di Domenico D'Amati
Le notizie degli interventi di Berlusconi su un componente dell’Agcom e sul direttore del TG1 confermano che nel nostro Paese è in corso un attentato alla democrazia. Esse si aggiungono al sistematico tentativo di intimidazione della magistratura, alle inaudite pressioni esercitate sul Capo dello Stato per ottenere la firma dello sciagurato decreto salvaliste, alla soppressione dei programmi RAI di approfondimento dell’informazione, all’imposizione di leggi strumentali ad interessi personali, all’uso da parte del premier e dei suoi mazzieri di un linguaggio e di modi estranei al civile confronto. Il bersaglio preferito è costituito dall’informazione, in quanto essa è la fondamentale garanzia di una effettiva libertà di voto. Pertanto la sua libertà deve essere adeguatamente difesa.
Di solito la magistratura si occupa dell’informazione in funzione repressiva, quando è chiamata a pronunciarsi su querele ed azioni risarcitorie proposte contro i giornalisti per articoli ritenuti diffamatori o su fughe di notizie e pretese lesioni della privacy. A Trani, per la prima volta, il magistrato penale indaga sull’ipotesi, ben più grave, di attentati alla libertà di informazione funzionali all’inquinamento del sistema democratico.
In questa vicenda il giornalismo non è imputato, ma parte civile. Ciò dimostra che l’azione penale può essere esercitata anche per la difesa del lavoro dei giornalisti, in particolare nell’azienda radiotelevisiva pubblica, dove pressioni ed intimidazioni non sono purtroppo infrequenti. E’ un segnale importante, che la categoria deve saper raccogliere, attraverso il suo sindacato e l’Ordine del giornalisti, che dovranno impegnarsi perché in questo caso, come in altri analoghi, si arrivi fino in fondo.