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Articolo 21 - ESTERI
Un campo di tiro chiamato Somalia
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di Shukri Said*

Un campo di tiro chiamato Somalia

L’ingresso delle truppe keniote in Somalia da una settimana in qua sta ricevendo importanti appoggi dai paesi occidentali. Domenica scorsa, infatti, la Francia ha dato il suo contributo all’iniziativa del paese africano bombardando con le sue navi da guerra il porto di Kismayo e quello poco più a sud di Kadha da cui partono verso i Paesi del Golfo le navi cariche del carbone vegetale prodotto con la deforestazione delle aree del centro sud della Somalia con effetti negativi anche sul clima.
Anche gli Stati Uniti hanno espresso il loro apprezzamento per le operazioni militari del Kenya e prestano assistenza con i droni che a loro volta bombardano obiettivi di Al Shabaab.

In quelle acque incrociano stabilmente sette navi da guerra occidentali, francesi e americane in testa, con il compito ufficiale di vigilare contro gli atti di pirateria ma, in realtà, anche per proteggere le attività di pesca a strascico e di scarichi tossici da parte dei paesi occidentali, lungo tutta la costa somala, dal confine col Kenya sino al Golfo di Aden.
La Francia,tramite il portavoce dell’Ambasciata francese in Kenya, Mr. Thierry Burkhard nega i bombardamenti ammettendo solo il supporto all’intervento keniota, ma il governo di Odinga conferma che la Francia ed altri paesi occidentali partecipano alle operazioni militari.

Intanto le minacce di Al Shabaab al Kenya cominciano a tradursi in realtà. Già due bombe sono esplose a Nairobi, nel popoloso quartiere di Riveroad, procurando numerosi feriti. La polizia sta facendo controlli a tappeto tra i residenti di origine somala.
A Mogadiscio il Presidente di transizione della Repubblica somala Sheikh Sharif Ahmed, dopo che nei giorni scorsi aveva negato l’invasione keniota nonostante l’evidenza, l’altro ieri ha parlato alla stampa affermando che le istituzioni di transizione non hanno mai autorizzato lo sconfinamento del Kenya essendosi limitate a chiedere collaborazione e supporto alle truppe del Governo Federale di Transizione (TFG). Egli ha quindi invitato il Kenya a ritirarsi immediatamente.

In effetti le operazioni militari del Kenya hanno colto di sorpresa gli osservatori che appena il 30 settembre scorso avevano preso atto della risoluzione n. 2010 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU con la quale si prorogava al 31 ottobre 2012 e si potenziava la missione AMISOM organizzata dall’Unione Africana con truppe burundesi e, soprattutto, ugandesi per arginare Al Shabaab ed altrettanta sorpresa hanno provato i somali, per nulla inclini ad accettare invasioni di truppe straniere: ne sanno qualcosa gli etiopi che entrati in Somalia nel 2006 per sostenere il TFG, videro accendersi nei loro confronti una furibonda reazione dei Signori della guerra.

Le parole del Presidente di transizione Ahmed volevano evidentemente tranquillizzare i somali preoccupati dalle mosse improvvise e impreviste del Kenya, ma proprio da qui è partita una pesante bordata al prestigio del Presidente Ahmed. Il Kenya, infatti, con una nota ha precisato di aver ricevuto un’espressa richiesta di aiuto da parte delle istituzioni di transizione somale e di aver mandato a Mogadiscio, all’inizio della settimana scorsa, i ministri della difesa e quello degli esteri che, a seguito di colloqui con lo stesso Presidente transitorio Ahmed e con il Primo Ministro Abdiweli Mohamed Ali, hanno raggiunto un accordo sulle modalità di ingresso delle truppe keniote.

Che dopo appena una settimana Ahmed si rimangi tutto e dica che non ne sapeva nulla “fa ridere e dimostra solo la sua inaffidabilità” ha detto il governo keniota precisando che mai avrebbe messo piede in Somalia senza autorizzazione.
Anche dall’interno, però, arrivano smentite alle amnesie del Presidente Ahmed.
Il capo della milizia delle regioni meridionali Ahmed Madowe si è detto sconcertato dalle parole del Presidente confermando l’invito somalo alle truppe keniote ad intervenire e il gradimento delle popolazioni del sud della Somalia che, in tal modo, intendono liberarsi degli Shabaab.

Recentemente, invero, tre regioni meridionali somale, Basso Giuba, Medio Giuba e Gedo, si sono consorziate in un’unica struttura amministrativa ( la cui nascita è stata decisa in Kenya) denominata Azania, guidata dal franco-somalo Prof. Mohamed Abdi Ghandi. Il progetto è quello di applicare nel meridione la stessa autonomia che il Puntland e il Somaliland hanno conseguito nel nord del paese. La sana amministrazione di Azania dovrebbe poi estendersi sempre più su, verso Mogadiscio, conquistando altre regioni al ripristino della legalità. Ghandi è anche un deputato del Parlamento di transizione ed è stato per un breve periodo ministro della difesa del TFG.

Azania ha avuto il placet alla sua nascita da parte del Presidente Ahmed.
Con l’ultimo discorso rilasciato alla stampa, quest’ultimo, in un colpo solo, sembra disconoscere non solo gli accordi appena raggiunti con il Kenya, ma anche quelli stretti con gli esponenti di Azania che fanno parte del TFG posto sotto la sua influenza con rischio di fratture interne.
La scarsa chiarezza intorno alle operazioni militari del Kenya in Somalia fanno ritenere che, in realtà, sia stato il Kenya ad insistere con le autorità somale per conseguire, ottenendola, l’autorizzazione ad inseguire gli Shabaab in Somalia. I fondamentalisti erano infatti ritenuti responsabili dei rapimenti ed uccisioni in territorio keniota dei turisti e volontari delle ONG creando un danno al turismo stimato in un miliardo di dollari. Né la Francia, evidentemente, ha voluto rimanere inerte rispetto all’uccisione di Marie Dedieu e suo marito aggrediti nell’arcipelago keniota di Lamu.

A queste iniziative già in corso vanno poi sommate le richieste all’ONU di Tanzania, Seychelles ed Etiopia di poter compiere propri interventi militari in Somalia senza il vincolo di AMISOM sicché il numero delle truppe che opererebbero in Somalia potrebbe salire di qui a breve ad un numero impressionante.
E’ facile comprendere come i militari, in casa somala, non indosseranno le pattine e le conseguenze per la popolazione civile, già stremata dalla carestia più grave degli ultimi sessant’anni, saranno inevitabilmente tremende.

*fondatrice dell'Associazione Migrare – www.migrare.eu


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