di Stefano Corradino
Non ci appassionano le guerre di cifre tra organizzatori, questura, giornali pro e giornali contro, emittenti che trasmettono gli eventi sociali in diretta (ben poche) e altre tv che li ignorano (pressocchè tutte). Erano più di 100mila, forse il doppio. Ma fossero stati in mille o anche solo cento. C'erano giovani vivi ieri 27 febbraio. Indignati, incazzati e mai rinunciatari. Sono scesi in piazza in tanti attraverso il più classico dei mezzi per far circolare la comunicazione: il passaparola; parola che è passata attraverso la rete, e i social network, che fortunatamente resistono ai bavagli e ai provvedimenti censori che, in questi giorni, stanno colpendo i programmi di approfondimento in tv.
La parola è passata nel silenzio assordante di buona pa
rte dei tg, troppo impegnati a rassicurare gli italiani sul risultato di un processo. Peccato che qualcuno abbia dato il risultato sbagliato. Per carita, errare è umano. Era già capitato qualche settimana fa quando lo stesso tg aveva toppato con la combinazione del Supererenalotto dando, di primo acchitto, un numero errato. Subito corsero ai ripari trasmettendo la giusta sestina onde evitare le rappresaglie di qualche scommettitore che per un attimo ha avuto l'illusione di centrare il jackpot.
Ma oggi, chi risarcisce il cittadino, privato di un'informazione corretta? E' sufficiente correggere il tiro a posteriori quando ormai la notizia è passata? Lo schema sembra ricalcare perfettamente quello di un presidente del Consiglio. Uno a caso: si attacca, si insulta, o si deforma la verità, per poi smentire. Ma nessuna smentita avrà lo stesso effetto della notizia data a caldo. E' il primo messaggio quello che conta, rimane in testa, plasma il giudizio. E' il principio alla base del marketing pubblicitario, di cui si nutre la politica dalla nascita di Forza Italia. Ma chi fa giornalismo non può ne distrarsi nè manipolare. "Manipolare la verità è un crimine", ha scritto efficacemente Michele Serra all'indomani della sentenza, "tal quale per un fornaio sputare nel pane che vende".
Cosa fare allora? Come risarcire lettori e telespettatori del torto subito? Forse basterebbe cominciare, come ha scritto Giuseppe Giulietti ristabilendo un pò di verità storica, magari leggendo il testo integrale della sentenza della Cassazione. Per scoprire che assoluzione e prescrizione sono due cose diverse. E non possono essere considerati sinonimi neanche in un dizionario padano.
Firma l'appello di Art.21: "No al bavaglio"