di Santo Della Volpe*
“ Sono sicuro di riuscire a trovare il modo di continuare a fare il mio lavoro. Non penso che un giornalista possa cambiare il mondo, ma credo nell’utilità sociale del mestiere di giornalista”: lo ha detto Giovanni Tizian, appena saputo, da una serie di intercettazioni ambientali ordinate dalla magistratura ,che ‘ndrangheta e camorra avevano intenzione di compiere un agguato mortale contro di lui. Giovanni vive ora sotto scorta. E nelle sue parole, c’è la dimensione morale, etica e culturale di un giornalista che vuole vivere e fare il proprio lavoro di denuncia , a difesa della legalità e contro la criminalità organizzata; vuole lavorare, fare quel “mestiere” che è il sale della democrazia, aumentando la conoscenza su fenomeni criminali che invece le mafie vogliono tenere nascosta. E vuole farlo là, dove vive, nel Centro-Nord di questo nostro paese dove l’espansione delle mafie sta cercando di insinuarsi non solo nell’economia, ma anche nelle tradizionali culture di democrazia e solidarietà sociale. Sì, perché Giovanni vive e lavora a Modena,in una regione l’Emilia-Romagna, dove ha indagato a fondo proprio sulle penetrazioni degli investimenti mafiosi.
A partire dalla pubblicazione di un libro significativo “Gotica.’Ndrangheta, mafia e camorra oltrepassano la linea”, i cui dati significativi Giovanni Tizian ha riassunto per Libera Informazione nel dossier “Mafie senza confini, noi senza paura”, spiegandone i contenuti alla presentazione del 17 dicembre scorso, presso l’Assemblea Legislativa della Regione Emilia Romagna. Lavori documentati e preziosi, che offrono chiavi di lettura e notizie sulle attività dei clan,gli intrecci con la politica, con l’economia, con le professioni; ed i traffici di droga, il “pizzo”, l’usura,il gioco d’azzardo, i giri di soldi mafiosi; da dove arrivano e dove finiscono. Un lavoro che accusa e fa nomi e cognomi: la cosca Mancuso che ricicla i soldi della cocaina con il trasporto su gomma, le famiglie della ‘ndrangheta di Bologna e quelle che controllano il calcestruzzo; la storia di Rocco Antonio Baglio,che ha segnato le vicende mafiose in Emilia Romagna o della ‘ndrina Grande Aracri.
E’ significativo che le intercettazioni ambientali rivelino il progetto mafioso dopo tutti questi lavori: gli articoli ed il libro di Giovanni, il suo approfondimento nel nostro Dossier e la sua relazione a Bologna, hanno evidentemente colpito nel segno,al punto che qualcuno si stava organizzando per punirlo,dopo le sue puntigliose e precise inchieste giornalistiche pubblicate sulla Gazzetta di Modena, su Linkiesta.it, su Lettera 43, su Narcomafie, su Libera Informazione.
L’ha fatto spesso in solitudine,quando le sue denuncie cadevano nel vuoto, diciamo culturale, anche se colpivano il bersaglio; e l’ha fatto, scrivono i suoi amici della Associazione DaSud, “da precario, senza le tutele di cui godono i giornalisti e gli scrittori famosi”.
L’ha fatto temendo le querele milionarie e sapendo che nessun ufficio legale di giornale poteva “coprirlo”: ora temendo anche per la propria tranquillità e per la propria vita. Scrive ‘Libera’ di Modena: “Giovanni è un giornalista precario, di quelli che vanno avanti a contratti di collaborazione, quando va bene, e probabilmente la verità che così tanto urta la mafia, gli è stata pagata 4 euro, queste sono infatti le tariffe per un articolo. Ecco, Giovanni Tizian rischia la vita per 4 euro o poco più, mentre i mafiosi, comodamente appoggiati alle loro protezioni, coperti dall'indifferenza dei più, fanno affari per 150 miliardi di euro l'anno e continuano, rafforzandola giorno dopo giorno, la loro arrogante e spregiudicata conquista dei territori del Nord, colonizzando a volte anche le coscienze”.
Giovanni lavora in silenzio, così come per anni, ha tenuto per sé e lontano da qualsiasi clamore la propria storia personale; quella di un ragazzo nato e vissuto in Calabria,che ha piccolo ha subìto l’assassinio del padre,Peppe Tizian,ucciso a soli 36 anni il 23 ottobre del 1989 perché impiegato di banca “integerrimo”. Un omicidio firmato dalla ‘ndrangheta ,ma ancora senza un colpevole,una verità giudiziaria. Giovanni ha dovuto lasciare la sua terra, tenendo per sé questa storia, lavorando invece come giornalista e rinunciando ad altri impieghi più garantiti, perché vuole dedicarsi alla ricerca della verità,non tanto e solo personale, ma sulle tante e forti fonti di inquinamento che proprio le mafie e le cosche costruiscono ai danni di tutti, giorno dopo giorno.
Giovanni continuerà a fare il suo lavoro: noi questo glielo garantiamo,facendo in modo che la “scorta mediatica” per garantire a lui ed alla sua famiglia una vita “normale” non venga mai meno. Impedire che le mafie possano colpirlo (ed a questo ci stanno già pensando le istituzioni preposte), significa rispondere tutti insieme, società civile , politica ed istituzionale, a questa sfida che i clan hanno lanciato a tutti, all’intero paese. E’ necessario rispondere sul solco di quanto è stato già fatto,anche se non è ancora abbastanza.Perchè Giovanni Tizian non è solo: in Emilia Romagna una legge regionale, approvata il 9 maggio 2011, ha sancito l’impegno di prevenzione contro la penetrazione mafiosa e la diffusione di una vera cultura della legalità. A Modena poi, grazie anche alla diffusione delle inchieste sulla presenza dei clan nella provincia si è firmata una Carta Etica dei “colletti puliti”,proposto ed approvato dal Comitato Unitario delle Professioni. Per non parlare del protocollo tra Libera ed Unioncamere che,patrocinata dalla Assemblea Legislativa della Regione, è stata firmata a Bologna proprio il 17 dicembre scorso. Se dunque le mafie hanno risposto cercando di colpire Giovanni Tizian, hanno voluto mandare un messaggio a tutti noi, reagendo anche alle “buone prassi” che si stanno consolidando, al tentativo di isolare e combattere i clan, nell’economia come nella politica, nella società civile come negli affari. E’ un altro dei motivi per cui hanno voluto minacciare un giornalista che indaga e fa inchieste. Ed anche per questo tutti noi dobbiamo rispondere,uniti ed insieme: dobbiamo esserne ben coscienti.
Come scrive ancora “Libera” di Modena, “Giovanni ha fatto una scelta ben precisa, da che parte stare. Noi stiamo con lui perché crediamo di poter costruire tutti insieme una democrazia giusta, all’interno della quale sia normalmente possibile la sua attività di giornalista e di scrittore, e saremo con lui nelle pubbliche iniziative dove racconterà le mafie, per imparare a leggere i segnali delle infiltrazioni mafiose al Nord e per condividere l’agire concreto in favore della legalità. Noi, la gente di Libera, siamo al fianco di Giovanni, e c'impegneremo perché tanti altri lo siano, in questo momento complicato della sua vita e della sua carriera”.
Tutti motivi per aderire alla campagna “Io mi chiamo Giovanni Tizian” lanciata da “daSud”. Gli incontri,le iniziative,le presentazioni,i dibattiti e, soprattutto, il nostro lavoro quotidiano di giornalisti e cronisti avrà anche questo nome e cognome. Perché Giovanni non sarà mai solo: in nome della libertà di informazione, della conoscenza e della legalità.
*tratto da www.liberainformazione.org