di Rossella Anitori*
Roma - L'età non conta. E le differenze geografiche articolano il discorso su scala locale. Dalla Sicilia alla Val d’Aosta, l’Italia ieri si è data appuntamento a Roma per dire No alla privatizzazione del servizio idrico. «La Terra non è un supermercato e l’acqua non è una merce». In 100mila hanno sfilato lungo le strade della Capitale per ribadire la volontà di riappropriarsi di un bene, indispensabile alla vita. Dalla legge Galli, in vigore dalla metà degli anni 90, al decreto Ronchi, approvato dall’ultimo governo che ieri manifestava dall’altro lato della città, le tappe del processo di privatizzazione delle reti sono chiare a chi, con entusiasmo e determinazione è sceso in piazza per far sentire la propria voce. Comitati territoriali, associazioni ambientaliste, organizzazioni di consumatori, Verdi, sindacati di base e liberi cittadini, d’accordo sullo stesso punto: «La privatizzazione dell’acqua va fermata».
L’acqua è la trama, il filo conduttore di un discorso più ampio che inizia con la parola “democrazia” e termina con “ecologia”. «Non sarà certo un privato a garantire quelle politiche di risparmio idrico che è urgente mettere in campo - dice Gianluca, 31 anni, originario di Livorno -. Lo spreco dell’acqua diverrà funzionale al profitto, del resto chi investe nel settore lo fa per guadagnarci». Alle considerazioni di Gianluca si unisca anche Cinzia, da Milano: «Il mondo va incontro a una penuria d’acqua - dice -. A causa dello sperpero continuo, delle modificazioni climatiche e della crescente pressione della popolazione, la risorsa sta gradualmente diminuendo. L’acqua va risparmiata gelosamente. Non possiamo lasciare che venga trasformata in un business».
«No al decreto Ronchi» grida a più riprese la folla. «Da quando è iniziata la privatizzazione del servizio idrico - dice Elisabetta, arrivata da Benevento - le tariffe sono lievitate e la qualità dell’acqua è peggiorata. Quale futuro lasceremo ai nostri figli?». Alle preoccupazioni di ordine etico si sommano quelle economiche ed ecologiche. Vandana Shiva nel suo ultimo libro Le guerre dell’acqua diceva che la crisi idrica è una crisi ecologica che ha ragioni commerciali, ma non soluzioni di mercato. E il popolo dell’acqua ne è consapevole e vuole partecipare alle scelte che riguardano il suo futuro. «Dove ci sono beni comuni - dice Martina, da Torino - c’è comunità, partecipazione e democrazia. Impedire la privatizzazione del servizio è fondamentale».
Così la intende il movimento blu, la battaglia per l’acqua è una battaglia per la democrazia. E a dargli manforte sono arrivati anche i popoli del sud del mondo che alle spalle hanno anni di lotte e resistenza. Sulla stessa onda, anche il presidente dei Verdi, Angelo Bonelli : «C’é chi vuole fermare l’idea di democrazia partecipata - ha detto - e questa per l’acqua è una manifestazione emblematica della volontà dei cittadini di poter decidere. A San Giovanni manifestano per la libertà, ma visto che sono loro al governo se c’é un problema di libertà se la devono prendere con sé stessi».
Per la restituzione delle reti idriche, il Forum dei movimenti dell’acqua, assieme a tante altre realtà locali ha portato in corteo una proposta: tre referendum abrogativi, che nel loro insieme, vanno a modificare quelle norme che hanno reso possibile la privatizzazione dell’acqua. Oltre il decreto Ronchi, dagli anni 90 ad oggi. Dallo spazio gli astronauti commossi guardavano la Terra, fatta per tre quarti d’acqua e la chiamavano il «pianeta blu». Chi è sceso in piazza ieri, con tutta probabilità non salirà mai su una navicella spaziale, non potrà mai assistere a quello spettacolo, ma è disposto a mettere in gioco le proprie energie per difendere tutto quel «blu».
* Terra