Articolo 21 - ESTERI
La Repubblica islamica all'assalto dell'occidente
di Ahmad Rafat
I diplomatici europei che hanno visitato le due sedi diplomatiche britanniche assaltate nei giorni scorsi nella capitale della Repubblica Islamica, hanno dichiarato di essere stati “scioccati”. Figuriamoci quanto sono rimasti “scioccati” nell’apprendere la notizia dell’assalto all’ambasciata britannica da parte di studenti e presunti tali, gli iraniani, che ancora subiscono le conseguenze di un gesto simile nel lontano 1979. Il 4 novembre del 1979, altri studenti e presunti tali, assalirono l’ambasciata statunitense a Teheran, tenendo come ostaggi 52 diplomatici americani per 444 giorni. Sono 32 anni che gli iraniani pagano le conseguenze di quel gesto insensato, che aprì le porte a una guerra, quella con l’Iraq, durata per ben 8 anni, e vide uscire dalla scena politica i moderati islamici, le forze liberali e l’intera sinistra. La presenza di comandanti dei Pasdaran e del Basij, le milizie islamiche, nell’assalto alle sedi diplomatiche britanniche è evidente: sono ritratti nelle foto pubblicate dalle agenzie filo governative di Teheran.
I siti vicini al presidente Mahmoud Ahmadinejad definiscono l’attacco “sospetto” e chiamano in causa il sindaco della capitale, l’ex generale Mohammad Bagher Ghalibaf. Di sicuro il governo si trova in grande imbarazzo per l’assalto alle sedi diplomatiche britanniche. Qualche giorno prima dell’assalto, il parlamento iraniano aveva votato, a maggioranza assoluta, una mozione nella quale si chiedeva al governo di ridurre le relazioni diplomatiche con la Gran Bretagna e di invitare l’ambasciatore di Londra a lasciare il paese. Il governo aveva “ignorato” la mozione, manifestando di non volere ridimensionare le relazioni con la Gran Bretagna. L’azione di forza degli studenti basiji e i loro istigatori-protettori nasconde obiettivi precisi che vanno ben oltre una semplice reazione rabbiosa di un gruppo di giovani.
Già due giorni prima dell’assalto, alcune agenzie di notizie vicine all’Ayatollah Seyyed Ali Khamenei, la Guida Suprema, avevano “previsto” una reazione da parte di “giovani coraggiosi” contro “la vecchia volpe del colonialismo” (qualcosa che equivale alla “perfida albione”). In realtà la “guerra” contro il governo di Sua Maestà, è iniziata nel mese di settembre, quando furono arrestati sei documetaristi, uno dei quali ancora in carcere e cinque in libertà dietro cauzione, con l’accusa di essere “spie” di Londra. La loro unica “colpa” era quella di aver venduto i diritti di trasmissione dei loro documentari non politici alla BBC.
L’obbiettivo dell’assalto non è però la Gran Bretagna, ma l’intera Unione Europea. Negli ultimi mesi, tanto l’Unione Europea quanto le Nazioni Unite ed altri organismi internazionali, hanno approvato diverse risoluzioni di condanna della Repubblica Islamica sia per le violazioni dei diritti umani, che per le attività nucleari e per il presunto complotto contro l’ambasciatore saudita a Washington. Nel frattempo sono state ampliate le sanzioni economiche e si è tornati nuovamente a parlare dell’opzione militare contro le installazioni nucleari di Teheran. L’azione voleva essere un avvertimento all’Occidente nel suo complesso, ma la scelta è caduta su Londra per ragioni storiche. La Gran Bretagna da oltre un secolo è vista dagli iraniani come il paese che maggiormente interferisce negli affari dell’Iran, e per questo non gode di stima popolare. Uno dei romanzi satirici, diventato anche un serial televisivo di successo, più popolari in Iran, si intitola “Mio zio Napoleone”, e narra la storia di un vecchio militare in pensione che vede dietro ogni male l’ombra della Gran Bretagna.
Ma l’assalto si inserisce anche, e soprattutto, nella dinamica della politica interna. Il prossimo marzo gli iraniani dovranno rinnovare il parlamento. Da mesi è scoppiata una “guerra” tra i sostenitori di Mahmoud Ahmadinejad e i seguaci dell’Ayatollah Khamenei. Fino ad oggi è l’Ayatollah Khamenei ad aver segnato qualche punto a suo favore, soprattutto sollevando il coperchio della corruzione, facendo arrestare direttori e manager in diverse banche vicine al presidente Ahmadinejad, ed al suo vice, nonché mentore e consuocero, Esfandiar Rahim Mashaii. Ahmadinejad ha invece cercato di recuperare terreno in vista delle elezioni con sporadiche aperture verso l'Occidente, ottenendo qualche risultato dalle trattative in corso da mesi con Washington.
L’assalto alle sedi diplomatiche britanniche, che avrebbe avuto come conseguenza prevedibile, il ritiro di ambasciatori e la chiusura temporanea di alcune ambasciate occidentali, dovrebbe servire a rendere vani i tentativi del gruppo vicino ad Ahmadinejad di presentarsi alle urne con qualche carta da giocare in politica estera. Su questo punto ha insistito anche l’ambasciatore britannico in Iran, Dominick Chilcott, appena rientrato a Londra. “Da questa vicenda- ha detto il diplomatico- traggono vantaggio alcuni personaggi come Ali Larijani e Aladdin Boroujerdi”. Ali Larijani, è il presidente del Majlis, il parlamento iraniano, mentre Boroujerdi presiede la Commissione Esteri e Sicurezza Nazionale della stessa istituzione. Ambedue sono considerati avversari del presidente Ahmadinejad, e molto vicini all’Ayatollah Khamenei.
Intanto sono giunte minacce anche all’Italia ed altri paesi europei, per aver chiuso le proprie ambasciate a Teheran, o richiamato i propri ambasciatori in patria per consultazioni. “Non lasceremo ritornare facilmente in Iran, questi ambasciatori”, scrivono gli studenti basiji nel loro secondo comunicato. “Chi assume atteggiamenti offensivi nei confronti del paese- sostengono- pagherà un alto prezzo per il suo oltraggio alla Repubblica Islamica”. Negli ultimi anni più volte l’ambasciata italiana a Teheran è stata presa di mira con sassaiole e tentativi di assalto da parte degli stessi studenti basiji che hanno distrutto le sedi diplomatiche britanniche. L’ultima tentativo risale allo scorso 9 febbraio, dopo il rifiuto dell’ambasciatore italiano di partecipare alla parata organizzata in occasione dell’anniversario della Rivoluzione Islamica.
I siti vicini al presidente Mahmoud Ahmadinejad definiscono l’attacco “sospetto” e chiamano in causa il sindaco della capitale, l’ex generale Mohammad Bagher Ghalibaf. Di sicuro il governo si trova in grande imbarazzo per l’assalto alle sedi diplomatiche britanniche. Qualche giorno prima dell’assalto, il parlamento iraniano aveva votato, a maggioranza assoluta, una mozione nella quale si chiedeva al governo di ridurre le relazioni diplomatiche con la Gran Bretagna e di invitare l’ambasciatore di Londra a lasciare il paese. Il governo aveva “ignorato” la mozione, manifestando di non volere ridimensionare le relazioni con la Gran Bretagna. L’azione di forza degli studenti basiji e i loro istigatori-protettori nasconde obiettivi precisi che vanno ben oltre una semplice reazione rabbiosa di un gruppo di giovani.
Già due giorni prima dell’assalto, alcune agenzie di notizie vicine all’Ayatollah Seyyed Ali Khamenei, la Guida Suprema, avevano “previsto” una reazione da parte di “giovani coraggiosi” contro “la vecchia volpe del colonialismo” (qualcosa che equivale alla “perfida albione”). In realtà la “guerra” contro il governo di Sua Maestà, è iniziata nel mese di settembre, quando furono arrestati sei documetaristi, uno dei quali ancora in carcere e cinque in libertà dietro cauzione, con l’accusa di essere “spie” di Londra. La loro unica “colpa” era quella di aver venduto i diritti di trasmissione dei loro documentari non politici alla BBC.
L’obbiettivo dell’assalto non è però la Gran Bretagna, ma l’intera Unione Europea. Negli ultimi mesi, tanto l’Unione Europea quanto le Nazioni Unite ed altri organismi internazionali, hanno approvato diverse risoluzioni di condanna della Repubblica Islamica sia per le violazioni dei diritti umani, che per le attività nucleari e per il presunto complotto contro l’ambasciatore saudita a Washington. Nel frattempo sono state ampliate le sanzioni economiche e si è tornati nuovamente a parlare dell’opzione militare contro le installazioni nucleari di Teheran. L’azione voleva essere un avvertimento all’Occidente nel suo complesso, ma la scelta è caduta su Londra per ragioni storiche. La Gran Bretagna da oltre un secolo è vista dagli iraniani come il paese che maggiormente interferisce negli affari dell’Iran, e per questo non gode di stima popolare. Uno dei romanzi satirici, diventato anche un serial televisivo di successo, più popolari in Iran, si intitola “Mio zio Napoleone”, e narra la storia di un vecchio militare in pensione che vede dietro ogni male l’ombra della Gran Bretagna.
Ma l’assalto si inserisce anche, e soprattutto, nella dinamica della politica interna. Il prossimo marzo gli iraniani dovranno rinnovare il parlamento. Da mesi è scoppiata una “guerra” tra i sostenitori di Mahmoud Ahmadinejad e i seguaci dell’Ayatollah Khamenei. Fino ad oggi è l’Ayatollah Khamenei ad aver segnato qualche punto a suo favore, soprattutto sollevando il coperchio della corruzione, facendo arrestare direttori e manager in diverse banche vicine al presidente Ahmadinejad, ed al suo vice, nonché mentore e consuocero, Esfandiar Rahim Mashaii. Ahmadinejad ha invece cercato di recuperare terreno in vista delle elezioni con sporadiche aperture verso l'Occidente, ottenendo qualche risultato dalle trattative in corso da mesi con Washington.
L’assalto alle sedi diplomatiche britanniche, che avrebbe avuto come conseguenza prevedibile, il ritiro di ambasciatori e la chiusura temporanea di alcune ambasciate occidentali, dovrebbe servire a rendere vani i tentativi del gruppo vicino ad Ahmadinejad di presentarsi alle urne con qualche carta da giocare in politica estera. Su questo punto ha insistito anche l’ambasciatore britannico in Iran, Dominick Chilcott, appena rientrato a Londra. “Da questa vicenda- ha detto il diplomatico- traggono vantaggio alcuni personaggi come Ali Larijani e Aladdin Boroujerdi”. Ali Larijani, è il presidente del Majlis, il parlamento iraniano, mentre Boroujerdi presiede la Commissione Esteri e Sicurezza Nazionale della stessa istituzione. Ambedue sono considerati avversari del presidente Ahmadinejad, e molto vicini all’Ayatollah Khamenei.
Intanto sono giunte minacce anche all’Italia ed altri paesi europei, per aver chiuso le proprie ambasciate a Teheran, o richiamato i propri ambasciatori in patria per consultazioni. “Non lasceremo ritornare facilmente in Iran, questi ambasciatori”, scrivono gli studenti basiji nel loro secondo comunicato. “Chi assume atteggiamenti offensivi nei confronti del paese- sostengono- pagherà un alto prezzo per il suo oltraggio alla Repubblica Islamica”. Negli ultimi anni più volte l’ambasciata italiana a Teheran è stata presa di mira con sassaiole e tentativi di assalto da parte degli stessi studenti basiji che hanno distrutto le sedi diplomatiche britanniche. L’ultima tentativo risale allo scorso 9 febbraio, dopo il rifiuto dell’ambasciatore italiano di partecipare alla parata organizzata in occasione dell’anniversario della Rivoluzione Islamica.
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