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Immigrazione: usiamo le parole giuste
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di Alessandra Tarquini

Immigrazione: usiamo le parole giuste Ai bambini si insegna sin da piccoli a usare le parole giuste, evitare le parolacce, dare il giusto nome e cose, città, animali, oggetti. E’ un compito arduo, ma non impossibile. Ci vuole pazienza. I genitori e gli insegnanti sanno che lo sforzo vale la ricompensa: l’impegno nella spiegazione e nella correzione dei propri figli e studenti sarà premiato dall’adozione di un  linguaggio corretto. Questo esercizio non dovrebbe valere solo nel periodo infantile o limitato agli anni trascorsi sui banchi di scuola. Andrebbe invece riscoperto e rinnovato nel tempo, per evitare di usare parole sbagliate, o ancora peggio, sporche, portatrici di giudizi e focolai di nuovi odi razzisti o xenofobi.

Il richiamo all’uso corretto delle parole non fa appello solo al “ben parlare” o a un puro esercizio di stile. E’ un richiamo al rispetto della persona umana perchè, come recita l’articolo 3 della nostra Costituzione, tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E usando come metro proprio la nostra Costituzione possiamo definire “sporche” parole come “clandestino”, “extracomunitario”, “vu cumprà” e  “nomade” . Parole tossiche, cioè in grado di insudiciare la verità dei fatti con pregiudizi che nulla hanno a che fare con la realtà e tanto meno con l’informazione.

Per capire il ruolo delle parole nella costruzione di stereotipi e di come i mezzi di informazione possano alimentare razzismo e xenofobia e manipolare la realtà dei fatti,  lunedì scorso a Roma si è svolto un incontro con Lorenzo Guadagnucci, giornalista e co-fondatore della rete Giornalisti contro il Razzismo, promosso dal VIS- Volontariato Internazionale per lo Sviluppo (www.volint.it) e il Movimento Giovanile Salesiano dell’Italia Centrale, nell’ambito della Scuola di Mondialità e Volontariato Internazionale, un percorso quest’anno dedicato al tema “Migrazione e Migranti”.
 
Grazie proprio al lavoro della rete di Giornalisti contro il Razzismo si è giunti alla stesura della Carta di Roma (http://www.odg.it/content/carta-di-roma), cioè il Protocollo deontologico concernente richiedenti asilo, rifugiati, vittime della tratta, migranti adottato dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti e dalla Federazione Nazionale della Stampa Italiana insieme all’UNHCR nel 2007. La Carta di Roma, seppur priva di misure sanzionatorie, richiama i giornalisti a svolgere il proprio mestiere con responsabilità e rispetto della persona e della sua dignità.
Oltre ad individuare degli impegni per i soggetti firmatari la Carta è perfezionata da un glossario che chiarisce una volta per tutte i significati di alcune categorie di persone sulle quali molto spesso i giornalisti sono chiamati a scrivere, montare pezzi tv o radiofonici, suggerendo al giornalista la via per non incappare in banali errori, ma per questo non meno gravi, nella quotidianità del suo mestiere.

Le responsabilità sono tante per i giornalisti, ma sono altrettante per tutti i cittadini, gli educatori, i genitori... per aiutare tutti a migliorare il proprio linguaggio, Giornalisti contro il Razzismo ha elaborato un vademecum (http://www.giornalismi.info/mediarom/indici/ind_232.html ), fatto poi proprio dall’Ordine dei Giornalisti dell’Emilia Romagna,  che mette al bando alcune parole, cariche di accezione fortemente negativa, proponendo alternative e sinonimi.

Scorrendo il vademecum scopriamo che “clandestino” potrebbe essere sostituito  dalla parola “persona” o “migrante o “lavoratore”. E speriamo che questa estate chi si occuperà delle  spiagge italiane non parli di “vu cumprà”, ma di “ambulanti” o di “venditori”. E anche se “campo nomade” va di gran moda, dobbiamo riconoscere che in Italia di questo termine se ne fa un uso scorretto e fuorviante al quale possiamo sopperire utilizzando al suo posto “campi rom/campi sinti” a seconda dei casi essendo due popoli diversi.  Evitiamo anche la parola “zingaro” e sostituiamola con rom o sinti. Usciamo da sensazionalismi, mode del momento, cacce a streghe e mostri e iniziamo anche in questo caso a far tornare l’informazione italiana a un livello accettabile per tutti, italiani e stranieri, che si trovino a sfogliare un giornale, discutere in un bar o a scuola dell’ultimo fatto di cronaca nera, evitando di gridare al fuoco se l’incendio non c’è e non c’è mai stato.

Si tratta ora solo di fare esercizio e di contaminare quanto più possibile redazioni, gruppi, associazioni, istituzioni per combattere il razzismo latente e manifesto e provare a descrivere con la forza delle parole un’Italia sempre più multiculturale attraverso un linguaggio adeguato e corretto che non alimenti fobie e paure. Ecco la sfida che ci attende, nessuno escluso.


Nota: Consiglio la lettura di Parole Sporche di Lorenzo Guadagnucci edito da Altreconomia Edizioni www.altreconomia.it

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