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In difesa di Ivan Kostin (che la Russia vuole in carcere)
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di Andrea Riscassi*

In difesa di Ivan Kostin (che la Russia vuole in carcere)

Nella richiesta di estradizione avanzata da autorità italiane e russe, le procedure che hanno portato al mandato di cattura internazionale contro Ivan Kostin partono dalla fine, dalla decisione dell’ultimo team di investigatori e inquirenti. A leggere invece le carte nell’ordine in cui sono state presentate, seguendo cioè il corso dell’inchiesta, ci si ritrova proiettati ai tempi di Gogol. Il reato, per il quale Ivan Kostin è stato arrestato a Milano, lo scorso novembre, è avvenuto nella Russia profonda, a Stavropol, città del Caucaso.
Ivan è ricercato da anni, dal 2008 per la precisione. Ma lui tutto ciò non lo sapeva. E invece sulle sue tracce c’era l’Interpol.
Kostin come delinquente deve essere alle prime armi. Un bel giorno di novembre decide di prendere un aereo da Israele (dove ora abita, insieme a moglie e due figli). Arriva a Milano per partecipare a un incontro di enologia. È quello il suo lavoro. Vendere alcol, cognac per la precisione.
Non é il killer sentimentale decritto da Sepulveda. Altrimenti, arrivando nella città della moda, avrebbe evitato di farsi registrare con i propri documenti in albergo.

La mattina, invece della colazione, alla porta trova la polizia che lo porta a San Vittore. Ci resta per un mese e mezzo. Dopo un primo diniego, i giudici decidono per lui gli arresti domiciliari. A Roma, a casa di alcuni parenti che lavorano nella capitale.
Quando vado a trovarlo per realizzare l’intervista che potete vedere in fondo a questo post, nel quartiere (periferico, quasi a Fiumicino) manca la luce. Lui, non potendo (né volendo) uscire di casa, non è in possesso delle chiavi. Il black out impedisce l’apertura elettrica del cancello.
Scavalco, cercando di immaginare come avrei spiegato il tutto agli agenti che controllano che non abbandoni gli arresti domiciliari (evadendo). Per fortuna nessuno mi vede.
Lui appare smarrito (non solo per il mio ingresso garibaldino).
Più che un criminale sembra qualcuno finito in un ingranaggio più grande di lui.

Di Kostin ora si occupano alcuni amici giornalisti russi, come Grigori Pasko che, avendo trascorso del tempo nelle galere putiniane, ha una missione: impedire l’estrazione di cittadini russi accusati di reati economici o politici verso la Russia.
Come Ivan Kostin, cittadino russo, classe 1974.
La giustizia russa lo accusa di aver rubato un enorme numero di bottiglie di cognac, per un valore di milioni di rubli, dalla fabbrica per la quale lavorava.

I problemi per Ivan sorgono qualche anno fa, quando muore il padre che aveva fondato l’azienda di liquori. Ivan eredita molte azioni e rifiuta di venderle (a prezzi stracciati) al socio. Ricco e potente. Che lo denuncia per furto. L’inchiesta parte nel 2008. Passa di mano in mano. A turno, investigatori e inquirenti chiedono l’archiviazione. Fino a che il faldone non finisce nelle mani di un poliziotto e di un magistrato che decidono che Ivan è un “criminale” e che va processato. Anzi, va arrestato anche prima del processo.
Spiccano un mandato di cattura internazionale. Che misteriosamente (dopo una lunga e non clandestina permanenza in Israele) diventa esecutivo quando Kostin arriva a Milano, si registra in albergo e la mattina finisce prima in commissariato poi in cella.
La madre di Mikhail di Khodorkovsky – prigioniero politico nella Russia di Putin -incontrando i militanti di Annaviva a Mosca, ha spiegato che sono almeno trecentomila i russi perseguitati per ragioni economiche.
Politici e potentati (anche locali) usano la giustizia per levarsi di torno chi gli da noia, chi non rispetta le regole non scritte. La legge della giungla.

Come Ivan Kostin, direttore di un’azienda fondata dal padre. Dalla quale avrebbe rubato, senza che nessuno delle centinaia di dipendenti se ne accorgesse, migliaia di bottiglie di pregiato cognac (sostituendolo com cognac non invecchiato). Colpevole, in realtà, di non aver abbassato la testa.
Annaviva, associazione nata per ricordare Anna Politkovskaja e per portare avanti le sue battaglie, chiede alla giustizia italiana di valutare con estrema attenzione il caso di Kostin.
Estradarlo in Russia significa condannarlo.

*tratto da http://andreariscassi.wordpress.com

Guarda l'intervista a Ivan Kostin


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