di Giulia Fresca
«Questo Stato e questa regione ci devono dire cosa hanno intenzione di fare nei confronti della lotta alla mafia. Non è possibile fare sconti di pena e sostituire il lodo Alfano con un altro e ridare in mano ai mafiosi i beni confiscati. Mentre in Sicilia qualcosa sta cambiando, la Calabria è totalmente soggiogata alla ‘ndrangheta che è presente dappertutto. Sono i nostri politici che devono dirci cosa dobbiamo fare: se andarcene o soccombere. Questo perché nessuno ha risposto a quanto dichiarato dal presidente del Senato Renato Schifani, quando ha detto che “bisogna salvare la possibilità di vendere gli immobili confiscati”. Venderli a chi? Agli stessi ‘ndranghetisti, anziché costituire un’agenzia di gestione affinché ritornino alla collettività con l’uso sociale per aiutare quegli angeli con un’ala sola che sono i familiari delle vittime». Questo è stato l’accorato appello che don Antonino Vattiata (nella foto) e membro del coordinamento nazionale dell’associazione Libera di don Luigi Ciotti ci ha lanciato prima nelle festività natalizie nel corso di un incontro pubblico svoltosi a Cosenza. Un duro attacco che oggi pomeriggio, alla luce dell’attentato alla Procura Generale della Repubblica di Reggio Calabria e dopo l’arrivo in queste ore del Capo della Polizia Antonio Manganelli, vedrà Libera rinnovare il suo impegno contro ogni mafia e cultura mafiosa, con l’organizzazione di un sit in silenzioso a cui sono state invitate, per essere presenti, le forze sane della città. «Sosteremo in via degli Ottimati, davanti agli uffici della Procura – fa sapere Domenico Nasone del coordinamento reggino- per esprimere un segno di sentita vicinanza all'Istituzione intimidita, e per ribadire la nostra ferma volontà di isolare la criminalità mafiosa ed ogni forma di violenza. L'episodio è assolutamente grave soprattutto perché colpisce la nostra città questa volta nelle sue più alte istituzioni. Siamo certi che il lavoro della Procura, dei magistrati e di tutti gli operatori delle istituzioni, assieme all'impegno responsabile dei cittadini e delle diverse realtà sociali, riuscirà a sconfiggere la mafia». La situazione in Calabria è però davvero grave e lo si percepisce dall’aria che si respira. È una terra dalla doppia anima, una terra dai mille paradossi, una terra dove nulla è certezza. Oggi più che mai in Calabria si vive tutto quello che c’è di peggio in Italia elevato alla quinta potenza…dalla politica alla sanità, ai lavori pubblici, alla pubblica amministrazione, al mondo delle professioni, all’editoria. Si salva poco, troppo poco per essere preso in considerazione ed ogni voce dissonante diventa urlo soffocato. Ce lo aveva detto anche don Antonino Vattiata, urlando a gran voce per farsi sentire dalle telecamere e soprattutto dai centinaia di giovani dell’associazione Libera della Valle del Marro che li ospita dopo averli sottratti alla criminalità e sostiene i familiari delle vittime. «Anche noi, della Chiesa, dobbiamo fare autocritica-ha detto- e sebbene sia da loda la recente presa di posizione di Mons. Mariano Crociata segretario della CEI, nonché l'operato dei tanti sacerdoti che nel silenzio lavorano per sottrarre i giovani dalla tentazione di cadere nelle maglie della criminalità, non basta la scomunica e la condanna ma occorrono strumenti operativi che allontanino i mafiosi dai luoghi di culto e dalle processioni. C’è l'esigenza di strumenti operativi-pastorali per arginare il fenomeno mafioso da un punto di vista cristiano, e quindi limitare l'influenza dei mafiosi nelle manifestazioni religiose o nei vari comitati festa. Bisogna avere il coraggio di dirlo perché la connivenza Chiesa-‘ndrangheta c’è e non è più possibile tollerare oltre». In Calabria, bisogna “cambiare per restare” e purtroppo non si “resta per cambiare”, lo si vede dalla mancanza di reazione popolare, dalla mancanza di quella cultura del sociale che porta a rimanere “fermi, zitti e sordi”. È la mafia. Peggio è la ndrangheta che oggi più che mai, a tre mesi dalle elezioni regionali si insinua tra la gente del bisogno, tra coloro che hanno visto svanire il sogno del grande Porto di Gioia Tauro e che oggi vede 400 famiglie in ginocchio, quelli della Salerno-Reggio Calabria, quelli del “Ponte sullo Stretto”…quelli delle promesse e quelli delle mani tese a chiedere per campare. È qui che si nutre e vive la ‘ndrangheta e bisogna a volte dimenticare che le commistioni sono tante e tali da perdersi nei meandri delle carte, degli incarichi di partito, degli alti livelli dirigenziali delle agenzie regionali. Come dimenticare che il nuovo sostituto procuratore Francesco Mollace ha un fratello, Vincenzo Mollace, nominato Direttore Generale ARPACal?. La situazione è molto più complessa e molto meno banale di un semplice commento “è opera della ndrangheta!” Perché il punto è sempre lo stesso: la ‘ndrangheta chi è?