di Claudio Fava
Vale la pena rimettere al centro, in questo paese, una questione morale che sia anzitutto lotta a tutte le mafie? Io dico di sì. Credo che sia una grande questione democratica nazionale, non solo un rigurgito di tribunali e di sentenze. Un paese si può definire libero se questa sua libertà è pratica quotidiana, senza obbedienze dovute, senza poteri criminali e paralleli davanti ai quali genuflettersi. Un paese è degno di definirsi “nazione” se i suoi rappresentanti e le sue istituzioni rispondono alle leggi di quel paese e non alle convenienze di alcuni criminali. Così non è in Italia. Il presidente del Consiglio loda come eroe della patria un capomafia morto all’ergastolo, un suo sottosegretario accusato d’essere uomo a disposizione dei camorristi continua impunemente a sottrarsi alla giustizia ordinaria, il Parlamento punta a discutere e a reintrodurre rapidamente il diritto all’impunità…
E’ questo il tempo per lanciare un segnale e una sfida. Il segnale di una preoccupazione che non viene alleviata dalle prediche del Quirinale. La sfida per una giornata che riporti al centro della vita del paese e dei suoi pensieri migliori la lotta alla mafia. Dunque, un “No mafia day” che vorrei suggerire tra gli argomenti da discutere in questi giorni ad Acquasparta e che proporrò, intervenendo sabato mattina. Non una giornata di parte ma una giornata contro tutte le mafie e per la riaffermazione di un diritto inalienabile di ciascuno cittadino, qualunque sia la sua sensibilità politica: quello di vivere in un paese che non debba mai più chiedere permesso ai mafiosi, ai camorristi, ai loro innominabili amici. Una giornata contro la mafia, contro l’omertà, contro il dovere del silenzio e della prudenza: non solo per ricordare le cose accadute ma per impedire che – nel silenzio dei giusti - continuino ad accadere.
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