di Nicola Tranfaglia
Quest’anno il 25 aprile, data fondamentale della nostra storia recente, si celebra in un momento di grande disagio della maggioranza berlusconiana, dopo lo scontro aspro tra il presidente del Consiglio Berlusconi e il presidente della Camera Fini che si è pentito alla fine di aver fondato il PDL con il capo carismatico di Forza Italia.
Ieri a sua volta la Lega Nord, vera padrona del governo Berlusconi, attraverso un’intervista di Bossi alla Padania, ha sollecitato nuove elezioni anticipate se non si realizzeranno subito le riforme chieste dai leghisti e ha ribadito la negazione dell’unità di Italia centocinquant’anni dopo chiedendo le graduatorie regionali per gli insegnanti nel Nord e facendo saltare il comitato per i 150 anni dell’Unità messo in piedi per il 2011.
Alleanza Nazionale si divide tra quelli che hanno seguito Fini e quelli, la maggioranza, che hanno scelto Berlusconi come guida e padrone.
Così possiamo trovare un deputato oltranzista come Cirielli, ora presidente della provincia campana, che a Salerno dice quello che Berlusconi ha già detto tante volte, vuole cancellare la resistenza e attribuire ai soli alleati angloamericani la liberazione dell’Italia.
Si allontana sempre di più per gli italiani la data del 25 aprile in cui, per convenzione, si è posto il giorno della Liberazione in Italia per indicare i giorni in cui i nazisti e i fascisti della repubblica sociale si arresero ai partigiani e alle truppe angloamericane che avevano percorso l’Italia e l’avevano, a poco a poco, liberata dall’occupazione della Wermacht e dell’esercito della RSI.
Ormai sono trascorsi 65 anni da quel giorno e gran parte dei testimoni sono morti. Nell’Associazione Nazionale dei Partigiani ci sono ormai molti figli e nipoti che hanno raccolto l’eredità dei loro padri protagonisti della dura guerra dei venti mesi sul territorio nazionale.
Ma perché è necessario ricordare quei giorni e in che senso quella memoria serve ancora oggi nella battaglia aperta che si gioca nell’ultima fase della lunga transizione italiana?
Il centrodestra non accetta più interamente la cancellazione della resistenza che aveva avuto in Silvio Berlusconi il suo mentore e mostra la nascita di una destra nuova e moderna che fa riferimento all’ex segretario del Movimento Sociale Italiano.
Le cose insomma stanno cambiando. Ma che cosa dice l’opposizione di fronte a questo che sta succedendo.
O meglio che cosa dovrebbe dire?
Non c’è alcun dubbio. La resistenza è stata e continua ad essere la base fondamentale della costituzione democratica del 1947. Sono stati il movimento antifascista e poi i partigiani ad elaborare i valori fondamentali della Costituzione che hanno tentato di riportare l’Italia dopo più di vent’anni di dittatura a una democrazia degna di questo nome.
Non si può cancellare la resistenza se si vuole difendere la democrazia che ci ha retto per settant’anni e che ora la destra berlusconiana vuole distruggere. I valori dell’una sono necessari per fondare l’altra e non si può ragionare di riforme delle istituzioni se non si tiene presente quello che ha caratterizzato dagli inizi l’Italia repubblicana.
Le dispute nel centro-destra significano soltanto questo.
Berlusconi aspira a un presidenzialismo senza controlli e senza il cambiamento della legge elettorale. Fini ha capito finalmente che legge elettorale e controlli costituzionali sono fondamentali per arrivare a una repubblica presidenziale.
IL centro-sinistra ha tutte le ragioni a difendere la repubblica parlamentare e non può accettare il presidenzialismo nella versione berlusconiana.
Sul presidenzialismo si può anche discutere ma non mi pare che dal centro-destra venga una proposta che si può prendere in considerazione.
Berlusconi continua a sostenere il suo regime populistico e sembra avere una forte maggioranza all’interno della sua coalizione.
In queste condizioni l’opposizione parlamentare si trova nell’impossibilità di collaborare a riforme che snaturerebbero la costituzione e la divisione dei poteri.
E bisogna ricordare una volta di più che per la liberazione e la repubblica sono morti decine di migliaia di giovani che si sono ribellati al fascismo e al nazionalsocialismo nei venti mesi della guerra sul suolo italiano.
Questo è oggi il significato del 25 aprile e dobbiamo sperare come cittadini che il centro-sinistra mantenga la sua fede negli ideali di quegli anni e si opponga con tutte le forze al tentativo berlusconiano di ridurre il nostro paese a una repubblica autoritaria e populista.
Soltanto così potremo salvare la memoria e il sacrificio di quelli che sacrificarono la vita e la giovinezza agli ideali di democrazia e di libertà maturati anche nel nostro paese attraverso l’oppressione e una guerra terribile che vide la morte di oltre cinquanta milioni di militari e di civili in tutto il mondo.
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