di Massimo Malerba
Sui giornali di ieri l'uccisione di Stefania Noce (e di suo nonno che ha provato inutilmente a difenderla) e, fatta eccezione per qualche blog più attento, è stata liquidata in tre righe con la odiosa e sbrigativa etichetta di omicidio passionale. Un po' come quando chiamano "morti bianche" gli omicidi sul lavoro. Un modo come un altro per rendere lessicalmente accettabili fenomeni che chiamano in causa responsabilità collettive, "timidezze" normative e precisi schemi culturali. Ha ragione Dafne Anastasi quando invoca "un po' di purificazione lessicale nel descrivere le tragedie". E ha ragione Roy Paci quando, a commento di un post pubblicato sulla nostra pagina, scrive che "chi parla di istigazione alla violenza da parte delle donne andrebbe denunciato perché pericoloso". Dovremmo cominciare un po' tutti a chiamare le cose col proprio nome: quello di ieri, a Licodia Eubea, è l'ennesimo femminicidio, il numero 93 dall'inizio dell'anno. E poi, dovremmo cominciare a rendere giustizia alla memoria di queste donne, a rivestirle di storia, a raccontarle nella loro dimensione umana e sociale, a ricordarle.Vorrei provarci con le poche testimonianze che seguono. Ho conosciuto Stefania via Facebook: mi contattò alla vigilia del referendum per chiedermi dei volantini da distribuire nel suo paese, Licodia Eubea, in provincia di Catania. Stefania era una ragazza impegnata in molte battaglie civili, ha partecipato alle manifestazioni delle donne di "Se Non Ora Quando". I suoi amici, su Facebook, la ricordano con un collage di foto che testimonia il suo impegno in Abruzzo a favore delle vittime del terremoto .
Il Movimento Studentesco Catanese ha aperto una bacheca di messaggi per ricordarla. L'ultimo articolo di Stefania "Ha ancora senso essere femministe?"
Bene ha fatto il Popolo Viola a segnalare con forza questa vicenda. E condiviamo l'appello ad evitare un lessico sbagliato e fuorviante. E non vi è dubbio che l'espressione "delitto passionale" come quella "morti bianche" rischia di indurre in errore, sminuire, quasi creare un alibi. Per questo ci permettiamo di rivolgere un appello a tutti i media affinchè parlino di questa vicenda che è stata liquidata in poche righe e lo facciano utilizzando le parole giuste... (Giuseppe Giulietti, Stefano Corradino)