di Nicola Lofoco
“Cosa siete venuti a fare a casa nostra ?” Questo è quello che mi chiede uno dei tanti poliziotti egiziani che circondano il gruppo di manifestanti della “Gaza Freedom March” durante la manifestazione al Cairo del 31 dicembre, organizzata per chiedere all’ Egitto il permesso di entrare nella striscia di Gaza. “Siamo qui per chiedere la fine dell’assedio della striscia di Gaza “, gli rispondo. La mia maggiore sorpresa sta nel sentirmi rispondere che non sa cosa sia Gaza, non sa dove si trovi, non sa dove stia Israele, non sa chi siano Arafat e Rabin.
Sono quasi tutti così i giovanissimi poliziotti della terra delle Piramidi , età compresa tra i 17 ed 19 anni, sguardo perso nel vuoto ed una divisa che indossano per dovere, per uno stipendio di 40 euro al mese. Mentre ci circondano, qualcuno di loro ci chiede una sigaretta, qualcuno un pezzo di cioccolata, qualcuno un pezzo di arancia. Provengono tutti dai quartieri poverissimi del Cairo, una città di oltre 23.000.000 di abitanti, opulenta di un grande patrimonio artistico, ma anche di interi quartieri colmi di povertà e abbandono. Seguono gli ordini che vengono dati loro dai poliziotti in borghese, che li controllano in tutto quello che fanno. E, forse, non sanno neanche perché sono lì in quel momento, sanno solo che devono obbedire. Obbedire per reprimere un gruppo di manifestanti che chiedeva solo di andare a Gaza per portare solidarietà alla popolazione palestinese. Quando poi la polizia decide di ricorrere alle maniere forti, chi passa in prima fila sono uomini adulti, quasi tutti in borghese, che non si fanno scrupolo di usare pugni e calci con tutti, ferendo anche gravemente 2 italiani. Veniamo circondati in angolo di marciapiede, da dove non ti puoi muovere, dove sai che da un momento all’altro potrebbe succedere di tutto. E ci sono tutti, dai francesi, agli americani, ai tedeschi , agli italiani... Solo in tarda serata lasciamo quel luogo , un luogo che non ha più nulla da poter dire. Le autorità egiziane avevano precedentemente comunicato che il valico di Rafah era chiuso e non percorribile perché la “Gaza Freedom March “ non era autorizzata. In realtà l’Egitto non poteva non autorizzare nulla: la manifestazione si sarebbe dovuta tenere a Gaza e non sul territorio egiziano. Tuttavia, nessuno ha potuto raggiungere Rafah ed entrare in territorio palestinese. Nessuno ha potuto portare medicine, giocattoli ed aiuti di ogni tipo ai bambini , ai feriti ed ai malati della striscia. Nessuno ha potuto portare solidarietà ad un popolo sofferente con una manifestazione che non voleva essere di sostegno ad alcun governo o ad alcun partito. E si continua cosi. Si continua con l’odio, con i combattimenti, con questa guerra senza pace e senza fine che apre sempre di più le vene del Medioriente. La storica stretta di mano tra Arafat e Rabin a Washington nel 1993 è ormai una sbiadita immagine sulle pagine di qualche libro di storia. Per il Medioriente, la parola pace resta ancora solo un vocabolo scritto nero su bianco.