di Filippo Vendemmiati, Claudia Guido, Radio Onda d’Urto Brescia*
Se si cerca il nome di Paolo Scaroni su un motore di ricerca compaiono il profilo e le notizie che si riferiscono all’amministratore delegato dell’Eni. C’è un altro Paolo Scaroni di cui si parla poco, perfino su Internet: è un ragazzo che a 27 anni, il 24 settembre del 2005, fu ridotto in coma “nel corso di una carica di alleggerimento” della polizia alla stazione di Verona. Paolo, tifoso del Brescia, rientrava in treno con altre decine di tifosi dopo la partita con gli scaligeri. Oggi ha trentadue anni, ancora i medici non si spiegano come sia uscito dal coma, è invalido al cento per cento, poche centinaia di euro di pensione, allo stadio non ci è più tornato, ma i suoi amici, il “mondo ultras” gli è vicino e lo assiste nelle udienze del processo iniziato il 20 settembre 2011. Anche nell’ultima udienza di venerdì 13 gennaio sono arrivati da Brescia, da Milano, da Cava dei Tirreni.
Nel processo sono imputati per lesioni gravi 8 agenti del reparto mobile di Bologna, la principale testimone d’accusa è un’ispettrice di polizia ferroviaria che tra mille difficoltà, anche personali, ha raccolto testimonianze e identificato i presunti responsabili.
La vicenda ha molte analogie con quella tragica di Federico Aldrovandi, e non solo perché è accaduta proprio il giorno prima dell’omicidio del ragazzo 18enne di Ferrara, ma la richiama per i tentativi di depistaggio, omissioni, incongruenze nella ricostruzione dei fatti. Se ne è avuto riscontro anche nell’ultima udienza che ha visto davanti al giudice numerosi testimoni, in particolare agenti e dirigenti di polizia. “Non so, non ricordo, non me lo spiego” le spiegazioni degli uomini dello stato nella ricostruzione dei fatti.
Ci furono cariche violente della polizia quella sera alla stazione di Verona, il perché non è chiaro, apparentemente senza motivo. Si disse che i tifosi del Brescia occupavano i binari, ma i macchinisti delle ferrovie hanno negato questa circostanza. Fu lanciata una ventina di lacrimogeni: serve un ordine preciso, c’e stato? Il caposquadra del reparto mobile ha detto di non ricordare: - Penso che ci sia stato, ho sentito spara, spara, non so di chi fosse la voce - . Dice testualmente: - Ho percepito l’ordine ma non l’ho avuto -.
I buchi più sospetti nella ricostruzione riguardano quanto successo direttamente a Paolo Scaroni. Secondo gli amici, Paolo viene colpito ripetutamente da numerose manganellate alla testa, si rialza, poi dopo alcuni minuti ricade a terra. Nelle riprese effettuate dalla polizia scientifica mancano proprio queste fasi, la telecamera riprende fino a qualche minuto prima e riprende subito dopo. L’ispettore della Digos, che ha filmato gli scontri in stazione, ha dato questa spiegazione nell’udienza di venerdì : - Ho visto un tifoso, circondato da altri tifosi, che dopo una carica ha preso un grande colpo in testa cadendo addosso al treno. Non ho filmato questo momento perché la telecamera era spenta. Aveva poca batteria e siccome stavo filmando dalla mattina, aveva spento la telecamera per il rischio che finisse magari quando c'era qualcosa da filmare -.
La prossima udienza sarà il 27 gennaio. Saranno ascoltati altri testimoni e infine gli imputati.
- Attendiamo con ansia di sentire queste persone dare la loro versione dei fatti - racconta Diego Piccinelli, portavoce del gruppo Brescia 1911 – oggi per la prima volta si sono presentati in aula e abbiamo visto in faccia le persone accusate di aver pestato Paolo. Se ti devo dire la mia opinione personale mi hanno fatto tenerezza perché queste persone tanto spavalde, tanto arroganti, tanto sicure di sé in alcuni frangenti, oggi le ho viste dimesse, prive della loro presunta ostentata sicurezza. E’ stata una magra soddisfazione, ma anche la dimostrazione che essere uomini lo si è sempre, non solo sulla strada coperti dall’anonimato di un casco.