di Alberto Baldazzi
Al via mercoledì 3 novembre il primo appuntamento con "Servizio pubblico", il nuovo programma di Michele Santoro che andrà in onda da una multipiattaforma tv, web, radio. Squadra che vince non si cambia. E quindi accanto a Santoro ritroveremo Marco Travaglio, Vauro, Giulia Innocenzi e Sandro Ruotolo che ha appena lasciato la Rai per iniziare la nuova esperienza televisiva. Ruotolo risponde ad alcune nostre domande sul nuovo format, e non solo.
Ruotolo, c’è un rapporto tra la crisi, quella che stiamo vedendo drammaticamente anche oggi sui mercati, tra la perdita di credibilità del Paese e la crisi dell’informazione e della Rai?
Il nesso è il deficit d’informazione, di informazione indipendente. Non possiamo dimenticare che fino a poche settimane fa per i ministri di questo governo tutto andava bene; poi all’improvviso a luglio abbiamo scoperto che tutto andava male. Da luglio, quindi stiamo vedendo i sorci verdi.
Servizio Pubblico, in onda da giovedì su multipiattaforma, cos’è, un modo per contarsi? Sarà il programma di quelli che sono “contro” o sono “per” pregiudizialmente? Come vi ponete di fronte a questa nuova avventura?
Ci poniamo come abbiamo sempre fatto: vogliamo raccontare i fatti. Certo, c’è poi una impostazione di base: dare voce a componenti della società che sono fuori dai media; Michele Santoro ha usato la metafora delle gru. Noi abbiamo un pezzo di quest’Italia che vive, che soffre e non è rappresentata dalla televisione generalista. Noi proviamo a dare voce a questi pezzi assai importanti, che sono poi uomini e donne di questo Paese.
Qualche giorno fa il magistrato Ingroia ha creato un vespaio definendosi “partigiano”, partigiano della Costituzione. Come si può definire un giornalista, rispetto alla deontologia, ai compiti della professione? Tu sei partigiano di qualcosa?
Io, intanto, sono iscritto all’Anpi….. e credo che dichiarare il proprio amore per la Costituzione, e la volontà di rispettare la Costituzione italiana, debba stare nel dna di ognuno di noi. Detto ciò, è certo che quando svolgo la mia professione, il mio codice è quello deontologico. Ci si può anche sbagliare, ma essenziale è la buona fede. Si devono controllare le notizie, ma le notizie vanno date.
Una previsione. Vedi un incontro, nel futuro lontano o prossimo, tra iniziative come quella che inizia giovedì, e la Rai, ovvero il “servizio pubblico”, con la “s” minuscola, in questa fase?
Noi abbiamo detto – Lo dice Michele, lo sostengo anch’io - che anche se siamo “fuori”, siamo Rai, ovvero esprimiamo l’idea di un’azienda di servizio pubblico. Il dramma è l’ingerenza dei partiti, e noi abbiamo voglia di combatterla. Noi dobbiamo avere un servizio pubblico indipendente e non succube della politica. Mi auguro che i centomila che hanno sostenuto finora la nostra iniziativa, si moltiplichino. L’informazione è percepita come un bene comune. La Rai incarna questo bene comune? Oggi come oggi, no. Speriamo di riuscire a costringerla a “rientrare” in questo bene comune nel futuro.
Network tv regionali è rivoluzione - di Sandro Parenzo / Rai asseconda diktat politica. Vertice autolesionista, no a trasmissione programma per miopia - di Nino Rizzo Nervo
APPUNTAMENTI: Questa sera, alle ore 20:30 presso la Sala Petrassi dell'Auditorium proiezione del documentario "148 Stefano. Mostri dell'inerzia", presentato in anteprima assoluta nella sezione Eventi Speciali al Festival internazionale del Film di Roma