interessato di Gheorghe”.
Risultano indagate tre persone.
“Si. Domenico Scarano (il datore di lavoro, ndr.), Teodoro Zullo e Edilio Cardinale (proprietari del terreno, ndr.)”.
Tutti e tre abitano a Torremaggiore. Li hai mai visti in questi tre anni? Hai mai parlato con loro dopo la morte di tuo marito?
“Ho visto una sola volta Domenico Scarano. Veniva verso di me, era a cinquanta metri. Appena mi ha vista si è rigirato e se n’è scappato via”.
Cosa hai pensato?
“Che ha la coscienza sporca”.
Dopo tre anni cosa ti aspetti?
“Voglio giustizia. Mi costituirò parte civile. I colpevoli devono pagare”.
Cosa ti senti di dire alle Istituzioni?
“Le Istituzioni devono impegnarsi di più su queste faccende. Non si può dimenticare così una persona. Chiedo alla giustizia di fare le cose giuste. Per mio marito e per tutti i casi simili al mio”.
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