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Cronache dal mondo di eternit
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di Valter Vecellio

Cronache dal mondo di eternit

Brutte notizie, dal mondo di Eternit. La Quarta sezione penale della Corte di Cassazione ha stabilito che a distanza di 45 anni ci dovrà essere sarà un nuovo esame, per verificare le eventuali responsabilità di alcuni ex dirigenti della Michelin nel decesso di un operaio avvenuto il 20 giugno 2002, per adenocarcinoma polmonare, conseguente, secondo l'accusa, all'inalazione di fibre di amianto nello stabilimento di Cuneo dal 1963 al dicembre 1994.
   La Cassazione, pur prendendo atto della prescrizione del reato di omicidio colposo contestato agli ex legali rappresentanti della ditta tra il '79 e il '94, ha disposto un nuovo esame nei confronti del capo servizio della centrale termica dello stabilimento dal '63 al '66 e di un collega che ricopriva lo stesso incarico dall'88 al '94. In appello (Corte di Torino ottobre 2010) erano stati tutti condannati per omicidio colposo. Secondo i giudici di merito gli ex dirigenti erano responsabili di "omissioni colpose" e, in quanto "titolari di specifiche posizioni di garanzia durante la vita lavorativa della vittima, avevano determinato la riduzione dei tempi di latenza della malattia, nel caso di patologie già insorte, oppure accelerato i tempi di insorgenza, nel caso di affezioni insorte successivamente".
   Ora la Suprema Corte, disponendo un nuovo esame della vicenda davanti alla Corte d'appello di Torino precisa che il nuovo giudizio "dovrà valutare se, a fronte di una nuova patologia multifattoriale quale l'adenocarcinoma patito dalla vittima, l'esposizione all'amianto, di un lavoratore aduso nel tempo a prolungato fumo di sigarette, abbia costituito una condizione necessaria per l'insorgenza della patologia o per un'accelerazione dei tempi di latenza di una malattia provocata da  altra causa".
    Dalla Cassazione a Roma, al tribunale di Padova. Assolti “perché il fatto non sussiste”. Questa la sentenza del giudice di Padova Nicoletta De Nardus per gli otto alti ufficiali della Marina militare, tra ammiragli e ufficiali della marina militare – uno di loro nel frattempo era deceduto – imputati di omicidio colposo per la morte di due militari dovuta a mesotelioma pleuruco; malattia che secondo l'accusa avevano contratto a causa dell'amianto impiegato nella costruzione delle navi da guerra.
   C'era molta attesa in tribunale a Padova, per una sentenza che molte delle vittime dell'esposizione all'amianto speravano vincente dopo le condanne nel processo 'eternit' a Torino, e prima ancora per quello 'Breda-Fincantieri' relativo alle morti da amianto a Venezia. Bisognerà ovviamente attendere di conoscere le motivazioni della sentenza; che però appare un obiettivo freno alla seconda inchiesta, battezzata 'Marina 2', su cui fanno affidamento decine di ex marinai imbarcati su "navi maledette". Così le hanno definite quanti erano giunti da più parti d'Italia nella città veneta in attesa del verdetto.
   L'indagine era scattata nel 2005 dopo la morte del capitano di vascello Giuseppe Calabrò,  61 anni, e del meccanico di bordo Giovanni Baglivo, 50 anni, ricoverati all'ospedale di Padova per mesotelioma pleurico da asbestosi. La malattia, secondo quanto ricostruito nel corso dell'indagine, sarebbe stata causata dall'esposizione all'amianto utilizzato con profusione nella realizzazione di componenti nelle navi della marina militare. Da qui l'iscrizione nella lista degli indagati e il successivo rinvio a giudizio di ex capi di stato maggiore della marina militare,  degli allora direttori generali di Navalcostarmi, della sanità militare, e l’ex comandante in capo della squadra navale.
   Prima del processo gli imputati avevano risarcito i familiari delle due vittime con 800mila e 850mila euro, facendoli uscire dalla vicenda giudiziaria, mentre in aula si erano costituite parti civili dell’associazione esposti all’amianto (AIEA) e Medicina Democratica. Per gli imputati il Pubblico Ministero aveva chiesto pene dai due anni ai due anni e otto mesi di reclusione. "Di fronte alle sentenze ormai acclarate di Venezia e Torino – hanno detto i rappresentanti di AIEA e Medicina Democratica – ci aspettavamo ben altro esito considerato che, sull’amianto, ormai la giurisprudenza è chiara; questa è una pericolosa battuta d'arresto".
   Torniamo a Roma. La vicenda oltre che essere inquietante, ha dell’incredibile. Secondo quello che denunciano parlamentari di vari gruppi, su uno dei piazzali della manutenzione dell’aeroporto romano di Fiumicino ci sono i resti di nove aerei MD80 della flotta Alitalia, oggi Linee Aeree Italiana, società commissariata. Dovevano essere in parte smembrati per una eventuale vendita o rottamazione; durante le fasi di smontaggio però, i tecnici hanno rilevato la presenza, a bordo degli aerei, negli arredi, in alcune componenti meccaniche e strutturali, di una quantità di amianto tali da richiedere il fermo delle operazioni in attesa di una bonifica, come previsto dalla legge, per procedere in sicurezza alla rimozione delle componenti d’amianto, fino al loro completo smaltimento in discarica, come rifiuti tossici e pericolosi. Sugli MD80 in questione, risulterebbero presenti numerosi pezzi visibilmente danneggiati, esposti al contatto con l’aria, sia nelle parti meccaniche che negli arredi di bordo; di conseguenza, le pericolosissime particelle e polveri d’amianto, estremamente sottili e volatili simili a spore, facilmente inalabili e assorbibili dall’organismo umano, con conseguenze micidiali per lo stesso, rischiano di essere disperse nell’area aeroportuale, nei piazzali e nelle piste, luoghi frequentati da migliaia di lavoratori del settore e da milioni di passeggeri.
   Quanti sono gli aerei MD80 della ex Alitalia, che oggi si chiama CAI, e che contengono parti in amianto? Gli Enti preposti al controllo della navigazione hanno mai effettuato analisi o bonifiche delle piste o dei piazzali aeroportuali? Le leggi italiane sull’obbligo di dismissione e smaltimento dell’amianto ne vietano da anni l’utilizzo nella costruzione, ad esempio, dei sistemi frenanti; cosa si è fatto e cosa si fa per garantire che le leggi in questione  siano applicate e rispettate da tutte le compagnie aeree internazionali che volano e transitano nel nostro paese? E infine: fino a quando quei pezzi e quelle componenti di MD80 visibilmente danneggiati, continueranno a restare abbandonati, esposti al contatto con l’aria sia nelle parti meccaniche che negli arredi di bordo, e giacenti nell’aeroporto romano di Fiumicino?
   Più in generale, di amianto l’Italia è letteralmente impestata. Un tempo di questo materiale si faceva largo uso, poi si è scoperto che quando si deteriora procura gravissimi e irreversibili danni alla salute, e non c’è – al momento almeno – salvezza. Gli epidemiologi dicono che si morirà per amianto almeno fino al 2040, il picco arriverà tra quattro o cinque anni, l’Eternit procura il 54 per cento di tutti i tumori professionali. 


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