di Anna Cattaneo
Boves, cittadina del Cuneese medaglia d’oro alla Resistenza, inaugura il 2012 aderendo alla Giornata mondiale della pace. Lo fa con la fiaccolata della Scuola di Pace che da quindici anni illumina le vie del centro. Quest’anno però le luci si accendono per chiedere al governo Monti il taglio delle spese militari e il disarmo dello Stato italiano. “Abbiamo preso spunto dall’appello lanciato da Alex Zanotelli alla Perugia-Assisi – spiega la coordinatrice della Scuola, Costanza Lerda –. Per questo motivo abbiamo invitato Don Renato Sacco”. Il sorridente prete novarese, rappresentante della segreteria nazionale di Pax Christi e animatore del movimento “Diciamo No agli F35”, è in testa al corteo di un centinaio di persone. Ci sono anziani, famiglie, i sindaci di Boves, Cuneo e Borgo San Dalmazzo, le associazioni del territorio, l’Anpi, Emmaus. “A costruire la pace dobbiamo essere soprattutto noi – dicono Fabio Dutto e Beatrice Rinaudo della Consulta giovanile bovesana – siamo stati in silenzio per troppo tempo, è ora che ci rimbocchiamo le maniche”. Anche Gigi Garelli del Tavolo delle associazioni cuneesi è determinato: “Viviamo una situazione dissennata in Italia, non possiamo permetterci simili investimenti in momenti di crisi come questo. Le guerre generano povertà che bussano alle nostre porte, dobbiamo pensare ad alternative pacifiche per risolvere i conflitti internazionali”. Alternative che per Renzo Dutto della Comunità di Mambre, anche i potentati economico-politici saranno costretti ad accettare. “Coltivo una grande speranza nella presa di coscienza della società civile – dice -. In fondo, anche questa crisi potrebbe essere un fattore positivo. Per invitarci a riorganizzare una società fondata sulla solidarietà e continuare a lottare per la pace … ma senza armi!”. Nel frattempo il corteo raggiunge il Teatro Borelli dove Don Renato Sacco parla circondato dalle bandiere della pace, di Libera e dal tricolore. “Non sappiamo come sarà questo nuovo anno – esordisce– ma molto dipende da noi, da quale strada decidiamo di percorrere”. E per il movimento contro il progetto F35 non è quella del “finché c’è guerra c’è speranza” come un film di Alberto Sordi. Dal 2009 l’assemblea permanente nata a Novara si oppone al progetto di realizzare all’interno dell’aeroporto militare di Cameri una fabbrica per l’assemblaggio finale dei cacciabombardieri prodotti dalla statunitense Lockheed Martin. 131 quelli che saranno acquistati dallo Stato italiano con una spesa frazionata fino al 2016 che costerà una cifra complessiva che si aggira tra i 15 e i 18 miliardi di euro. “Sarebbe meglio avere la benzina per i Carabinieri anziché spendere per questi aerei – dice Don Sacco -. Ognuno ci costerà 150 milioni di euro e poi ci vengono a dire che si deve tagliare su scuola e sanità”. Parole dure anche per il presidente della Regione Cota che sul progetto di Cameri, durante l’incontro a febbraio con i vertici della Lockheed Martin aveva messo l’accento su “ben 10.000 posti di lavoro, di cui 2.000 soltanto nella base aerea di Cameri destinata a diventare polo aereonautico europeo”. False speranze secondo Don Sacco perché “a produrli andranno scienziati e tecnici, non i cassintegrati e i disoccupati che occupano la scrivania della sindachessa di Cameri con le loro richieste di lavoro”. E proprio dal lavoro, dall’educazione e dall’informazione il prete novarese chiede di ripartire per costruire la pace e difendere la verità “prima vittima della guerra”. “Sogniamo un anno di pace insieme” conclude e cita una frase di Che Guevara “Quando sogniamo da soli è solo l’inizio di un sogno, quando si sogna insieme è il principio della realtà”.