di Paolo De Chiara*
Diciassette mesi di silenzio intorno alla morte di Gheorghe. Il giovane rumeno, che aveva 35anni, lavorava come bracciante agricolo in Molise nei campi di Campomarino, in località Cocciolete di Nuova Cliternia. Raccoglieva, per un’azienda di Torremaggiore, in provincia di Foggia, i pomodori. Il cadavere del giovane rumeno, che lascia una moglie e una figlia di 12 anni, è stato rinvenuto il 29 luglio del 2008. “Quel giorno – ha spiegato la signora Maria, che abbiamo incontrato il 27 dicembre scorso nella sua abitazione - è partito da casa alle 5.50. Intorno alle 12.50 ho provato a telefonare, ma non mi ha risposto. Nel pomeriggio, intorno alle 16.00, ho messo a lavare i miei indumenti neri. Un segno che Dio mi ha dato. Mio marito a quell’ora era già morto”. Da allora, a parte l’inchiesta aperta dalla Procura di Larino (tre risultano essere gli indagati: Teodoro Zullo, Edilio Cardinale e Domenico Scarano) è sceso un assordante silenzio intorno a questa drammatica vicenda umana. Le Istituzioni non hanno fatto il proprio dovere. Il 23 settembre del 2008 l’assessore regionale Angela Fusco Perrella così rispondeva all’interrogazione presentata dai consiglieri regionali Petraroia, Natalini, Bonomolo, Romano, D’Alete e Totaro: “Non ci sono elementi di conoscenza per rispondere a questa interrogazione, ricordo che la delega alla sicurezza è dell’Assessorato alla Sanità. Per quanto mi riguarda ho solo competenza per il problema dell’emersione del lavoro nero e il controllo di alcune fasi lavorative in determinate aziende. Comunque sono a conoscenza dell’argomento ma in maniera indiretta. Vi posso rispondere su tutto quello che è stato messo in campo con il partenariato sociale e datoriale, il programma per quanto riguarda il 2008 per la sicurezza sui luoghi di lavoro”. Ora, a parte l’inutile scarica barile e il mancato intervento concreto dell’Istituzione Regione, bisogna fare una prima puntualizzazione. Gheorghe Radu è morto in Molise senza un contratto di lavoro. Era un irregolare quando si è sentito male in quel campo di raccolta. Era in “nero” quando è morto. Ma soprattutto, com’è possibile che un Assessore regionale, dopo diversi mesi dal fatto, possa dire che conosce “l’argomento in maniera indiretta”? Che significa? In Molise si muore e nemmeno le Istituzioni si preoccupano di capire cosa accade sul proprio territorio? Il lavoratore è stato ritrovato in un campo privo di vita. Chi ha fatto sentire la presenza delle Istituzioni alla moglie di Gheorghe e alla giovane figlia? E’ passato un messaggio sbagliato. Disumano. Soltanto il Comune di Torremaggiore è intervenuto con un contributo di 500euro per il rimpatrio della salma in Romania. Anche se la somma non è bastata per pagare tutte le spese effettuate dalla famiglia. Lo scorso 18 gennaio dall’Assessorato al Lavoro della Regione Molise è partito un fax, per una richiesta di informazioni, con oggetto: “Infortunio mortale del lavoratore romeno Radu Gheorghe: richiesta informazioni”. E’ stato inviato alla Direzione provinciale del Lavoro, all’Asrem di Termoli e Larino, alla sede provinciale dell’Inail, alla sede provinciale dell’Inps, all’Assessorato alla Sanità e Agricoltura e al consigliere regionale Petraroia. Questo il testo firmato dall’assessore Fusco Perrella: “Si trasmette in allegato l’interrogazione del consigliere regionale Petraroia, con l’invito agli Enti in indirizzo di voler fornire allo scrivente Assessorato le opportune notizie e informazioni relative all’infortunio in oggetto”. Dopo un anno e cinque mesi dal tragico evento l’Assessorato si è deciso a chiedere informazioni. Almeno la conoscenza dell’argomento passerà da “indiretta” a “diretta”. Un buon passo avanti. Il bracciante agricolo lavorava regolarmente in Italia dal 2007. Era arrivato nel BelPaese nel 2004. E si pagava anche i contributi. Con Domenico Scarano, il datore di lavoro, aveva già lavorato nel 2007 con due contratti. Il primo di 20giorni (dal 8 agosto al 31 agosto 2007) e il secondo di 51 giorni (dal 6 settembre al 6 novembre 2007). La vicenda è stata fatta passare come un normale fatto di cronaca. Si può dire che Gheorghe è stato lasciato morire per una seconda volta. Il suo “sacrificio” non è servito a nulla. In quelle zone del Basso Molise ad alto tasso di caporalato e, quindi, di lavoro nero si continua a lavorare per pochi soldi e per tante ore di sfruttamento giornaliere. Pochi sono quelli che s’indignano. “Diverse volte - ha dichiarato sua moglie Maria – usciva di casa la mattina presto e rientrava a casa intorno alle 23.00. Li dicevo sempre che era pesante quel lavoro. Faceva fatica a lavorare. Quel giorno Gheorghe raccoglieva i pomodori. Prendeva i cassoni. Arrivavano anche undici tir al giorno. Ogni autocarro ha 88 cassoni. Un cassone pesa 40 chili”. Questo il ricordo della moglie: “era una persona che non ammetteva le bugie. A lui piaceva la giustizia e la verità. Ho giurato di andare avanti per lui. E per mia figlia che mi dà la forza di continuare questa battaglia”. Gheorghe è morto di infarto. Gheorghe Radu è morto di fatica. Nei campi di raccolta molisani. Dove i “caporali”, per risparmiare ulteriormente, posizionano sul posto delle tende per evitare gli spostamenti. “Se fosse stato soccorso – scrive l’ex segretario della Cgil Molise Petraroia - forse poteva salvarsi ma nessuno ha avuto pietà ed è prevalsa la paura”. Ma a che ora è morto esattamente Gheorghe? I testimoni sentiti dagli inquirenti confermano la presenza di Gheorghe sin dalla mattina. Aveva iniziato a lavorare, secondo i presenti, intorno alle 10. E già intorno alle 13.00, durante la pausa pranzo, Gheorghe aveva manifestato i primi segni di malore. Alla ripresa dei lavori, ore 14.00 circa, il giovane bracciante non era più rientrato nei campi. Si era sdraiato all’ombra di un camion per evitare il sole e per riposarsi. Il 35enne morirà di lì a poco. Poteva essere salvato? C’è stata omissione di soccorso? Chi si è accorto del malore? A che ora il titolare della ditta è stato avvisato? Diversi testimoni hanno riferito che, dopo essere stati allontanati in un campo di cipolle, distante 600/700metri dal campo di lavoro, attesero quasi due ore per sapere cosa fare. Cosa è successo in quelle ore? A queste domande dovrà rispondere la magistratura, per fare chiarezza sulla morte di un giovane rumeno non assunto regolarmente. Per dare una risposta alla moglie di Gheorghe e alla figlia Valentina. Le indagini sono nelle mani del pm Luca Venturi. La signora Radu conferma che anche gli altri lavoratori (“due lituani, un polacco, tre rumeni”) lavoravano in nero. “Nessuno – ha ribadito la moglie - era assunto quel giorno. Da quello che mi ha raccontato un rumeno il datore aspettava il primo di agosto per fare le assunzioni. Quello era il primo giorno della raccolta dei pomodori. Già nel 2007 mio marito aveva raccolto per Domenico Scarano pomodori, olive e uva”. Dopo 17mesi dal tragico evento è giunto il momento di fare chiarezza. Ma cosa accade in quei posti, dove il lavoro nero sembra essere la regola? Il caso Radu, probabilmente, è la punta dell’iceberg. E’ giunto, forse, il momento di capire. Di approfondire. Di denunciare una situazione divenuta insostenibile. Ma cos’è il “lavoro nero”? Secondo l’art. 36-bis della legge 248 del 2006 (c.d. decreto Bersani) è “...l'impiego di personale non risultante dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria”. In Molise qual è la situazione relativa al lavoro irregolare? Il coordinatore regionale della Fillea Cgil del Molise, Domenico Di Martino, il 14 aprile del 2008, così denunciava la situazione regionale: “si vorrebbe far passare il Molise come un’isola felice, in cui le regole fissate dalla legge e dai contratti sono sostanzialmente rispettate e i fenomeni di “criminalità padronale” sono lontani e limitati a pochi episodi, collegati a realtà imprenditoriali che vengono dall’esterno. Ultimo e significativo episodio, in questa autentica guerra di cifre, è la diffusione da parte della Direzione provinciale INPS di Campobasso dei dati relativi alle ispezioni effettuate nel periodo gennaio/dicembre 2007: su 305 aziende o soggetti visitati ben 261, con una percentuale dell’85,6%, sono risultate irregolari e, addirittura, 53 - tra aziende e lavoratori autonomi - non avevano neanche una posizione contributiva aperta, svolgendo tutta la loro attività in maniera clandestina e fraudolenta; a ciò si aggiunga che nel corso della descritta attività di controllo sono stati individuati ben 506 lavoratori in nero con un recupero di contributi omessi per ben 1.865.000 euro mentre per le irregolarità di altro tipo sono state avviate procedure di recupero per ben 4.587.000 euro”. Per il sindacalista Di Martino: “è da tempo che il nostro sindacato denuncia la esistenza in molti settori produttivi della Regione di forti irregolarità, di cui gli accertamenti ispettivi innanzi riportati rappresentano ovviamente solo la punta dell’iceberg e che richiedono l’adozione di misure di contrasto straordinarie, con l’incremento delle attività ispettive e l’apertura di un confronto permanente e serio sulle iniziative più efficaci per diffondere sul territorio quella cultura della legalità e della sicurezza, senza la quale non c’è alcuna tutela per i lavoratori ed anche per quegli operatori onesti che – per la diffusione degli abusi – sono sempre di più spinti al margine del mercato. Siamo stati indicati, per questa ragione, come Cassandre, come profeti del malaugurio, come sistematici e interessati contestatori di un quadro politico e di un modello produttivo che si dichiara sano ed efficiente e che, invece, ogni giorno di più denuncia i suoi limiti in termini di efficienza e di correttezza. Neanche – aggiunge il sindacalista molisano - si può operare un distinguo tra i vari settori, visto che abusi e irregolarità sono equamente distribuiti tra industria, artigianato e lavoro autonomo, tra agricoltura, commercio e servizi, nessuno potendosi ritenere esente da una significativa presenza di lavoro irregolare e di mancato rispetto delle norme contrattuali e di legge”. In uno studio della Uil del febbraio 2009 (dal titolo: “Lavoro irregolare: il sommerso è ancora una metastasi”) si legge: “ci preoccupa la significativa diminuzione dell’attività ispettiva programmata per il 2009, che pur se prospettata nel segno di una “maggiore qualità” dell’attività ispettiva, rischia di aumentare la sacca di lavoratori in nero e irregolari. Infatti, per il 2009, le ispezioni programmate dal Ministero del Lavoro nelle aziende diminuiranno del 24% rispetto al 2008”. In Molise, la Uil, ha indicato un calo delle ispezioni del 33,4%, con 2.666 ispezioni contro le 4mila del 2008. “Effettivamente – secondo il direttore regionale del Lavoro Giovanni Iannazzone – nel 2009 c’è stata una flessione”. Per il direttore regionale le ispezioni sono state 4mila nel 2008 e 3155 nel 2009. “L’Amministrazione centrale – secondo Iannazzone – ha preteso una maggiore attenzione sulla qualità con diversi tipi di ispezioni”. Due sono i tipi di ispezioni. Quelle veloci e quelle che approfondiscono la problematica giuslavoristica che “richiede più tempo”. Nel rapporto dell’Istat “Noi Italia. 100 statistiche per capire il Paese in cui viviamo”, diffuso il 12 gennaio 2010, si apprende nella sezione “mercato del lavoro” che “la quota di lavoro irregolare del Mezzogiorno è più che doppia rispetto a quella delle due ripartizioni settentrionali. …Tra le regioni meridionali spicca il valore particolarmente alto della Calabria (27,3%) seguita a distanza da Molise e Basilicata”. Iannazzone, però, non condivide il dato dell’Istituto nazionale di statistiche: “non mi sembra che possa rispecchiare il dato reale del Molise, rispetto ad altre realtà. Il contrasto al lavoro nero è evidente e c’è stato”. Ma se il dato dell’Istat rispecchiasse la realtà? “Il Ministero del Lavoro – ha concluso Iannazzone – non ha detto di trascurare i controlli. Forse il Molise ha bisogno di un maggior numero di Ispettori”. La Regione Molise – secondo il direttore regionale del Lavoro – non ha avuto nessun apporto di maggiori risorse umane”. Ed ecco il punto centrale: “se il Molise avesse più risorse umane potrebbe assicurare maggiori controlli”. Il dato Istat è sicuramente un bel primato (negativo) per un’isola felice come il Molise. Una definizione che questa Regione deve sopportare da diversi anni. Sembra una parola magica. Da utilizzare per mettere sotto al tappeto i tanti e gravi problemi. Come le infiltrazioni malavitose presenti in questa Regione. L’ex presidente della commissione antimafia Giuseppe Lumia, minacciato di morte dalla mafia, si è così espresso sul Molise: “le mafie sono arrivate. La ‘ndrangheta, la sacra corona unita, la cosiddetta “società foggiana” che è quella realtà pugliese che ha una sua consistenza, la camorra”. Opera anche nel Basso Molise la “cosiddetta società foggiana”? Che legami ha con il lavoro nero in quelle campagne? Quali sono gli affari che conduce la sacra corona unita in questi territori? E’ possibile proteggere questa Regione da questi delinquenti che si fanno forti sulla paura delle persone? Insieme a queste risposte fondamentali, sarebbe opportuno e dignitoso spendere anche una parola per la signora Radu e per sua figlia. Anche dopo mesi di silenzio. Il dovere delle Istituzioni è anche quello di dare il buon esempio. Colpendo un sistema che si poggia sull’illegalità e offrendo protezione e sostegno a chi ne ha bisogno. Il silenzio, a volte, potrebbe essere interpretato in maniera sbagliata. Soprattutto da chi è abituato a servirsi del lavoro nero. Non è mai troppo tardi per comportarsi da Istituzione.
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