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Quell'incontro di Napolitano con le Chiese evangeliche completamente oscurato
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di Gian Mario Gillio*

Quell'incontro di Napolitano con le Chiese evangeliche completamente oscurato È stata una gran bella giornata quella del 22 novembre, quando la Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei) è stata ricevuta al Quirinale. L’occasione era quella di aprire, alla presenza del Capo dello Stato, il convegno dal titolo «Il Protestantesimo nell’Italia di oggi. Vocazione, testimonianza, presenza». Incontro dal sapore interconfessionale, quel giorno infatti erano stati invitati dalla Fcei anche alcuni rappresentanti delle diverse religioni che compongono il mosaico delle fedi presenti nel nostro Paese. Tra gli altri, Renzo Gattegna, presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane, Mariangela Falà dell’Unione buddhista italiana, Franco Di Maria dell’Unione induista italiana, oltre ai rappresentanti e ai presidenti delle chiese membro della Federazione evangelica (luterani, valdesi, metodisti, esercito della salvezza, battisti, comunione delle chiese libere, Chiesa apostolica italiana, la comunità evangelica di confessione elvetica di Trieste, la St. Andrew’s Church of Scotland) che insieme rappresentano una popolazione evangelica di circa 65mila persone, non poca cosa.

A introdurre la giornata dei lavori al Quirinale è stato il presidente della Fcei, pastore Massimo Aquilante, che nel saluto rivolto al presidente Napolitano ha citato la campagna «L’Italia sono anch’io», della quale la Fcei è uno dei 19 enti promotori. Facendo riferimento alle due leggi di iniziativa popolare promosse dalla campagna – l’introduzione dello ius soli e del voto nelle consultazioni elettorali locali per gli immigrati – ricordando che una vera politica di integrazione è impensabile senza questi fondamentali diritti, Aquilante ha auspicato che «il Parlamento possa recepire le due proposte entro il termine della presente legislatura».

Il presidente Napolitano intanto seguiva con vivo interesse appuntandosi stimoli e proposte ricevute, e così ha fatto anche per gli interventi successivi: la lezione della professoressa Elena Bein Ricco: «Lo Stato democratico laico – ha detto – non rimuove a priori le diversità dallo spazio pubblico, anzi le valorizza, promuovendo l’interazione tra fedi, valori, tradizioni differenti, ed è neutrale nel senso di garantire, come arbitro imparziale, che tutte le concezioni possano partecipare al dibattito, impedendo al tempo stesso che una prevarichi le altre». Lezione che anticipava l’ultima relazione, quella del filosofo Mario Miegge sul «patto sociale». Un percorso storico incentrato sull’emancipazione di valdesi ed ebrei – cioè il riconoscimento dei loro diritti civili – avvenuto nel Piemonte sabaudo nel 1848, una data simbolo del Risorgimento italiano. «Le chiese e comunità che fanno parte della Fcei – ha affermato Miegge nel suo discorso – sono da sempre e prioritariamente impegnate nella lotta a favore della libertà religiosa, di coscienza e di culto. E intendono riaffermare il nesso inscindibile tra libertà religiosa e cittadinanza».

A sorpresa, mentre Miegge incalza Napolitano con affettuosa complicità, il Capo dello Stato si rivolge al consigliere, il quale sussurra al cerimoniere che dà indicazioni alla lettrice. Un sussulto scuote la sala, forse il presidente della Repubblica prende la parola. Non era affatto scontato: la lettrice annuncia l’intervento di Napolitano: «Mi auguro che in Parlamento si possa affrontare anche la questione della cittadinanza ai bambini nati in Italia da immigrati stranieri. È un’assurdità e una follia che dei bambini nati in Italia non diventino italiani. Non viene riconosciuto loro un diritto fondamentale. I bambini hanno questa aspirazione». Napolitano apre poi – prendendo spunto da un’affermazione di Miegge – una riflessione sulla situazione politica nel nostro Paese con la nascita del governo Monti: «Non penso che il mare tempestoso in cui fino a ieri ci siamo mossi sia diventato una tavola: avremo ancora un mare incrinato, mosso, ma credo che ci siano le condizioni per una maggiore obiettività nel confronto tra gli schieramenti politici».

Parole importanti quelle di Napolitano, che accendono i riflettori sulla giornata. Agenzie, prime pagine web di tutti i quotidiani, i Tg danno la notizia come seconda per importanza dopo la visita di Monti a Bruxelles. Un «ma» e un rammarico: l’incontro con le Chiese evangeliche, da esse fortemente voluto, ha avuto solo pochi accenni sui media e, come spesso accade, la notizia al massimo cita che «a margine del convegno... Napolitano ha detto...». Solo poche eccezioni, come l’Unità, Articolo 21 e Rai News. Corradino Mineo invita Aquilante il giorno del Convegno al Quirinale, intervistandolo su vari temi di attualità e ricordando l’importanza dell'incontro; ma anche dopo, seguendo la notizia che esplode come una bomba, si ricorderà sempre di citare come è nata. Questo è giornalismo. Il resto dei media approfitta: la polemica con la Lega scatenata dopo l’affermazione sulla cittadinanza di Napolitano, il ruolo dell’impegno cattolico dopo Todi, anche su questi temi. Della presenza evangelica e dell’impegno di queste Chiese neanche un accenno. Il Capo dello Stato, seppur citando il nuovo ministro Riccardi come garante di un fattivo impegno sociale, stupisce tutti nuovamente e anticipa stravolgendo i lenti ritmi della politica. Riccardi su la Repubblica del giorno seguente dirà: «Prima di ricevere questo incarico avevo già deciso di parlare di integrazione. Lo faccio ora a maggior ragione». Grazie Presidente Napolitano, le sue mosse sono sempre provvidenziali!
*direttore di Confronti


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