di Nella Condorelli*
«Non è possibile chiamarla fatalità, è solo una tragedia annunciata. Tutti sapevano che il palazzo era pieno di lesioni e pericolante». Ci risiamo, il “palazzo” di cui stiamo leggendo non è il “Palazzo” della politica e le “lesioni” non sono quelle simboliche a rappresentanza di un progressivo svuotamento di senso che ci opprime da tempo, ma più concretamente - e certo altrettanto tristemente -, è la palazzina di Barletta crollata ieri, in orario di lavoro, seppellendo una ragazzina e quattro operaie che nel sottoscala adibito a maglieria si guadagnavano il pane. Lavorando a nero, senza contratto, dicono adesso i parenti, stretti insieme all’obitorio.
Emanuela Antonucci, 31 anni, l’unica estratta viva dalle macerie, è incinta di cinque mesi: abitava al primo piano dello stabile, lavorava nello scantinato, e forse su quella rampa di scale aveva trovato il modo di conciliare i suoi tempi della vita.
Mariella Fasanella, 37 anni, è morta in ospedale: per sette ore, dal ventre oscuro delle macerie, riparata da una macchina da cucire, aveva continuato a rispondere ai soccorritori che l’incitavano a resistere, “Mariella, Mariella!!”. Maria Cinquepalmi, 14 anni, figlia di titolari del maglificio, era appena tornata da scuola: il crollo l’ha uccisa mentre scendeva giù, a salutare i genitori, “come faceva sempre”, racconta una parente in lacrime.
Delle altre due vittime, sino a notte fonda di ieri, lunedi 3 ottobre, non si conoscevano ancora ufficialmente i nomi, e all’alba del giorno dopo, per una di loro, il riserbo durava ancora: impossibile estrarla dalle macerie.
Nell’Italia televisiva appiattita urbi et orbi sulla sentenza di Perugia per l’omicidio di Meredith Kerchner la tragedia di Barletta non ha avuto l’onore della notizia di apertura. Eppure, la storia tracciata dalla morte di queste quattro donne e una ragazzina chiama in causa l’intera coscienza del Paese.
Sono morte sul lavoro, le operaie di Barletta, non sappiamo se per fatalità ma certo per la colpevole indifferenza che in questa Italia 2011 schiaccia come pesante nebbia la nostra quotidianità di cittadine, e cittadini, titolari di diritti. Devastando solidarietà, assolvendo responsabilità.
Sono morte insieme, strette alle macchine, le immagino ai telai elettrici, con le spolette che vanno su e giù, i modelli da copiare, amiche come si è amiche tra donne, lavoro da consegnare, chiacchere, appuntamenti, un paese che sfila fuori dall’uscio, gli uomini, le feste, la Pasqua, il Natale, il mare.
Sono morte in un attimo, seppellite in una nuvola di fumo e di calce sbriciolata, nel rumore cupo, più forte di un tuono, che si è portato dietro il loro futuro di donne giovani.
Sono morte operaie. Salario a nero, senza contratto. Che strazio, e che responsabilità, per noi donne, per noi giornaliste che alla condizione femminile, alle notizie ed alle lotte per l’uguaglianza dedichiamo il nostro quotidiano. Che beffa amara per il Paese distratto, per i cultori e le cultrici del presente senza condizioni, per gli e le mentori dell’apparenza che dribbla lo stato delle cose con meschina eleganza.
Diranno le inchieste quali i confini e le responsabilità private e pubbliche del crollo, e se si sarebbe potuto evitare, ma intanto questa tragedia riporta in primo piano anche una parola “operaie” ed una condizione “ la condizione operaia” che in molti, troppi, si affannano a pretendere tramontata, piena degli echi di un tempo già superato dal veloce scorrere della Storia. Invece No, è qui, è il presente.
Non dimentichiamo le giovani donne di Barletta, operaie e figlie di un maglificio alloggiato nello scantinato di una palazzina pericolante, vittime del lavoro. Deve essere il diritto alla vita, il diritto ad avere diritti, a farsi beffe della morte, non il contrario.
In un messaggio al sindaco di Barletta, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha scritto «L'inaccettabile ripetersi di terribili sciagure, laddove si vive e si lavora, impone l'accertamento rigoroso delle cause e delle responsabilità, e soprattutto l'impegno di tutti, poteri pubblici e soggetti privati, a tenere sempre alta la guardia sulle condizioni di sicurezza delle abitazioni e dei luoghi di lavoro con una costante azione di prevenzione e vigilanza». Siamo con lui, interamente.
* Women in the city