Articolo 21 - INTERNI
In ricordo di Don Enzo Mazzi
di Gianni Gennari
da Il mondo di Annibale
Don Enzo Mazzi…Un nome e una storia. Prete fiorentino parroco all’Isolotto, dove la vita non è mai stata facile per operai e casalinghe, famiglie modeste e spirito vivace come l’aria di Firenze nei secoli…Nel 1968 fu tra i primi ad avvertire che i fermenti del maggio francese, portati da noi anche in chiave ecclesiastica dall’estate burrascosa della “Humanae Vitae”, che ad alcuni apparve come un segno del ritorno a prima del Concilio Vaticano II, e la sua comunità in autunno espresse solidarietà all’occupazione del Duomo di Parma, iniziativa discutibile, e discussa molto, che parve come l’importazione di una sorta di rovesciamento della prospettiva ecclesiale, un cedimento alla democrazia di base… La guida della diocesi, a Firenze, era allora del cardinale Ermenegildo Florit, un biblista di antica scuola, che aveva visto con sorpresa e quasi scandalo gli eventi del Concilio, rigido e autoritario soprattutto quando si sentiva messo in questione da Roma. Non era mai stato molto vicino a Paolo VI, lui, e apparteneva a quella scuola teologica, giuridica e biblica romana – Ottaviani, Pizzardo, Canali, Palazzini, Parente, Piolanti, Spadafora ecc. – che aveva vissuto il pontificato di Montini come un pericolo di modernismo, e che proprio allora, nell’estate del 1968 si sentiva come rassicurata proprio perché con l’“Humanae Vitae” stava vivendo finalmente come una rivincita sui “fumi” d’Oltralpe che avevano guidato il Concilio intero. 1968 e Firenze: l’anno prima era morto un grande prete fiorentino, Don Lorenzo Milani, esiliato da quasi 15 anni proprio dall’incapacità di dialogo del cardinale Florit, che non lo aveva capito, e forse non lo aveva voluto capire fino agli ultimi giorni: troppo audace don Milani, troppo aperto ai poveri e ai giovani, troppo capace di scuotere le coscienze dei lontani provocando quelle dei vicini a conversione vera…Morto don Milani, ora arrivava anche Mazzi? La risposta di Florit fu durissima: ordine immediato di smentita della solidarietà con gli occupanti di Parma e adesione alla lettura degli eventi fatta dalla Curia! La risposta negativa fu occasione immediata di punizione secca: dimissioni dall’incarico di parroco e poi sospensione a divinis…Colpendo uno si pensava di domarne tanti? Non fu così. La comunità fiorentina fu scossa e ci vollero anni per recuperare equilibrio e solidarietà ecclesiale, ma la rottura con Don Mazzi e con l’Isolotto non fu mai superata. Nel 1977 arrivò a sorpresa l’annuncio delle dimissioni di Florit, imposte proprio da Paolo VI e il successore, arcivescovo e cardinale Giovanni Benelli cercò mediazione e tentò riconciliazione, con poco successo anche perché via via le posizioni di Don Mazzi si erano radicalizzate in senso politico e sociologico, oltre ciò che toccava la visione biblica e catechistica sua e della comunità. Celebri le discussioni sul Catechismo, sulla Messa non autorizzata in piazza, sul metodo democratico di guida della comunità resistente e residua, sull’etica sessuale e dei cosiddetti “generi”, e anche alcune letture di eventi e dottrina cattolica in cui don Enzo andò visibilmente oltre i limiti non solo della disciplina, ma anche della adesione alla Chiesa in materia molto prossima – secondo una terminologia tradizionale – alla stessa verità di fede…
A differenza del suo grande confratello, don Milani, e di altri pionieri della fede nella chiesa fiorentina, forse don Mazzi si è lasciato strumentalizzare da forze che con la Chiesa fiorentina non avevano alcuna prossimità, e fu autore di dichiarazioni e azioni di rottura vera e propria anche in materie importanti come i sacramenti e la dottrina morale di fondo…Ha tenuto duro – lui – fino alla fine. Non ci siamo mai incontrati direttamente di persona, e talora ho avuto modo di manifestare le mie critiche a qualche sua posizione…Non so se negli ultimi tempi ci sia stata qualche riconciliazione con la Chiesa fiorentina, e avrei piacere di apprenderlo. Don Milani tenne duro anche lui, ma soltanto su posizioni opinabili e in materia non di fede, e per quanto riguarda questa, la fede, e la sua fedeltà disse esplicitamente che viveva e voleva vivere fino in fondo “nella Chiesa e per la Chiesa”, e perciò – paradossalmente e alla lettera – che preferiva “avere torto con la Chiesa piuttosto che avere ragione senza di Essa”. E’ – mi preme dirlo in questo opinabilissimo e personale punto di vista – la posizione di tutti i veri “profeti” della storia della Chiesa cattolica, e anche di quella fiorentina, forse da Savonarola in poi. Tra i recenti oltre a Don Milano ricordo Giorgio Lapira, Mario Gozzini, padre Balducci, Don Bensi, Don Facibeni e tanti altri. Ora Don Enzo Mazzi è in pace…La sua buonafede – lo si può sperare – vale una pace e una riconciliazione che va oltre le cronache, nell’eternità della ricerca della giustizia e della liberazione universale…
Don Enzo Mazzi…Un nome e una storia. Prete fiorentino parroco all’Isolotto, dove la vita non è mai stata facile per operai e casalinghe, famiglie modeste e spirito vivace come l’aria di Firenze nei secoli…Nel 1968 fu tra i primi ad avvertire che i fermenti del maggio francese, portati da noi anche in chiave ecclesiastica dall’estate burrascosa della “Humanae Vitae”, che ad alcuni apparve come un segno del ritorno a prima del Concilio Vaticano II, e la sua comunità in autunno espresse solidarietà all’occupazione del Duomo di Parma, iniziativa discutibile, e discussa molto, che parve come l’importazione di una sorta di rovesciamento della prospettiva ecclesiale, un cedimento alla democrazia di base… La guida della diocesi, a Firenze, era allora del cardinale Ermenegildo Florit, un biblista di antica scuola, che aveva visto con sorpresa e quasi scandalo gli eventi del Concilio, rigido e autoritario soprattutto quando si sentiva messo in questione da Roma. Non era mai stato molto vicino a Paolo VI, lui, e apparteneva a quella scuola teologica, giuridica e biblica romana – Ottaviani, Pizzardo, Canali, Palazzini, Parente, Piolanti, Spadafora ecc. – che aveva vissuto il pontificato di Montini come un pericolo di modernismo, e che proprio allora, nell’estate del 1968 si sentiva come rassicurata proprio perché con l’“Humanae Vitae” stava vivendo finalmente come una rivincita sui “fumi” d’Oltralpe che avevano guidato il Concilio intero. 1968 e Firenze: l’anno prima era morto un grande prete fiorentino, Don Lorenzo Milani, esiliato da quasi 15 anni proprio dall’incapacità di dialogo del cardinale Florit, che non lo aveva capito, e forse non lo aveva voluto capire fino agli ultimi giorni: troppo audace don Milani, troppo aperto ai poveri e ai giovani, troppo capace di scuotere le coscienze dei lontani provocando quelle dei vicini a conversione vera…Morto don Milani, ora arrivava anche Mazzi? La risposta di Florit fu durissima: ordine immediato di smentita della solidarietà con gli occupanti di Parma e adesione alla lettura degli eventi fatta dalla Curia! La risposta negativa fu occasione immediata di punizione secca: dimissioni dall’incarico di parroco e poi sospensione a divinis…Colpendo uno si pensava di domarne tanti? Non fu così. La comunità fiorentina fu scossa e ci vollero anni per recuperare equilibrio e solidarietà ecclesiale, ma la rottura con Don Mazzi e con l’Isolotto non fu mai superata. Nel 1977 arrivò a sorpresa l’annuncio delle dimissioni di Florit, imposte proprio da Paolo VI e il successore, arcivescovo e cardinale Giovanni Benelli cercò mediazione e tentò riconciliazione, con poco successo anche perché via via le posizioni di Don Mazzi si erano radicalizzate in senso politico e sociologico, oltre ciò che toccava la visione biblica e catechistica sua e della comunità. Celebri le discussioni sul Catechismo, sulla Messa non autorizzata in piazza, sul metodo democratico di guida della comunità resistente e residua, sull’etica sessuale e dei cosiddetti “generi”, e anche alcune letture di eventi e dottrina cattolica in cui don Enzo andò visibilmente oltre i limiti non solo della disciplina, ma anche della adesione alla Chiesa in materia molto prossima – secondo una terminologia tradizionale – alla stessa verità di fede…
A differenza del suo grande confratello, don Milani, e di altri pionieri della fede nella chiesa fiorentina, forse don Mazzi si è lasciato strumentalizzare da forze che con la Chiesa fiorentina non avevano alcuna prossimità, e fu autore di dichiarazioni e azioni di rottura vera e propria anche in materie importanti come i sacramenti e la dottrina morale di fondo…Ha tenuto duro – lui – fino alla fine. Non ci siamo mai incontrati direttamente di persona, e talora ho avuto modo di manifestare le mie critiche a qualche sua posizione…Non so se negli ultimi tempi ci sia stata qualche riconciliazione con la Chiesa fiorentina, e avrei piacere di apprenderlo. Don Milani tenne duro anche lui, ma soltanto su posizioni opinabili e in materia non di fede, e per quanto riguarda questa, la fede, e la sua fedeltà disse esplicitamente che viveva e voleva vivere fino in fondo “nella Chiesa e per la Chiesa”, e perciò – paradossalmente e alla lettera – che preferiva “avere torto con la Chiesa piuttosto che avere ragione senza di Essa”. E’ – mi preme dirlo in questo opinabilissimo e personale punto di vista – la posizione di tutti i veri “profeti” della storia della Chiesa cattolica, e anche di quella fiorentina, forse da Savonarola in poi. Tra i recenti oltre a Don Milano ricordo Giorgio Lapira, Mario Gozzini, padre Balducci, Don Bensi, Don Facibeni e tanti altri. Ora Don Enzo Mazzi è in pace…La sua buonafede – lo si può sperare – vale una pace e una riconciliazione che va oltre le cronache, nell’eternità della ricerca della giustizia e della liberazione universale…
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