di Vincenzo Vita
Leggi ad personam. Conflitto di interessi. Ci siamo abituati. Ma non basta per comprendere lo scenario politico e culturale italiano. Giustizia e comunicazione (attorno alla vecchia prepotente televisione generalista e generale) sono - è vero - il cemento di potere della destra. Tuttavia, siamo ormai al di là delle previsioni pessimistiche d’inizio legislatura. E’ in atto davvero un tentativo di dar vita ad un ‘elettroregime’. Come prima, più di prima. E infatti. Per ciò che concerne i media, antichi e moderni o post-moderni, ci sono due novità enormi. Da ultimo, il decreto firmato dal ministro per i beni culturali Bondi sulla rideterminazione del compenso per la ‘copia privata’ e, ancor più, il decreto legislativo di Natale che intende a suo modo dare attuazione alla direttiva europea ‘Audiovisual Media Services’ (ex Direttiva ‘Tv senza frontiere’).
Il primo aumenta una ‘tassa’ preventiva che non tutela più di tanto gli autori, per come è immaginata. Se mai, mentre da un’altra parte si parla e si sparla di lotta al digital divide, dall’altra si tassano indiscriminatamente computer, decoder e cellulari. E il tema del diritto d’autore, che richiederebbe un vero rinnovamento adeguato all’era digitale, è inserito pure nel ‘pasticciaccio brutto’ dell’altro decreto. Il decreto vergogna che si è insinuato – illegittimamente, andando ben oltre la delega della legge comunitaria - nel dibattito invita di fatto l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ad estendere la normativa sul copyright ai fornitori di servizi indipendentemente dalla piattaforma di trasmissione utilizzata. C’entra qualcosa la causa di Mediaset contro Youtube? Certo ci entrano tanti soggetti meno noti. D’altronde i contenuti sono il vero medium trasversale. Ma il decreto è di tutto, di più. Una sorta di ‘legge Mammì bis’, dal ricordo del giro di boa del 1990, quando la resistibile ascesa di Silvio Berlusconi divenne irresistibile. Grazie ai governi dell’epoca. La pubblicità viene estesa per Mediaset, tramite l’esclusione delle telepromozioni e delle televendite dal computo dell’affollamento quotidiano, mentre viene ridotta per il concorrente Sky. Il cosiddetto product placement (l’uso dei marchi direttamente nella trama) viene permesso in modo indiscriminato. Orrore: la legge n.122 del ‘98 che obbligava le televisioni nazionali ad investire in film e telefilm italiani ed europei – oltre a tutelare i produttori indipendenti - è sconvolta e resa tanto flessibile da scomparire. Quasi. Il cinema è persino rinviato ad un atto autonomo del ministero, che si attribuirà anche il compito di definirne i confini estetici. Eppoi il tema dei temi. L’attacco censorio alla rete. E’ la più clamorosa delle clamorose novità. Improvvisamente si sancisce che gli obblighi vari valgono pure per i servizi che forniscono immagini tramite internet (Iptv, mobile tv, web tv, e così via). E’ il ministero a rilasciare le autorizzazioni per le dirette televisive ‘live streaming’. Incredibile, vale anche per una festa o un convegno di studi. Per finire in bellezza con l’estensione del diritto di rettifica anche ai telegiornali trasmessi dai fornitori di servizi media a richiesta. Se passasse il testo, l’Italia verrebbe iscritta d’ufficio al club dei censori della rete, insieme a Cina, Iran, Corea del Nord…