di Federico Orlando
Vogliamo prendere molto sul serio il commento di Massimo Cacciari all’ultima bravata clerico-leghista: il tentativo dei due “governatori” leghisti eletti in Veneto, e soprattutto in Piemonte con la benedizione antiBonino e antiBresso del cardinale Bagnasco, di sdebitarsi con l’appoggio clericale – che non è mai gratuito, si sa – mandando rinviando alle mammane e, se ricche, ai cucchiai d’oro le centinaia di migliaia di donne che non sono più costrette ad abortire in clandestinità. Contro la legalità dell’aborto s’è scatenata l’offensiva clerico-teodem, dall’America della “Lettera scarlatta” all’Italia delle liste “per la vita” di Giuliano Ferrara. Esperimenti falliti, perciò meglio trattare, secondo la tradizione della curia, con chi detiene il potere: oggi il patto d’acciaio (o quasi) Berlusconi-Bossi. E poiché Berlusconi ha altro da pensare che alle ubbie di vescovi e fondamentalisti, l’aborto lo si tratta col partito di Bossi: che è alla ricerca di una sua maturità politica, perciò sta completando il salto dal secessionismo razzista all’identificazione con le “radici cristiane e cattoliche”. Non quelle dei padri della Chiesa, ma quelle delle valli e delle città padane. Ora Cacciari propone che altri e più credibili interlocutori – si ferisce al Pd ? – provino a dialogare con una Chiesa presa alla gola, e bisognosa di una ciambella di salvataggio contro il secolarismo: come la Lega oggi, o come il nazifascismo ieri contro Stalin. Ma, col dovuto riguardo per Cacciari, la cosa non ci convince. In primo logo occorrerebbe che ci fosse in Italia un interlocutore laico e intransigente quanto a valori non negoziabili, come lo furono i liberali prima e dopo Porta Pia. La storia ci dice che con questo tipo di interlocutori la Chiesa non dialoga: preferì aspettare settant’anni il fascismo e il concordato piuttosto che accettare le “guarantigie” che o stato laico liberale le aveva offerto, garantendole – come dirà poi la costituzione repubblicana – la sovranità e l’indipendenza “nel proprio ordine” (in concreto, senza invasioni del campo dello stato). E’difficile che dove fallì lo stato liberale (e perfino De Gasepri) possa farcela il Pd.
In secondo luogo, manca nelle analisi aperte, intelligenti e ben disposte, come quelle di Cacciari, il necessario riferimento ai dati di fatto. Per esempio, al fatto che la Chiesa, la cui cattedra è morale prima che politica, offra il fianco all’offensiva secolarista con la devastante questione dei preti pedofili. Non solo sono stati nascosti i fatti per decenni, e con vari pontificati; non solo i severi progetti iniziali di Ratzinger non hanno avuto seguito; ma addirittura si sta cercando di far passare i colpevoli per perseguitati. E’ la classica cultura berlusconiana, e siamo stupiti che un’ istituzione bimillenaria si riduca ad ispirarsi ad Arcore. Da dove il ministro di giustizia spedisce a Milano i suoi ispettori, non perché indaghino sul ritardo con cui la procura ha denunciato la diffusione della piaga nel territorio di sua competenza, ma indaghino per accertarsi che il procuratore non abbia, con le sue esternazioni, offeso gli inquisiti e i loro superiori. Insomma, lo schema dei cento processi berlusconiani si ripete pari pari per protagonisti che dovrebbero aspirare a ben altri tipi di difesa; e che, invece, accettandola, si integrano sempre più come parte di un sistema che sta travolgendo la civiltà italiana.
Articolo 21, che ha tra i suoi associati laici e cattolici, credenti e non credenti, moderati riformisti o conservatori, tutti però uniti dalle comuni radici della cittadinanza nello stato democratico di diritto, invita i soi Amici nelle regioni a richiamare i media e i cittadini su queste questioni e su questi principi, consapevoli che solo da una nuova cultura diffusa potranno nascere quegli “interlocutori più credibili” che pensatori come Cacciari ed altri dicono necessari, ma di cui non si vede l’ombra.