di Domenico d'Amati
Dichiarando estinto per prescrizione il reato di corruzione attribuito a Silvio Berlusconi, il Tribunale di Milano ha in realtà dato atto di un altro decesso, quello dello Stato di diritto, sistematicamente demolito da una serie di leggi ad personam tutte preordinate al salvataggio dell'ex premier, che ha dichiaratamente intrapreso la carriera politica per mettersi al riparo dalle conseguenze di un burrascoso passato. Alle giovani generazioni la seconda Repubblica lascerà non solo una montagna di titoli del debito pubblico, ma anche un altro, più pericoloso, debito: quello di credibilità delle istituzioni democratiche.
Nel nostro paese le fondamenta dello Stato di diritto hanno sempre accusato una certa fragilità, essendo radicata nelle coscienze dei cittadini la convinzione che il potente può farla franca eludendo le leggi oppure facendole modificare. I processi di Berlusconi hanno finora rafforzato questa convinzione che ha trovato sponda nell'opportunismo della classe politica, riluttante ad impegnarsi nelle grandi battaglie ideali. Restaurare la credibilità della Repubblica deve essere il principale obiettivo di qualsiasi Governo. Quanto ciò sia possibile in una situazione in cui Berlusconi continua a far parte della maggioranza e' un pesante interrogativo. Ma una cosa e' certa. Questa pagina non edificante della nostra storia non deve chiudersi con il consueto ritornello: chi ha avuto ha avuto, chi ha dato ha dato. Le questioni chiuse in sede giudiziaria devono restare aperte nel dibattito politico.