di Elda Brogi
“Mapping digital media” è un progetto dell' Open Society Foundation che che ha come obiettivo quello di studiare i cambiamenti del settore dell'informazione analizzando i casi nazionali e verificando opportunità e rischi creati degli sviluppi tecnologici. Il progetto copre lo studio di 60 paesi, fra i quali l'Italia. Il rapporto sui media digitali in Italia è stato pubblicato il 10 agosto scorso e presentato a dicembre in Italia: partendo dalla considerazione di dati concreti sulla quantità e qualità di fruizione dei media digitali (e non) ed analizzando le peculiarità strutturali e regolatorie del sistema dei media, i ricercatori OSF hanno tratteggiato un quadro fedele della situazione italiana, sottolineando alcuni elementi che ci danno la misura di come si stia evolvendo il mercato dei media e di quali problemi l'informazione stia affrontando e sarà destinata ad affrontare negli anni a venire.
La televisione continua ad essere il mezzo televisivo più diffuso in Italia nonché quello con cui gli Italiani in maggioranza si informano. Nonostante la transizione al digitale terrestre, il panorama televisivo, compresa l'informazione, è dominato, in termini di audience e di risorse, da Rai e Mediaset. Il mercato dell'informazione a sua volta stenta a trovare nelle nuove tecnologie vere e proprie possibilità di innovazione e rilancio. La stampa, in particolar modo, sta risentendo dello sviluppo di internet: nonostante quasi tutte le imprese editoriali siano entrate nel mercato digitale e nonostante i siti legati a testate quotidiane, ad esempio, siano comunque i più visitati, la vendita dei giornali è in calo e questo mette in crisi anche la “sostenibilità sul piano finanziario nel lungo periodo del giornalismo professionale” e depaupera le risorse per il vero e proprio giornalismo d'inchiesta che internet ancora non riesce a sostenere, almeno in Italia.
L'utilizzo diffuso della rete ha favorito senz'altro la moltiplicazione dei canali di informazione e di scambio di opinioni; un ruolo molto importante nel progressivo cambiamento delle abitudini dei cittadini è svolto dai social network. In prospettiva, considerato che circa il 90% degli utenti abituali di Internet è tra i 14 e i 29 anni, la rete risulterà ben presto il mezzo principale di informazione.
Nonostante le prospettive, il rapporto riscontra ancora da un lato l'insufficiente attenzione della politica verso lo sviluppo della banda larga, dall'altro la difficile affermazione di nuovi modelli di business derivanti dallo sviluppo di nuovi media e nuovi servizi: le fonti di finanziamento del “sistema dell'informazione” in senso lato restano la classica pubblicità e gli abbonamenti (e il canone per il servizio pubblico) e anche laddove ci siano stati investimenti online, Google Italia ha di fatto monopolizzato il mercato della raccolta pubblicitaria connessa ai motori di ricerca.
Ancora oggi, tuttavia, nonostante lo sviluppo del web e la disponibilità di contenuti online, le politiche sui media sembrano orientate a mantenere lo status quo, come testimonierebbero la procedura di infrazione contro l'Italia per le discriminazioni nell'accesso al mercato del digitale terrestre, la sentenza della Corte europea di Giustizia del 2008 sul caso Europa 7 e la scelta, da ultimo, della procedura di attribuzione del “dividendo digitale” (il c.d. beauty contest per il digitale terrestre) che favorisce comunque gli incumbent RAI e Mediaset (quest'ultima procedura probabilmente verrà modificata dal governo Monti che in sede parlamentare si è obbligato a cancellare il “beauty contest” ed ad adottare le misure necessarie affinché l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni stabilisca le condizioni economiche di assegnazione delle frequenze tramite una procedura ad evidenza pubblica competitiva che garantisca la partecipazione alla stessa di tutti i soggetti interessati a livello nazionale e comunitario-v. Ordine del Giorno 9/4829-A/114 presentato da IDV, 16/12/2011).
Le conclusioni del rapporto sono “prevedibili”: questo non è certo un demerito per gli autori, quanto piuttosto la conferma della necessità di politiche serie e credibili che riescano a far recuperare dignità e indipendenza al sistema italiano dell'informazione e diano una prospettiva più lungimirante al futuro del settore dei media.
Per anni gli studiosi del settore dei media hanno sottolineato quanto sia necessario un intervento sulle regole che presiedono alla nomina degli organi di garanzia (in specie AGCOM e consiglio di amministrazione della RAI) e come la normativa sul conflitto di interessi della legge Frattini sia inadeguata a fronteggiare l'anomalia italiana di un potere mediatico strettamente legato a quello politico. E come è noto, non solo gli accademici hanno sostenuto tali affermazioni. Basti ricordare la relazione della Commissione di Venezia del 2005 sulla Legge Frattini [European Commission for Democracy through Law (Venice Commission) (2005), ‘Opinion on the compatibility of the laws "Gasparri" and "Frattini" of Italy with the Council of Europe standards in the field of freedom of expression and pluralism of the media’, opinion 309/2004, Strasbourg, 13 June 2005, CDL-AD(2005)017, www.venice.coe.int] ed i numerosi richiami dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa e dell'OSCE.
Molto chiaramente il rapporto OSF individua alcuni principi ispiratori di una “nuova” politica dei media digitali in Italia ed alcune delle priorità di intervento che, in questa nuova fase della vita politica italiana, potrebbero essere i motivi conduttori della politica sui media dell'esecutivo in carica: il governo dovrebbe adoperarsi per favorire interventi regolatori “neutrali”, cioè che non attribuiscano privilegi di sorta agli operatori già forti sul mercato; dovrebbe favorire politiche di diffusione della banda larga; dovrebbe proporre una riforma della legge di sistema per i servizi audiovisivi che, in modo graduale, possa far superare il sostanziale duopolio televisivo; dovrebbe riformare le modalità di nomina dell'AGCOM, ancora troppo legata alla politica, nonchè adoprarsi per una riforma seria e credibile della RAI, dal criterio di nomina del consiglio di amministrazione al maggiore coinvolgimento dei cittadini nel processo di formazione delle politiche del servizio pubblico.
Il progetto "Mapping digital media"