Articolo 21 - INTERNI
Lavoro, panzane d’agosto
di Domenico d'Amati
Nel dibattito sulle nuove norme in materia di lavoro recate dalla manovra d'agosto, autorevoli commentatori si sono lasciati andare a pesanti castronerie che e' da augurarsi siano dettate soltanto dall'ignoranza e non anche dalla malafede. Si e' detto, per esempio, che la precedente legislazione non consentiva ad una azienda in crisi economica o con esigenze strutturali di effettuare licenziamenti. Non e' vero. Le riduzioni di personale sono disciplinate dalla legge n.233 del 1991 che consente l'eliminazione dei cosiddetti esuberi e si limita a richiedere all'azienda di informare preventivamente le organizzazioni sindacali ed il Ministero del Lavoro della portata e delle ragioni del licenziamento collettivo, nonché di applicare criteri oggettivi nella scelta del personale da licenziare. Una normativa che e' stata interpretata dalla giurisprudenza in base al criterio del rispetto della discrezionalità in materia organizzativa e che ha consentito alle imprese italiane di ridurre drasticamente i costi del personale. Per giunta la legge 233 del 1991 e' stata introdotta in applicazione di una direttiva dell'Unione Europea. Non e' chiaro che fine farà questa legge, ma e' certo che, ove alle nuove norme dovesse attribuirsi una facoltà di deroga, consentendo, per esempio, di non applicare criteri oggettivi nella scelta dei licenziandi, essa risulterebbe in contrasto anche con la normativa europea e per ciò solo incostituzionale.
Altra panzana propinata ai telespettatori e' che, per effetto dell'articolo 18, non fosse possibile licenziare un lavoratore che, durante un'assenza per malattia, si fosse dedicato ad attività di istruttore di ginnastica in una palestra. La giurisprudenza e' ferma nel ritenere legittimo il licenziamento del furbo che danneggia il duo datore di lavoro abusando dei suoi diritti.
Il fatto che si ricorra a simili argomenti significa che le reali ragioni della manovra d'agosto vanno rinvenute nel desiderio di riportare indietro l'orologio della storia, riaffermando la legge del più forte e lasciando il lavoratore alla merce' di compiacenti intese aziendali, sottoscritte da rappresentanze di comodo, laddove per il sistema giuridico italiano certe garanzie fondamentali non possono essere intaccate neanche dalla contrattazione nazionale. Alle "specifiche intese" previste dall'articolo 8 del decreto legge si vuole attribuire il potere di disporre non solo sulle conseguenze dei licenziamenti illegittimi, ma anche in una serie di altre materie, come i contratti a termine e le mansioni. Ma questa mano libera e' vietata dalla nostra costituzione e dalla Carta Europea che tutelano i diritti fondamentali dei lavoratori.
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