Articolo 21 - IDEE IN MOVIMENTO
Le contraddizioni della Lega
di Nicola Tranfaglia
Nell’inerzia della maggioranza parlamentare del governo che si produce soltanto in tentativi di fuga in avanti come è sicuramente la legge oscurantista sulle intercettazioni telefoniche e la segretezza delle indagini, le contraddizioni più impreviste esplodono. Le ultime due: Maroni a favore del referendum per l’abrogazione della legge elettorale vigente (nota come il porcellum) e per elezioni più vicine. Tremonti che alla riunione Ecofin a Lussemburgo dice che la Spagna sta meglio perché Zapatero ha indetto le elezioni e ha annunciato che non si ripresenta.
Ma ce ne saranno ancora, senza dubbio, nelle prossime settimane, mentre si consuma con insopportabile lentezza l’inevitabile tramonto di Berlusconi e l’affondamento del suo ineffabile governo di ministri fortemente inadeguati.
Le ragioni di questa esplosione vanno, tuttavia, spiegate a chi ha ancora un minimo di interesse per questa politica così contraddittoria e degradata.
La prima riguarda le contraddizioni della Lega Nord che ha un leader azzoppato e pressato dai suoi consiglieri ma di sicuro non più in condizioni di guidare come in passato le sue truppe.
La lotta per la successione è in corso: Calderoli rappresenta la continuità bossiana, Maroni è invece la successione movimentista, sempre razzista e secessionista, ma più disposta a mettere in discussione - non si sa quando e come - il rapporto di ferro tra due leader ormai alla fine della loro carriera come Bossi e Berlusconi.
Per ora non vincerà nessuno dei due ma sarà di qualche interesse vedere le contraddizioni interne di un movimento che al Nord sta facendo nuove iscrizioni e seguaci sulla base dell’Unione Padana Alpina di Giancarlo Pagliarini e altri.
Vero è che la Lega Nord ha perduto la grande occasione dei suoi primi anni ottanta e novanta e non riesce, mentre Bossi sta male, a ritrovare un indirizzo capace di ritornare ad essere un movimento popolare che percepisce sentimenti ed esigenze di una parte rilevante del paese.
Non riesce ad avere una linea chiara, dopo aver sostenuto per troppo tempo un populista e patrimonialista come Silvio Berlusconi, diventandone, nello stesso tempo, l’alleato parassitario e il seguace fin troppo diligente.
Qualcuno dirà che, accanto alla crisi della Lega, c’è quella del PDL che, per certi versi, è ancora più grave. Ma dubito di questo confronto perché il PDL è un classico partito plebiscitario che dipende in tutto e per tutto dal destino del suo leader.
Il PDL starà in piedi e prenderà voti in Italia fino a quando Silvio Berlusconi starà in politica e si presenterà alle elezioni. Ora non sappiamo ancora quando finirà l’attuale legislatura e quando avremo le prossime elezioni politiche.
Berlusconi non sembra disposto a ritirarsi e non vediamo chi possa impedirgli di presentare di nuovo la sua leadership e la sua candidatura alle elezioni. Qualcuno prevede che la sua uscita che potrebbe essere vicina sarà traumatica come altre che abbiamo avuto negli ultimi decenni a cominciare da quella di Bettino Craxi.
Ma non sono sicuro che avverrà così, anche se sono ormai convinto che le elezioni ci saranno nel 2012 piuttosto che nell’anno successivo. E che questo dobbiamo augurarci per il bene dell’Italia.
Resta il fatto che il PDL non è un partito moderno, malgrado l’elezione dell’onorevole Angelino Alfano alla segreteria per scelta di Berlusconi.
E che dunque potrebbe crollare da un momento all’altro, anche se dobbiamo ricordare che il berlusconismo è ormai un aspetto rilevante dell’ideologia dominante e non sarà facile liberarsene.
E che l’opposizione parlamentare, per la presenza di leader e di partiti populisti al suo interno e per gli scontri tuttora aperti tra linee non sempre convergenti, non costituisce ancora un’alternativa efficace al berlusconismo.
Certo, esiste una forte opposizione sociale ma sappiamo da tempo che le forze, non organizzate o organizzate male, sono importanti ma non costituiscono una prospettiva sicura di governo nel nostro sistema politico.
Insomma la crisi è sempre più grave e complicata.
E’ sempre più urgente provvedere a interventi mirati e immediati per la crescita del paese e il futuro delle nuove generazioni.
In questa situazione sembra impossibile dover attendere ancora con questo governo fino alla primavera del 2013.
Ma ce ne saranno ancora, senza dubbio, nelle prossime settimane, mentre si consuma con insopportabile lentezza l’inevitabile tramonto di Berlusconi e l’affondamento del suo ineffabile governo di ministri fortemente inadeguati.
Le ragioni di questa esplosione vanno, tuttavia, spiegate a chi ha ancora un minimo di interesse per questa politica così contraddittoria e degradata.
La prima riguarda le contraddizioni della Lega Nord che ha un leader azzoppato e pressato dai suoi consiglieri ma di sicuro non più in condizioni di guidare come in passato le sue truppe.
La lotta per la successione è in corso: Calderoli rappresenta la continuità bossiana, Maroni è invece la successione movimentista, sempre razzista e secessionista, ma più disposta a mettere in discussione - non si sa quando e come - il rapporto di ferro tra due leader ormai alla fine della loro carriera come Bossi e Berlusconi.
Per ora non vincerà nessuno dei due ma sarà di qualche interesse vedere le contraddizioni interne di un movimento che al Nord sta facendo nuove iscrizioni e seguaci sulla base dell’Unione Padana Alpina di Giancarlo Pagliarini e altri.
Vero è che la Lega Nord ha perduto la grande occasione dei suoi primi anni ottanta e novanta e non riesce, mentre Bossi sta male, a ritrovare un indirizzo capace di ritornare ad essere un movimento popolare che percepisce sentimenti ed esigenze di una parte rilevante del paese.
Non riesce ad avere una linea chiara, dopo aver sostenuto per troppo tempo un populista e patrimonialista come Silvio Berlusconi, diventandone, nello stesso tempo, l’alleato parassitario e il seguace fin troppo diligente.
Qualcuno dirà che, accanto alla crisi della Lega, c’è quella del PDL che, per certi versi, è ancora più grave. Ma dubito di questo confronto perché il PDL è un classico partito plebiscitario che dipende in tutto e per tutto dal destino del suo leader.
Il PDL starà in piedi e prenderà voti in Italia fino a quando Silvio Berlusconi starà in politica e si presenterà alle elezioni. Ora non sappiamo ancora quando finirà l’attuale legislatura e quando avremo le prossime elezioni politiche.
Berlusconi non sembra disposto a ritirarsi e non vediamo chi possa impedirgli di presentare di nuovo la sua leadership e la sua candidatura alle elezioni. Qualcuno prevede che la sua uscita che potrebbe essere vicina sarà traumatica come altre che abbiamo avuto negli ultimi decenni a cominciare da quella di Bettino Craxi.
Ma non sono sicuro che avverrà così, anche se sono ormai convinto che le elezioni ci saranno nel 2012 piuttosto che nell’anno successivo. E che questo dobbiamo augurarci per il bene dell’Italia.
Resta il fatto che il PDL non è un partito moderno, malgrado l’elezione dell’onorevole Angelino Alfano alla segreteria per scelta di Berlusconi.
E che dunque potrebbe crollare da un momento all’altro, anche se dobbiamo ricordare che il berlusconismo è ormai un aspetto rilevante dell’ideologia dominante e non sarà facile liberarsene.
E che l’opposizione parlamentare, per la presenza di leader e di partiti populisti al suo interno e per gli scontri tuttora aperti tra linee non sempre convergenti, non costituisce ancora un’alternativa efficace al berlusconismo.
Certo, esiste una forte opposizione sociale ma sappiamo da tempo che le forze, non organizzate o organizzate male, sono importanti ma non costituiscono una prospettiva sicura di governo nel nostro sistema politico.
Insomma la crisi è sempre più grave e complicata.
E’ sempre più urgente provvedere a interventi mirati e immediati per la crescita del paese e il futuro delle nuove generazioni.
In questa situazione sembra impossibile dover attendere ancora con questo governo fino alla primavera del 2013.
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