di Andrea Riscassi
La (scontata) vittoria di VV Putin alle presidenziali russe sarà seguita dai commenti dei soliti tromboni nazionali. La Russia vuole l'uomo forte. Non ci sono alternative. I mercati e la (real politik) premiano la stabilità. Queste le parole d'ordine. Vere ma vecchie. Vanno considerati infatti tre aspetti. Primo: la campagna elettorale è stata drogata da regole che farebbero impallidire l'inventore del Porcellum: 2 milioni le firme da raccogliere per presentarsi (se non hai seggi in parlamento, dove lo sbarramento è del 7% e dove sono praticamente vietati i cartelli elettorali). E un filtro di ingresso. Si candida solo chi non dispiace a Putin (e se gli fai paura ti manda in carcere. Forse a vita: come Khodorkovsky). E poi telecamere o no, il controllo politico e sociale su larga parte dell'elettorato è pressante. Secondo: in Russia la libertà di stampa è un eufemismo. Putin non ha potuto fare campagna elettorale nelle piazze per timore dei fischi. Ma ha imperversato in tv. Il tg del Primo Canale fa sembrare il Tg4 il megafono del Pd. È noto a tutto che, in videocrazia, se non appari in tv non esisti. E non dimentichiamo che i giornalisti che si oppongono (alla guerra in Cecenia come alla devastazione della foresta di Khimki) vengono uccisi o mandati in ospedale. Terzo: la rete ha portato decine di migliaia di persone in piazza a Mosca. Ma la "rivolta" è partita a metà dicembre. Solo due mesi fa. E solo nella capitale. Sentirete ora dire che Mosca non rappresenta il paese. Vero. Ma non pensiate che il resto siano campagne. Ci sono tante città enormi che ospitano il 70% dei russi. Più ci allontana dalla capitale più il controllo mediatico su eventuali brogli scema (in Cecenia Putin e Russia Unita misteriosamente hanno quasi sempre il 99%). Mosca comunque non rappresenterà tutta la Russia ma governare con la capitale che ti volta le spalle non sarà facile per Putin. Tutti i giornalisti e gli oppositori che la delegazione di Annaviva (21 persone, tra loro molti freelance) ha incontrato a Mosca ci hanno ripetuto: il mondo non finisce il 4 marzo. La rivolta comincerà dal 5. Da stasera. Con le manifestazioni a Mosca e San Pietroburgo. Le prime dopo il voto. Non le ultime. Dopo il Cairo e Roma, anche Mosca sembra essersi stufata dell'uomo dei miracoli. Non so se il presidente che piange (in diretta tv, ufficialmente per il vento) riuscirà a restare in sella per tutto il mandato. Molto dipenderà da come gestirà la protesta. I 36 agenti schierati in ogni angolo della capitale non fanno ben sperare.