di redazione*
Purtroppo gli avvenimenti africani hanno sempre pochissima attenzione. Qualche fiammata di pietismo, in occasione di eventi “stupefacenti”, e poi tutto finisce. Anche noi, purtroppo, non abbiamo gli strumenti e le competenze per seguire con costanza l’Africa. Qualcosa abbiamo fatto, molto poco. Pensiamo di essere utili però anche rilanciando qualcosa di altri, questa volta dell’agenzia vaticana FIDES, sul dramma dei profughi somali.
Dopo la siccità, le piogge torrenziali stanno aggravando la situazione dei rifugiati somali, in patria e all’estero. Secondo quanto riferisce l’Alto Commissariato ONU per i Rifugiati (UNCHR), nel complesso dei campi profughi presso Dadaab (in Kenya, al confine con la Somalia), circa 5.000 rifugiati hanno perso le loro abitazioni a causa delle inondazioni.
“La situazione umanitaria risente inoltre dell’offensiva militare avviata dal Kenya in Somalia contro gli Shabab. Le nostre operazioni ne risentono, perché la sicurezza non è ancora pienamente garantita” dice all’Agenzia Fides Suzanna Tkalec, operatrice del Catholic Relief Services (CRS), responsabile di Caritas Somalia.
“Il 1° novembre abbiamo partecipato a Nairobi ad una riunione organizzata dall’UNHCR allo scopo di fare il punto della situazione a Dadaab” continua Suzanna Tkalec. “A causa delle operazioni militari, al momento rimangono a Dadaab l’UNHCR e le autorità keniane, che però sono in grado di assicurare solo le attività essenziali: distribuzione di cibo e di acqua, assistenza medica di base. La prevista apertura di nuovi campi è al momento sospesa. Entro 2 o 3 settimana si potranno avere maggiori informazioni sulla sicurezza a Dadaab, mentre i nostri operatori sono sul posto per vedere come riprendere le nostre attività di assistenza, al di là di quelle che stiamo attuando”.
Per quanto riguarda l’interno della Somalia, la rappresentante della Caritas afferma che “le operazioni militari hanno aggravato la situazione umanitaria. Il governo del Kenya si dimostra fiducioso su una rapida conclusione dell’intervento della proprie truppe in Somalia. Da parte nostra stiamo valutando come organizzarci per rispondere alle attese della popolazione somala”.
La signora Tkalec aggiunge che “nel corso della riunione con le organizzazione umanitarie, i rappresentanti keniani hanno affermato che il governo di Nairobi, insieme al governo di transizione somalo, sta cercando di creare nel sud della Somalia delle ‘zone cuscinetto’, protette dall’AMISOM (la missione dell’Unione Africana in Somalia). Quando il livello di sicurezza in queste zone sarà sufficiente da garantire le operazioni umanitarie, l’UNHCR e le altre Ong vi si trasferiranno per assicurare i servizi di assistenza alla popolazione”.
“Il 9 novembre a Nairobi si terrà un incontro di tutte le diverse Caritas che operano a favore dei somali, per vedere come aumentare le nostre attività di assistenza, pur in una situazione così difficile e complessa” conclude Suzanna Tkalec.