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L'editto di Wulff e i precedenti italiani
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di Domenico d'Amati

L'editto di Wulff e i precedenti italiani

Le dimissioni del presidente tedesco Wulff (nella foto), dovute non solo ai suoi poco chiari rapporti con imprenditori, ma anche e soprattutto alla perentoria richiesta da lui rivolta a un giornalista tedesco di non parlarne, cadono nel decimo anniversario dei non dimenticati editti (di Caceres, Bologna, Sofia) con i quali Berlusconi intimò ai dirigenti della Rai di mettere a tacere Michele Santoro perché resosi sgradito per la sua attività di informazione sulle malefatte del Governo.

Nonostante la protesta dell’allora presidente della Repubblica Ciampi, l’ordine di Berlusconi fu eseguito dalla Rai senza che il problema delle dimissioni del presidente del Consiglio venisse nemmeno posto.

Per il rientro di Santoro in Rai è stata necessaria una lunga battaglia giudiziaria, dalla quale, grazie allo Statuto dei lavoratori, si è avuta la conferma che il diritto di Santoro di lavorare coincideva con quello del pubblico di essere informato.

Quelli che a suo tempo hanno scaricato sulle spalle del giudice il compito di difendere la democrazia, dovrebbero fare pubblica ammenda per non essersi adeguatamente impegnati sul terreno della politica. Dieci anni dopo essere stato messo al bando, Michele Santoro, pur avendo ottenuto da una serie di sentenze, tutte a lui favorevoli, il riconoscimento dei suoi diritti, ha dovuto dimettersi per trovare altrove uno spazio di libertà. Ma la situazione in Rai non è mutata. Ne sanno qualcosa i giornalisti del TG1 che, per essersi opposti alla degenerazione della loro testata, ridotta al rango di velina –come è stato rilevato anche dall’AGCOM– sono stati pesantemente discriminati ed attendono una decisione del giudice per la tutela della loro dignità e professionalità, oltreché del loro diritto di informare il pubblico, nel rispetto dell’art. 21 della Costituzione e dell’art. 2 della legge professionale, richiamato anche dal contratto di lavoro giornalistico.

L’esempio tedesco dovrebbe indurre nel nostro Paese le forze politiche che si richiamano ai valori della Costituzione a rivisitare le vicende del 2002 e degli anni successivi, affinché sia posto definitivamente termine all’indebita strumentalizzazione dell’azienda pubblica e alla violazione di elementari diritti dei giornalisti.


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